Gli straordinari metodi usati dagli uccelli migratori per ritrovare sempre la strada
Vi capita mai di sentirvi seguiti? Negli ultimi tempi io ho avuto un inseguitore particolare. Dapprima l’ho notato semplicemente con la coda dell’occhio; poi, dopo aver visto più volte le stesse macchie bianche, le ho riconosciute: erano i piumaggi degli aironi bianchi.
Erano sicuramente di passaggio, per spostarsi in zone più miti. Le popolazioni europee di Ardea alba infatti sono parzialmente migratrici e svernano nei paesi del Medio Oriente o che si affacciano sul Mediterraneo. Solo pochi esemplari nidificano in Italia: la maggior parte migra e sverna da ottobre fino a marzo a latitudini più meridionali, per poi spostarsi di nuovo verso aprile nell’Europa centrale e orientale.
A Milano, poi, la Stazione Centrale è un luogo di ritrovo per i viaggiatori di ogni tipo. Se vi capita di passarci tra ottobre e novembre vi ritroverete sotto un cielo nero gremito di stormi danzanti – o sotto una pioggia di escrementi, va a fortuna.
La Stazione Centrale costituisce il punto di ritrovo annuale degli storni per vari motivi: in primo luogo si trova sulla loro rotta migratoria che va dal Nord Europa fino all’Africa settentrionale; in secondo luogo la città ha condizioni climatiche migliori dell’aperta campagna; inoltre la piazza e la stazione bianca sono nettamente riconoscibili dall’alto; infine, la struttura offre tante zone dove ristorarsi.
La maggior parte degli uccelli migrano, anche se non tutti. Quasi tutte le specie nordamericane ed eurasiatiche intraprendono viaggi annuali anche lunghissimi. Le loro rotte vanno da nord a sud in base alla stagione. In Europa, invece, le specie nidificano nel Mediterraneo e poi svernano in Africa. Gli spostamenti più lunghi sono compiuti lungo la costa pacifica tra il Nord e il Sud America: il Dolichonyx oryzivorus compie ogni anno un tragitto di 22.500 km e la Limosa lapponica vola senza fermarsi per 11.000 km dall’Alaska alla Nuova Zelanda.
Le migrazioni sono importanti per la nidificazione, ma soprattutto evitano la competizione per le risorse vitali all’interno di uno stesso ambiente ristretto. Le migrazioni hanno sempre avuto un profondo legame col ciclo riproduttivo dipendente dalle stagioni, ma recentemente è stato dimostrato che l’allungarsi delle giornate, sul finire dell’inverno e all’affacciarsi della primavera, stimola lo sviluppo delle gonadi e l’accumulo di grasso. L’associazione di questi due cambiamenti spinge le specie migranti a spostarsi verso nord.
Con l’aumento delle ore di luce viene stimolata l’attività del lobo anteriore della ghiandola pituitaria; questo provoca il rilascio dell’ormone gonadotropo pituitario, che innesca una serie di reazioni a catena, cambiamenti fisiologici e comportamentali che portano allo sviluppo delle gonadi. Lo sviluppo delle gonadi significa a sua volta, insieme all’accumulo di grasso, la migrazione e la riproduzione.
L’ormone chiave per la riproduzione è il GnRH (ormone di rilascio delle gonadotropine): si tratta di una gonadoliberina, cioè un peptide che induce il rilascio di gonadotropine. Mentre inizialmente sembrava che solo una tipologia di GnRH potesse attivare lo sviluppo delle gonadi negli uccelli, recentemente è stato scoperto che ne esistono diversi tipi: uno studio dei ricercatori dell’Università di Washington e del New Hampshire ha evidenziato che il GnRH-III può innescare il rilascio di ormone luteinizzante dalla ghiandola pituitaria, se stimolato dai canti di riproduzione.
Quindi un tipo di GnRH normalmente stimola la crescita della gonade in presenza di impulsi esterni stagionali, mentre il GnRH-III attiva l’ormone luteinizzante e quindi lo sviluppo della gonade negli uccelli canori.
L’aspetto che rimane però sicuramente più discusso e interessante è la capacità degli uccelli di ritrovare, ogni stagione, la propria precisa rotta migratoria; come gli storni che, precisi come orologi, fanno sempre tappa in Stazione Centrale nello stesso momento dell’anno.
Molti esperimenti indicano che gli uccelli si orientano principalmente a vista: sono abili nel riconoscere riferimenti topografici, memorizzare dati territoriali e seguire rotte migratorie familiari. Questo metodo è favorito dagli spostamenti in stormi, nel senso che viene sfruttata la memoria collettiva, ossia la capacità di navigazione e l’esperienza degli esemplari più vecchi. Recentemente poi sono state confermate le teorie secondo cui gli uccelli sono in grado di percepire e orientarsi secondo il campo magnetico terrestre. Ad esempio è stato dimostrato che i piccioni viaggiatori riescono a rilevare le anomalie magnetiche, avendo dei depositi di magnetite (Fe3O4) nella muscolatura del becco, collegati a meccanorecettori, che fungono da bussola e regolano le migrazioni.
In altri casi la bussola aviaria dipende dai criptocromi, proteine fotosensibili della retina che percepiscono il campo magnetico. I processi chimici che avvengono nei criptocromi rispondono al debole campo magnetico terrestre, poiché lo spin delle particelle coinvolte nelle reazioni si magnetizza come il campo esterno. Lo spin è una grandezza quantistica; durante le reazioni chimiche gli spin dei reagenti è uguale a quello dei prodotti, cioè deve essere conservato dall’inizio alla fine. Dunque, dato che lo spin si associa a un campo magnetico esterno, agisce come un minuscolo ago di una bussola, che risente del magnetismo terrestre.
Un altro meccanismo di navigazione è l’orientamento sole-azimut per le migrazioni diurne e quello luna-stelle per le notturne. Per usare il sole come riferimento, gli uccelli devono essere in grado di riconoscere l’ora; e in effetti dopo esperimenti condotti usando luci artificiali o planetari, gli scienziati hanno dimostrato che molte specie sono in grado di usare un orologio interno per orientarsi, o di navigare secondo l’asse della Stella Polare basandosi sull’osservazione della volta celeste.
Senza dubbio si può concludere che la maggior parte degli uccelli utilizza un complesso di stimoli ambientali e innati per condurre a termine con successo le migrazioni.
Alle volte però i movimenti migratori non risultano costanti come dovrebbero, dal momento che elementi di disturbo antropico possono modificare più o meno profondamente i percorsi: ad esempio le città sempre illuminate rendono difficoltosa la percezione del cielo notturno, e le bonifiche dell’uomo eliminano zone palustri funzionali allo stazionamento od orientamento di molti uccelli.
In alcuni casi adesso sta a noi non far perdere la bussola alle specie viaggiatrici, di modo che possano ritrovare la strada di casa e continuare le loro straordinarie danze nel cielo.
Bibliografia
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