Il dotto cenacolo della Schola Palatina durante il cosiddetto Rinascimento Carolingio, un’epoca di cui rimangono più leggende che fatti storici, grazie alle quali sopravvive ancora l’atmosfera affascinante della cultura medievale.
In ogni parte del mondo, i periodi che precedettero le rispettive e differenti rivoluzioni industriali furono popolati da figure di grandi intellettuali che, in alcune occasioni, ebbero modo di collaborare tra loro per dare un impulso formidabile allʼevoluzione culturale di interi continenti. In Europa questo impulso fu dato da diversi gruppi di tali uomini, ma pochi tra essi hanno avuto unʼimportanza tale per cui non è possibile comprendere in nessun modo lʼOccidente senza conoscerli. Emblematica in tal senso fu la Schola Palatina di Aquisgrana. Un pool di cervelli, una Compagnia tra uomini straordinariamente dotti non solo in rapporto al loro tempo, ma a qualsiasi tempo immaginabile. Persone capaci di improntare il futuro della nostra civiltà verso la forma che ha tuttora.
Fu un triumvirato di geni a darle vita: il poeta e storico Paolo Diacono (Cividale del Friuli, 720 – Montecassino, 799), il filosofo e teologo Alcuino di York (Northumbria, 735 – Tours, 804), che la diresse per primo, e lo storico Eginardo (Fulda, 775 – Seligenstad, 840), che gli succedette alla guida dellʼorganizzazione e che scrisse la biografia di Carlo Magno. Fu questʼultimo a volere e finanziare il progetto, facendo muovere allʼAlto Medioevo il suo primissimo passo verso quello che sarebbe poi stato il lungo e travagliato percorso della scolarizzazione europea. I fondatori attirarono presto nelle sale del palazzo imperiale altri rinomati letterati dellʼepoca, molti dei quali furono con loro i membri ufficiali di questa Accademia, finalizzata alla rigenerazione dellʼidentità di popoli che si accingevano a formare la nuova Europa cristiana e imperiale. Queste sono alcune di quelle classiche figure che lo studio “comune” della storia tende tanto necessariamente quanto ingiustamente ad adombrare. Colgo lʼoccasione per gettare un filo di luce curiosa su un terzetto di esse.
Adalardo[1] (752 – Corbie, 827), cugino dellʼImperatore, missus dominicus e conte palatino. Fu istruito da Alcuino a Montecassino e fece da precettore a Pipino dʼItalia e al di lui figlio Bernardo. In Italia fu pertanto un maior domus tra i più influenti della corte, sebbene oggi lo si ricordi soprattutto per il suo grande amore verso il giardinaggio e per la sua dubbia parentela con Ida di Herzfeld, una delle sante più venerate della Germania cattolica. Nellʼ814, quando morì Carlo Magno e Bernardo fallì nel tentativo di sottrarre il trono imperiale a Ludovico I il Buono, Adalardo fu considerato suo complice ed esiliato sullʼisola tidale di Héri (Noirmoutier), nel Golfo di Biscaglia. Qui ritrovò il suo innato gusto per la vita contemplativa e quando, cinque anni dopo, fu richiamato a corte, se ne allontanò presto per tornarsene a Corbie, in Piccardia, dove aveva fatto il giardiniere in gioventù per il monastero locale. Lì ricominciò a fare quel mestiere che tanto amava, ma divenne, forse suo malgrado, la persona più autorevole del monastero. Nellʼ822, quindi, decise di fondare in Vestfalia, insieme al fratello Wala, lʼAbbazia benedettina di Corvey, sul fiume Weser, che dal 2014 è un bene tutelato dallʼUNESCO.
Teodulfo dʼOrléans (Saragozza, 760 – Angers, 821), soprannominato “Pindaro”, fu un missus dominicus, poeta e teologo visigoto. Forse fuggito dalle lotte intestine tra i potenti dellʼEmirato di Cordova che, nel 782, avevano indotto molti cristiani a lasciare il Paese, Teodulfo dovette ricevere sin dalla prima infanzia unʼeducazione di alto profilo, perché, intorno al 790, entrò nel cenacolo dellʼAccademia e fu stimato ben presto come il soggetto più erudito dopo Alcuino. Divenne abate di Fleury e poi vescovo di Orléans. Nel 794, presentò al Concilio di Francoforte il trattato teologico più ambizioso dellʼepoca, i Libri Carolini, finalizzati a smantellare le basi teoriche dellʼiconoclastia. Lavorò, in trattati successivi, alla spiegazione del rito battesimale, nonché della processione dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio. Difese dottrinalmente anche il papa Leone III dai suoi osteggiatori gentilizi e per questo il pontefice lo elesse arcivescovo. Si impegnò nellʼistruzione del clero e nella revisione filologica della Bibbia. Nellʼ809 si trasferì nella nuova sede arcivescovile di Germigny-des-Prés, un comune del Centro – Valle della Loira, vicino a Orléans. Anche Teodulfo fu accusato da Ludovico il Pio di parteggiare per il nipote Bernardo dʼItalia. Fu pertanto sollevato da tutti i suoi incarichi ed esiliato ad Angers per il resto dei suoi giorni.
Paolino II[2] (Premariacco, 750 – Cividale del Friuli, 802), fu vescovo e patriarca di Aquileia e, anchʼegli, si rivelò un talentuoso poeta, teologo e missus dominicus. Sʼimpegnò nello scontro dottrinale che seguì la nascita dellʼadozionismo, secondo il quale Gesù di Nazareth non sarebbe unʼemanazione divina, bensì un essere sommo che Elohim avrebbe appunto “adottato” e mandato in missione sulla Terra. Partecipò ai concili di Cividale e Ratisbona, organizzò lʼevangelizzazione degli Avari e degli Sloveni. Le sue opere comprendono un commentario alle Lettere agli Ebrei, dei trattati teorici contro gli eresiarchi Felice ed Elipando e un resoconto storico della conferenza tra il re Pipino e i vescovi presso il Danubio. Particolarmente interessanti sono però le sue poesie che, religiose e secolari, sono corredate da notazioni in musica. In particolare scrisse unʼelegia per la morte dellʼamico Heirichusm, il duca del Friuli caduto durante lʼassedio di Trsat (Rijeka o Fiume) operato contro il principe croato antifranco Višeslav, e degli inni sacri per le feste tradizionali del cristianesimo.
Altri membri del cenacolo che voglio almeno citare furono Dungal di Bobbio, poeta e astronomo; lʼarcivescovo Rabanus Maurus Magnentius, autore di inni religiosi e opere enciclopediche; il filosofo Candidus Wizo, il letterato Moduin e poi ancora Fridugisus di Tours, Clemente dʼIrlanda, Pietro da Pisa, Arno di Salisburgo, Ansegiso di Fontenelle, Amalario di Metz, Adalberto di Ferrières, Angilberto di Saint-Riquier, Hildebold, Richbod, Riculf, Einhard (altro biografo di Carlo), Cadac, il sopraccitato abate Wala e quella figlia di Carlo Magno che tutti chiamavano “la colomba”, ossia la principessa Rotrude[3]. Già da questo corposo elenco di nomi così vari possiamo notare il carattere internazionale ed ecumenico assunto dalle istituzioni culturali palatine. Come tutti i grandi istituti creati per preservare ed espandere il sapere, la Schola Palatina fu tanto utile alla riscoperta del passato, soprattutto con la copiatura e la conservazione di testi che altrimenti sarebbero andati perduti, quanto allʼelaborazione originale di importanti innovazioni. Il Rinascimento Carolingio si sviluppò nellʼarco di secoli con la fondazione di biblioteche e percorsi di studio superiori che Alcuino organizzò nelle modalità già testate con successo in Inghilterra presso le scuole di York e Canterbury: classi differenziate per argomento e guidate separatamente da singoli professori che si spartivano corpi studenteschi divisi, in base al livello di avanzamento, tra il trivium e il quadrivium delle arti liberali.
Sfortunatamente, i dati su molti di questi grandi personaggi spesso sono lacunosi, oltreché interpolati da elementi sospetti e di probabile origine leggendaria. Ma forse il grande Leopardi converrebbe con me nel sostenere che è proprio questa vaghezza del loro profilo storico a rendere queste figure più affascinanti e poetiche di tante altre.
Note
[1] Per conoscere a fondo la storia di questo e altri personaggi chiave del mondo carolingio, consiglio la lettura di Bernard S. Bachrach, Early Carolingian Warfare: Prelude to Empire, University of Pennsylvania Press, 2011. Per chi padroneggiasse la lingua tedesca, sono inoltre consigliabili monografie specifiche, come Brigitte Kasten, Adalhard von Corbie: Die Biographie eines karolingischen Politikers und Klostervorstehers (Studia humanoria), Droste Verlag, Düsseldorf 1985.
[2] Cfr. “Paolino II”, in Dizionario biografico degli italiani, Treccani.
[3] La maggior parte delle opere che trattano la vita di questi personaggi sono in tedesco o in francese. Cito qui lʼopera di Franz Brunhölzl, Histoire de la littérature latine du moyen âge. Tome I: De Cassiodore à la fin de la Renaissance carolingienne. Vol. 2: L’époque carolingienne, tr. fr. di Henri Rochais, Brepols, Parigi 1991. Davvero notevole è in generale il materiale di ricerca che può essere trovato presso le università di Leuven e di Louvain-la-Neuve.