L’equilibrio o l’eterno ritorno

Dinamica e microstati nei sistemi chiusi

di Beatrice Nettuno

Siamo abituati a pensare al ristagno, all’isolamento e alla staticità come ostacoli, bestie da evitare, richiamano periodi di recupero da una perdita, inevitabili e faticosi. In fisica, dove le parole di tutti i giorni assumono significati nuovi, invece di ristagno si preferisce dire “sistema chiuso”. Per i fisici sperimentali l’isolamento di un sistema è una condizione fragile e ambita; per la fisica teorica un’assunzione necessaria per raggiungere l’equilibrio. Ed è solo in questa situazione di assoluta staticità, cioè l’equilibrio, che ai fisici è permesso di usare la meccanica statistica, così elegante e universale che persino Albert Einstein l’ha definita l’unica teoria fisica che non verrà mai rimpiazzata. Al suo cuore sta una domanda semplice e profonda, capace di far luce nei contesti più disparati: come collegare il mondo del piccolissimo a quello dei nostri occhi usando la teoria della probabilità.

Tutto parte, dicevamo, da un sistema chiuso, che cioè non ha scambi con l’esterno. L’esempio classico è quello di una scatola piena di gas, che non permette a niente, nemmeno al calore, di attraversare le sue pareti. In questo totale isolamento, l’energia del gas all’interno della scatola è conservata: si tratta, dunque, di un sistema conservativo. Le piccole molecole che compongono il gas si muovono velocissime, urtandosi continuamente. Per capire come da questo moto continuo derivino osservabili costanti, e una generale impressione di immobilità, introduciamo il concetto di microstato: l’insieme di tutte le posizioni e velocità delle molecole in un tempo specifico. Basta che una singola molecola si sposti di un millimetro per definirne uno nuovo: i microstati possibili sono tantissimi. Un insieme di microstati prende il nome di ensemble. Definiamo invece un macrostato come una proprietà di un microstato nel suo insieme, per esempio la temperatura e la pressione di un gas; i macrostati sono quantità misurabili e per questo prendono anche il nome di osservabili.

Consideriamo, per esempio, l’osservabile P, cioè la percentuale di molecole nella parte destra della scatola. Se confiniamo artificialmente le molecole in una metà, otteniamo un valore di P pari a uno. Tuttavia, rimuovendo questa restrizione, nel tempo P si stabilizza intorno al valore di un mezzo. Questo corrisponde ai microstati in cui le molecole si distribuiscono uniformemente nella scatola, che sono molto più numerosi dei microstati con le molecole confinate in una sola metà: circa  volte di più, dove N è il numero delle molecole. Questo fattore è enorme[1] e rende il valore di P un mezzo infinitamente più probabile. In essenza, questo è il motivo per cui una scatola piena d’aria assume un certo valore di temperatura o pressione, nonostante le molecole che compongono quell’aria si muovano casualmente e continuamente. Il numero che vediamo sul barometro rappresenta la pressione più probabile, cioè quella raggiunta da una schiacciante maggioranza dei microstati, per cui il nostro sistema, che si sposta da un microstato all’altro, finirà per realizzare quasi sempre quel valore.

Questo argomento, all’apparenza così semplice, si basa su un’assunzione stringente: che il sistema fisico si sposti casualmente da un microstato all’altro, cioè che tutti i microstati siano egualmente probabili e nessuno sia preferibile rispetto all’altro. Di conseguenza, la probabilità con cui misuriamo un valore preciso per un certo osservabile dipende solo da quanti, e non quali, microstati lo realizzino. Questa “legge dell’osservabile più probabile”, laddove i microstati sono tutti egualmente probabili, prende in fisica il nome di equilibrio.

Nel loro erratico oscillare tra microstati equiprobabili, i sistemi all’equilibrio non conoscono nessuna direzione. All’equilibrio, lo scorrere del tempo non è irreversibile, ma al contrario una progressione di microstati è egualmente probabile se realizzata nella direzione inversa, cioè lo scorrere del tempo è reversibile. La formalizzazione matematica di quest’idea prende il nome di “ipotesi ergodica”. Per formularla, ci servono due diverse nozioni di media di un osservabile: la media temporale e la media sugli ensemble. La prima è una media su tante configurazioni dello stesso sistema che si succedono nel tempo, la seconda sulle configurazioni di tanti sistemi identici tra loro misurate allo stesso tempo. L’ipotesi ergodica afferma che in un sistema conservativo la media temporale di un osservabile coincide con la media sugli ensemble. L’equilibrio vive in un eterno presente: i microstati di una scatola si susseguono nel tempo in maniera casuale, come tanti microstati presi da scatole diverse.

A causa di questo incessante alternarsi di configurazioni, con il passare del tempo il sistema si troverà inevitabilmente anche nelle configurazioni più improbabili. Tornando al nostro esempio della scatola di molecole, se diamo al sistema il tempo sufficiente, le molecole finiranno per ritrovarsi confinate nuovamente in una sola metà della scatola, senza che sia necessario alcun intervento esterno. Questo accade perché, per quanto improbabile possa sembrare, questa configurazione non è impossibile e, in virtù dell’oscillare casuale del sistema tra un microstato e l’altro, alla fine si realizzerà. Tale principio, noto come teorema di ricorrenza, è stato dimostrato rigorosamente e deriva direttamente dall’ipotesi ergodica. Una conseguenza celebre del teorema di ricorrenza è il cosiddetto “teorema della scimmia instancabile”: se una scimmia premesse i tasti di una tastiera a caso per un tempo infinito, quasi certamente riuscirebbe a comporre la Divina Commedia.

Se l’ipotesi ergodica fosse vera anche per gli esseri viventi, una sequenza di foto di un platano, ognuna a distanza di un anno dall’altra, sarebbe equivalente a una sequenza di foto da altrettanti platani, tutti della stessa età. Il teorema di ricorrenza, poi, implicherebbe che un platano immortale potrebbe ritrovarsi, dopo qualche migliaio di anni, grande come un seme. Si tratta di scenari impossibili, e il motivo è semplice: i sistemi viventi sono molto lontani dall’equilibrio. A differenza di una scatola, un sistema vivente non è mai isolato, non può essere chiuso agli scambi con l’esterno. Di conseguenza, l’energia di un sistema vivente non è conservata, ma in continua variazione, e l’ipotesi ergodica perde di validità. La vita non passa casualmente da una configurazione a un’altra, ma segue un metabolismo, trasporta informazioni e si riproduce: rompendo la perfetta simmetria dell’equilibrio, la vita acquista una direzione e un tempo. Per i fisici si tratta di una sfida: come estendere la meccanica statistica lontano dall’equilibrio, cioè come usare la teoria della probabilità per capire come emerge la vita a partire da una complessità microscopica.

IMMAGINI

Il diavoletto di Maxwell controlla le molecole di un sistema chiuso

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Il teorema della scimmia instancabile

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“I grandi platani”, olio su tela, Van Gogh (1889)

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[1] Per una scatola lunga 10 centimetri a pressione atmosferica e temperatura ambiente,   è circa , mentre le molecole presenti nell’universo sono , quindi un numero infinitamente più piccolo!

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