L’VIII° anno della Corte ovvero, cos’è l’anniversario?
Oggi cade un anniversario.
Già il fatto che gli anniversari “cadano” mi dà il sospetto che si corra qualche rischio.
Per esempio: oggi quando? Non l’oggi di me che scrivo questa frase, stesa in anticipo una settimana prima nella speranza di leggerla ad alta voce il giorno giusto, in compagnia di persone che la concepiscano in quanto sensata. L’oggi della frase, appunto, sarà efficace lunedì prossimo, il 3 febbraio 2025.
La frase quindi è falsa in attesa di avverarsi.
La sua verità sta in cima, sulla punta di quel giorno, che però la capirà solo ripartendo dal fondo, tornando indietro al suo etimo.
“Anniversario” significa annus che verte, che “si volge”, che “gira in tondo” e ritorna circolarmente. Il rischio di cui sopra è il ritorno dell’eguale. La coazione a ripetere.
In questo, l’anniversario per antonomasia è quello di matrimonio, dove i coniugi cercano di esorcizzare il tempo che passa nel tentativo dolce, forse patetico e controcorrente di arginarlo e conservare il proprio nocciolo. “Hanno ancora la stessa passione di quando avevano vent’anni”, si sente dire come fosse un complimento, senza accorgersi dell’infelice stasi di questa falsa eternità. Impreziosendo poi sempre di più le leghe dei metalli che simboleggiano le nozze (legno, alluminio, fino ad argento, oro e diamanti) per controbilanciare l’usura del tempo.
Si può invece ribattezzare l’anniversario in modo meno anulare e più spiraliforme, sebbene la nostra lingua fatichi a distinguere il ritorno dal rinnovo a causa di alcune particelle (come “ancora”) che significano sia still che again, sia zurück che wieder, sia todavia che otra vez.
L’anniversario spiraliforme che vi proponiamo è dunque quello che muove e si lascia ispirare dai propri predecessori come un’eco, ma poi vive di vita propria. È figlio di un padre che gli assomiglia ma non è lui.
Bisogna stare però attenti che il cerchio della spirale successiva sia quello più grande e non quello più piccolo. Nel cerchio inferiore, infatti, stanno gli anniversari come “La scoperta dell’America”, che a occhio critico rappresenta forse più un’involuzione rispetto a quando il “nuovo” continente (tra virgolette) era abitato da nativi e precolombiani.
Ci sono poi i cerchi superiori che retoricamente si spacciano “evolutivi” solo prendendo le mosse da catastrofi apparentemente irripetibili. L’anniversario della Grande Guerra, il Giorno della Memoria, affinché non si ripeta. E poi, puntualmente, si rivede.
No, la nostra vuole essere davvero una spirale che si allarga, una macchia d’olio, un disco di accrescimento astronomico.
Alcune spirali, tuttavia, sono chiuse. È di pochi giorni fa il mio refuso sul Centenario di Luciano Berio qui omaggiato in Corte, quando scrissi centenario della morte e non della nascita. L’errore può darsi proprio perché il fenomeno Berio ha avuto un inizio e una fine.
Il 60° dall’uscita del Rubber Soul che cade quest’anno, invece, è per definizione un fenomeno aperto: almeno finché ci sarà l’umanità e la storiografia, il disco dei Beatles continuerà a esistere.
Il nostro anniversario della Corte, al contrario (e per concludere), avviene in una di quelle bizzarre situazioni nelle quali il fenomeno è ancora in essere, è corrente, ma anche e costitutivamente finito ed esiziale. La Corte prima o poi non esisterà più. È inevitabile e giusto così.
A questo punto la domanda è: perché festeggiarne la nascita?
Essendo noi ancora in auge, vivi e spero affamati non abbiamo per ora bisogno di rammemorare la nostra fondazione con quel tono di reiterata doglianza con cui si piange una scomparsa, né possiamo certo auto-prenderci a modello o a memento come altre ricorrenze.
L’unica cosa che serve, esattamente come i buoni compleanni, è prendere coscienza che l’anno, appunto, si “compie”, e questo trasforma lo sterile e spesso dovuto omaggio in un autentico rito profano.
Se il tempo oggettivo si veste di calendario, quello vissuto si denuda nel rituale e i due possono coincidere solo a patto che il calendario sia da pretesto al rituale e che quest’ultimo lo svergogni rompendone la forma, come il non-compleanno di Alice che occorre in qualsiasi dei restanti 364 giorni o come il carnevale che, proprio per sovvertire le regole, dovrebbe esplodere all’improvviso e non solo tot giorni prima della Quaresima, pena disinnescarsi come gli scioperi programmati.
Ecco quindi la piccola funzione di un articolo scritto in vista dell’anniversario e poi letto in un secondo momento, al momento opportuno. All’opposto del coccodrillo, che nel giornalismo designa quegli articoli preconfezionati in attesa di sciacallare la morte di qualcuno facendo necrologio in vita, un articolo sull’anniversario sarà sempre un leprotto ritardatario, una nottola di Minerva che vola sotto gli occhi del lettore quando l’anniversario è ormai compiuto e sta quindi a ricordarlo in ogni momento, fuori tempo massimo, a mo’ di gaffe, al vero fine di tenerlo sempre in vita qui, nell’immanenza.
A voi assenti e lì presenti la fortuna di poterlo esaudire.