L’uomo s’inchinò verso l’altare di Nanna e come da protocollo ruotò il cilindro per tre volte, ripetendo le parole di rito. Terminato depositò il siclo d’argento di prammatica. Più tardi il sacerdote sarebbe passato per ritirare l’offerta e portarla al tempio. Espletate le formalità sedette al tavolo per dare un’occhiata alla prima tavoletta d’argilla. Poco dopo la sua fronte s’aggrottò. Chiamò l’aiuto-scriba che giunse con la sua solita flemma. Vero che non li pagava questi praticanti, ma ciò non giustificava una tale indolenza! Doveva ricordarsi di mettere un test di corsa ad ostacoli la prossima volta che li selezionava.
«Salute a te Ro-Cheru», disse lo scriba. «Che gli Anunna ti benedicano e arridano come hanno arriso a tuo padre Ki-Nderu, che fu generato da Ov-Ettu, figlio di Fe-Rreru e di Nu-Tellu e fratello di Ne-Stlù, figlio di…»
Il funzionario si ricordò del perché aveva scelto quel ragazzo tra tanti come aiutante-scriba. Gli era piaciuto per la sua ossequiosità. Peccato che tutte quelle cerimonie servissero solo a fargli perdere tempo. Alzò la mano bruscamente per far capire che bastava così. Poi batté l’indice sulle tavolette d’argilla. Lo scriba capì al volo. Con insolita rapidità disse:
«La domanda è stata presentata seguendo il sacro codice alla lettera, ogni ritual passo è stato compiuto alla perfezione, ciò che era dovuto al Principe-Sacerdote è stato versato, ciò che era dovuto al tempio di Nanna anche…»
«La mina è stata corrisposta secondo la sessantesima proporzione come d’obbligo per i non autoctoni?»
Lo scriba annuì. «Non c’era modo di respingerla», aggiunse. Il funzionario alzò gli occhi al cielo. Forse invocava gli Anunna tutti o forse solo la Dea del cielo e dell’amore, la grande Astarte.
«L’ennesimo allevatore venuto a cercar fortuna in città», disse laconico.
I soliti arricchiti. Mettevano via un po’ d’orzo in avanzo da depositare come tassa nei silos di Ur e come prima cosa correvano in quell’ufficio a presentare domanda di registrazione della loro sconosciuta divinità locale. Non gli bastava di portare il pane a casa, no. Volevano tutti diventare sacerdoti e magari fondatori di città e di popoli. Nelle taverne si scambiavano consigli e si raccontavano storielle di come questo o quello fosse riuscito a sfondare fondando un culto. In questioni di soprannaturale poi ne sapevano tutti più delle divinità stesse.
Sospirò. Per fortuna quella sera avrebbe trovato un po’ di requie facendo un salto al tempio di Astarte per congiungersi con una sacra sacerdotessa dell’amore. Sua moglie, certamente, se ne sarebbe lamentata. Lui non ne capiva proprio il perché. Non era stato egli stesso a trascinarla al tempio d’Astarte per farla prostituire con uno sconosciuto prima di sposarla? Non si poteva certo accusarlo di non essere stato un uomo premuroso. L’obiezione di sua moglie poi non aveva senso. «Per cento volte che ci vai tu al tempio a me quell’unica volta è toccato un vecchio sdentato», aveva detto. Avrebbe pure voluto scegliere con chi congiungersi. Che assurde le donne.
Il funzionario fece cenno di far entrare. Lo scriba iniziò a chiamare ad alta voce il depositante la richiesta. La prassi, sviluppata per evitare omonimie, snervò ancora di più il funzionario:
«Semu generò Arpacsadu, che generò Selachu, che generò Eberu, che generò Pelegu, che generò Reuru, che generò Serugu, che generò…»
Ro-Cheru alzò lo sguardo e pregò gli Anunna perché inventassero presto i cognomi. Meglio ancora: codice fiscale e carta d’identità obbligatori per tutti! Di quel passo infatti nemmeno quella sera avrebbe avuto tempo fare un salto al tempio. Al massimo si poteva permettere una profana sveltina con sua moglie.
Il giovane aspirante scriba intanto proseguì: «…che generò Terachu, che generò il qui presente Avramu. Dunque Avramu venga avanti.» L’uomo fece un passo avanti e disse:
«Veramente mi chiamerei Abraham, al limite, in lingua urita Abramu.»
Il ragazzo arrossì e si affrettò a dire: «Chiedo scusa. Il protocollo prevede in questi casi che si inizi tutto da capo.» E ricominciò a salmodiare: «Semu generò Arpacsadu, che generò Selachu…»
A quel punto il funzionario maledì gli Anunna per non aver ancora creato le sigarette e gli accendini. Ora ne avrebbe avuto un dannato bisogno. Soprattutto dei secondi per dar fuoco a quell’idiota di aiuto-scriba che s’era scelto.
«Dunque Abramu venga avanti», disse infine correttamente l’aiutante.
Abramu sedette di fronte al funzionario che ne notò stupito la giovinezza. Stimò tra le diciotto e venti primavere. Probabilmente fresco d’eredità pensò tra sé e sé il funzionario che studiò le tavolette a lungo prima di iniziare parlare:
«Sarò sincero. In tanti anni di carriera questa è la richiesta di registrazione più strana che mi sia pervenuta.» Fece una piccola pausa. «Non ci sono motivi specifici per non accogliere la sua richiesta, in quanto è formulata correttamente, però…»
«Però?» chiese Abramu.
«Però non capisco. Che tipo di divinità sarebbe la vostra? Non è chiaro l’ambito d’attività specifico. In cosa potrebbe aiutare? Amore, commercio, fortuna in battaglia? Rotazione degli astri? Non c’è neanche un’immagine. Nessun bozzetto di statua, né antropomorfa né animale. Non ha nemmeno un nome chiaro ma un tetragramma.»
«Capisco», disse Abramu, «vede è tutta una questione di brand.»
Il funzionario e lo scriba lo guardarono come se avessero davanti il vecchio della barzelletta che aveva costruito una barca nel deserto.
«Anzi sarebbe più esatto dire no-logo 2 new brand. Per questo alla divinità non servono idoli. Capite?»
La barca stava diventando un transatlantico ma Abramu continuò:
«Vedete, fin dal mio arrivo ad Ur ho notato quanto sia complicato vivere nelle città. Tutti noi, onest’uomini d’Ur, siamo qui per motivi assai differenti. Ciascuno ha il suo core business. Avete mai fatto caso però quanto sia scomodo, a seconda della propria mission, il dover rivolgersi ad una divinità sempre differente? Ogni divinità ha il proprio target di riferimento: pastori, commercianti, agricoltori, scriba ecc. Ti devi sposare? Allora vai al tempio di Astarte. Devi concludere un contratto? Vai al tempio della dea Nisaba. Ma se devi scambiare pecore per sacchi d’orzo, a chi ti rivolgerai? Al dio della pastorizia Taumuz o a sua moglie Astarte che è anche dea delle messi? E se sbagli? Se una divinità si sente minacciata nella sua loyalty? Può offendersi e vanificare tutto. No benefit! Ogni volta poi formule sempre diverse da imparare e da recitare. Senza poi considerare i sacerdoti, ciascuno con la propria diversa e costosa gestione degli account».
Fece una pausa, ma riprese a parlare sempre più infervorato, quasi fosse posseduto da un demone:
«Tutto ciò non è user friendly. Allora ho avuto un’idea! Abbiamo bisogno di qualcosa di più smart, qualcosa che semplifichi le procedure! Un unico dio per un’unica audience. Non importa che tipo di follower tu sia, quale story telling tu preferisca, perché per ogni attività, per ogni fase della vita, per ogni rituale dal battesimo al funerale, ti basterà rivolgerti a quell’unica divinità che presiederà alla gestione d’ogni cosa. Ma questo naturalmente non basta. Non è abbastanza. È necessario personalizzare in direzione degli stakeholder il rapporto con il divino. Bisogna creare una direct line con il soprannaturale. Perciò è necessario che questo dio sia invisibile e non abbia idoli. In modo che tutti possano identificarsi e vedere in lui ciò che preferiscono. Senza contare che così la divinità si fa portable e può essere venerata anche al di fuori dei templi, basta allestire un piccolo altare. Pensate a tutti i pastori che trascorrono lunghi periodi fuori città nel deserto.»
Interpretò gli sguardi basiti come un invito a continuare:
«Per somma fortuna alla mia gente s’è rivelata questa giovane divinità dal nome impronunciabile, che odia le immagini e può essere indicata solo da un tetragramma e che perciò sarebbe perfetta per questi scopi. Anzi, l’idea è di fare dell’assenza di nome e di immagini un vero e proprio trade-mark. Per la mia famiglia essere i primi a registrare questo culto e diventarne i primi sacerdoti autorizzati, sempre che lei ritenga la divinità registrabile naturalmente, sarebbe un grande onore.»
Abramu aveva le labbra secche da quanto aveva parlato, ma mai quanto i due uomini che aveva di fronte, i quali lo avevano ascoltato sempre più a bocca aperta.
Il primo a riprendersi fu il funzionario. «Lei usa dei termini per me incomprensibili. Misteriosi quanto questo tetragramma, questo YHWH. Pertanto mi vedrò costretto a sospendere la procedura di registrazione per indagini ulteriori su questo dio minore».
Abramu assunse un’espressione profondamente contrita: «Peccato. Dovrò dire a mio padre che Malkah dovrà attendere Nacoru ancora un po’.»
«Malkah?» chiese il funzionario.
«Si tratta di una mia parente. Un’orfanella. Mio padre ha deciso di trasferirsi a Canaan e portarla con sé. Non prima di conoscere l’esito di questa registrazione naturalmente. Una volta ottenuto il nulla osta del suo ufficio Malkah sposerà mio cugino Nacoru e ci muoveremo con le greggi verso Canaan, da dove contiamo d’iniziare a espandere la rete di seguaci di YHWH. Ma lasciate che vi presenti Malkah. Intendevo accompagnarla io stesso al tempio di Astarte questa sera stessa se tutto fosse andato bene.»
Quando l’orfanella entrò il funzionario dovette asciugarsi un rivolo di sudore. La giovane donna sembrava l’incarnazione stessa della dea dell’amore. Era semplicemente perfetta e ogni suo gesto e ogni suo sguardo erano pura seduzione.
«Mmi-mmi-mi diceva che questa sera stessa l’avrebbe accompagnata al tempio della Dea dell’Amore» balbettò il funzionario.
«Certo. Quale onest’uomo darebbe in sposa una giovane ancora vergine?»
«Senta», disse il funzionario. «Lei mi sembra proprio un bravo ragazzo, pertanto voglio fidarmi. Apporrò seduta stante il nulla osta e le consegnerò la tavoletta d’argilla, così potrà accompagnare al tempio d’Astarte questa brava giovane a sgravarsi della sua impurità prematrimoniale.»
«Scusi funzionario…» l’interruppe lo scriba.
Senza levare lo sguardo dalla giovane Malkah il funzionario, sorridendole, si piegò verso lo scriba e sussurrò in tono drastico: «Se vuoi che ti confermi la licenza premio a Sodoma vedi di tacere, per gli Anunna!»
Quando ebbe in mano la tavoletta Abramu al colmo della gioia disse: «Grazie. Sono sicuro che YHWH le renderà merito per la sua lungimiranza. Ci metteremo al lavoro presto perché questa divinità invisibile diventi viral e abbia schiere di seguaci fino a sbaragliare ogni competitor».
Il funzionario lo guardò come si guarda un ebete e disse solo: «Buona fortuna.»
Come furono usciti lo scriba cercò di attirare l’attenzione del funzionario con un gesto.
Il funzionario alzò la mano e disse: «Lo so, lo so. La procedura è stata un po’ frettolosa e questa divinità strana avrebbe meritato maggiori indagini. Ma quanti seguaci potranno mai mettersi ad adorare una piccola divinità di provincia, senza un nome, senza idoli, senza un volto, praticamente invisibile e innominabile? Cerchiamo di esser seri. Una simile divinità potrà interessare solo una piccola nicchia di seguaci.»
Il fatto che Malkah, quella sera stessa, sarebbe stata portata al tempio, dove lui si sarebbe recato appena chiuso l’ufficio, naturalmente aveva avuto il suo peso. Ma questo si guardò bene dal dirlo.
«Non si tratta di questo funzionario», disse l’aiuto-scriba. Le successive parole raggelarono Ro-Cheru.
«È che non so come archiviare la pratica. Tra le divinità zoomorfe, tra quelle antropomorfe o fra quelle miste?»
Avrebbero fatto l’alba prima di capirlo e il tempio d’Astarte chiudeva al sorgere del sole.