di Franziska Foss
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Per il primo degli esperimenti di editoria indipendente, La Tigre di Carta presenta Amori fatali, dell’autrice italo-tedesca che va sotto lo pseudonimo di Franziska Foss.
INTRODUZIONE
“Die Rose ist ohne warum, sie blühtet weil sie blühtet”
[Angelus Silesius, Cherubinischer Wandersmann, 1675]
Viene offerto un fianco nel leggere il libro di Franziska Foss, lo stesso per le sue poesie. Ma io sono nato con l’abitudine di chiamarla Barbara, soprattutto nei pomeriggi assolati trascorsi in una cascina del Piemonte, mentre lei tesseva l’amicizia con mia madre cucendo bambole di stoffa e girando coi piedi i pedali fra le campagne del Monferrato.
Ho aperto il suo libro così come si gira una clessidra: da una parte la Barbara Schulz che conoscevo, cioè: gentilezza, sobrietà e un acume di cui è difficile saziarsi, per via della temperata discrezione di una inguaribile educazione tedesca; dall’altra la nuova Franziska: disperazione, sfacciataggine e un masochismo di cui ci si impingua dopo poche pagine, per via una distorta educazione familiare.sua infanzia proprio depressurizzandola con la scrittura, nata come strumento terapeutico e divenuta – come sempre, come giusto – voglia di pubblicazione.
Accontentiamo volentieri tale desiderio, dopo che per realizzarlo la prima, attraverso una casa editrice, si è dovuto – come spesso accade – mettere mano al portafogli. La rubrica de La Tigre di Carta dedicata ai libri apre perciò i battenti, per permettere a scrittori di ogni risma e fortuna di proporsi per venire letti, senza ulteriori ostacoli.
Per finire la descrizione su Barbara mi verrebbe semplice fare leva sui luoghi comuni dell’infanzia rubata e degli abusi (che per fortuna tanto comuni non sono, ma neanche troppo isolati purtroppo). Non lo farò. Il libro basta e avanza ed esso, per quanto amaro, si lascia bere di un fiato. Le poesie sono i sorsi successivi, di una bevanda più dolce e lenitiva, di cui sul fondo si scorge comunque qualcosa di torbido.
Scopo dell’introduzione, quindi, ricordare che esiste anche una Franziska diversa, che è Barbara, quella vera, che calca oggi questa terra ed è mia tenera amica, oltre che severa insegnante di tedesco. A proposito: rischio di tornare nel luogo comune parlando della bellezza mista alla difficoltà di chi tenta la traduzione delle poesie. Lascio all’intelligenza del lettore, o all’esperienza di chi ha già provato, capire che è esattamente così. Un fascino da bilancia: fedeltà contro capacità di resa.
Ho deciso allora di parlare di Barbara più che di Franziska perché, come disse mio padre spiegando come mai non ha voluto leggere il suo libro, noi preferiamo conoscerla per ciò che ci ha mostrato di sé da quando la si è conosciuta. Voi, che non avete ancora questa fortuna, leggete pure il suo libro, ma a patto di immaginarlo come il cruccio di una storia impersonale.
Quando, al culmine di esso, penserete che aveva ragione Schopenhauer – tanto per rimanere sul suolo tedesco – nel dire che non c’è rosa senza spina ma ci sono spine senza rose, rispondetevi che non è vero! Ci sono tanti di quei fiori senza spine di altrettanto fascino, se non maggiore. Il giorno della presentazione del libro – 23 aprile, “Giornata Mondiale del Libro e del Diritto d’Autore” – ammiriamo però la rosa ancora una volta, quella che, in occasione della leggenda di San Giorgio, viene donata alle donne e che, nelle parole di Angelus Silesius, è senza un perché.
Ma attenzione: l’assenza di ragioni, motivi e spiegazioni non causa soltanto la bellezza ma, talvolta, anche autentici crimini.
Leggere il libro per credere…
Federico Filippo Fagotto
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