Questi brevi componimenti poetici hanno per oggetto enti geometrici e narrano di assetti e volumetrie immaginarie, il loro declinare nell’ombra o lo svanire nella luce. In essi ci si duole per l’irrisolto rapporto tra finito e infinito, tra verità, incertezza e dubbio; luce e ombra; permanenza e inarginabile scorrere del tempo. Ci sono triangoli che feriscono con i loro angoli affilati, rette parallele di cui l’una si smarrisce lasciando l’altra vagare solitaria nell’infinito; figure piane vittime d’ingannevoli aporie, altre che acquisiscono volumetrie incongrue e perturbanti; mappe incerte che disorientano, testimoniando lo smarrimento dei cartografi.
Sono figurazioni di geometrie ansiose e accadimenti immaginari, forse sognati nelle notti argentine da Jorge Luis Borges; frammenti di geometrie lontane, in formulazioni paradossali; dimostrazioni apocrife, ancora ignote o ignorate; offuscate dalla luce, appena affioranti dall’ombra, oppure in attesa di sprofondare in essa.
Sono segnali d’una razionalità tenace ma dolente, poiché la realtà le sfugge. Perché non riesce a costituirsi dei punti fermi, tradita «da quegli astri che si credevan fissi» cui ancorarsi. Certo, si afferma la «nitida geometria in spazi smisurati» di leopardiana memoria. Contemporaneamente, tuttavia, in un fascio di rette parallele “ancoraggio” fa rima con “miraggio”, mentre, alla resa dei conti, si «ignora cosa celi l’ombra dell’altrove».
Anche il tempo, da cui allontaniamo il pensiero, perché «strazia e corrompe, e unghie e denti non più soccorrono», agisce sulla geometria. Entra in gioco come dimensione ineludibile, all’interno del continuum spazio/tempo. Ma, significa anche mutazione e divenire, e il vivente subisce, non sempre consapevole, questi moti e stati di cui è sostanziato e cui non può sottrarsi. In ogni caso, «Ciascuno sa nell’animo irrequieto / che il giardino più bello è l’incompiuto».
Queste poesie sono tratte dalla raccolta Ansiose geometrie, di Claudio Zanini.
1
Declina il lato lungo del rettangolo nell’ombra.
Quello breve, nella luce sgombra, s’assottiglia
e svanisce, soltanto inscritto nel pensiero
d’un illusorio compimento immaginato.
5
S’apre all’ampiezza minima d’un varco
nella silente penombra mattutina
l’arco d’una circonferenza illuminata
quando la sfiora in quell’istante
la rapida tangente in fuga all’infinito
ben oltre il levigato piano cartesiano.
6
Ordina geometrie mirabili il pensiero,
le racchiude entro teoremi aurei
di sezioni e arcuate quadrature:
le pensa in sé concluse; ignora tuttavia,
che l’illimitato spazio circostante
nell’enigma del suo moto le travolge.
10
Non si può escludere del tutto
che il matematico più ossequioso
all’integro statuto della geometria
non abbia mai temuto l’improvviso
flettersi caparbio di rette indocili
all’incurvarsi minimo del piano
lungo iperboli vaghe e inesplorate;
anzi, abbia forse atteso quell’istante
in cui l’oltre vagamente immaginato
subitaneo appare in un battito di ciglia.
17
Un sistema metrico è necessario all’universo
a dischiudere sentieri in misure percorribili
tracciando spazi certi al limite del vuoto.
Si percorrono sentieri, bave argentee nella notte
in tortuosi andirivieni stremati ai confini
di spazi insostenibili, in notti di tremende eclissi
traditi da quegli astri che si credevan fissi.
Viaggiatori incerti nel cavo esile della memoria,
dolce è tuttavia sostare laddove il confine è vago
sommersi dall’onda temporale che trascorre.
22
Risuona la luce in vampe meridiane
di clamori estranei e fuorvianti, breve
l’ora attraversa l’ombra del giardino
confondendo la chiara idea di geometria
appresa dai maestri da bambino
di un pianoro semplice e congruente
nella memoria ancora persistente.
La meridiana nel meriggio dell’infanzia
già declina immobile in uno spazio vasto
poi s’incurva nell’ombra progressiva
vacilla senza appigli e fine, scarna intanto
s’assottiglia la luce del tramonto, avanza
e si dilegua oltre quella soglia ignota
che all’orizzonte s’apre a dismisura.
23
Alcuni tra i triangoli esibiscono
un’indole fosca e assai vendicativa.
Rancorosi, dunque si ribellano
al cartografo cui tremano le dita
e l’ansia della stagione che trascorre
incrina la luce sul foglio che declina.
I lati allora recidono, aspri feriscono
gli angoli acuti, incidono scalfitture
nel supporto cartaceo e indifeso.
Per questo accade che ogni cartografo
mostri spesso nello sguardo triste
l’ombra d’un trattenuto lacrimare.
29
Se, di due rette parallele, l’una si smarrisce
nell’alveo d’ombra di un’eclissi, perde slancio
nell’affanno del rincorrere e poi dilegua; l’altra,
docile all’assioma, sarà dunque parallela
a quel fantasma lineare appena svaporato?
E ora dove andrà, verso quale anomalo infinito,
rettilinea e solitaria traiettoria nello spazio?