Scrivere è come il sesso orale? Intervista ad Alice Scornajenghi

Mi scrive su whatsapp una mia amica per dirmi che in radio ha sentito dei racconti stupenti. Dei racconti porno. Nell’audio questa mia amica è entusiasta, è curiosa di leggere il libro e saperne di più, mi dice che me ne ha ordinata una copia e che mi arriverà e che non vede l’ora di sapere cosa ne penso. È passato più di un anno da quel messaggio vocale e dalla mia lettura di Atti puri di Alice Scornajenghi, uscito per i tipi di NERO Editions, eppure non riesco a smettere di pensare a quel libro, a quei racconti e a quei micro universi che la scrittrice è  riuscita a creare. Per dare un’idea di come Scornajenghi intenda il racconto erotico e per provare a creare quell’orizzonte di attesa, cito quanto dice su Rolling Stone la stessa scrittrice:

Non credo che esista una ricetta unica e infallibile per entrare nel meraviglioso mondo dei racconti zozzi, però scriverli è così divertente che chiunque dovrebbe almeno provare, quindi ecco qualche personalissimo consiglio per iniziare.

Innanzitutto, quelli bravi dicono che scrivendo è importante tenere a mente il proprio pubblico. Ecco, per un porno può essere ancora più d’aiuto se questo pubblico ha un nome e un cognome e aspetta il tuo racconto, perché scrivere è entusiasmante all’inizio, ma un po’ faticoso nel mentre, come il sesso orale, e come per il sesso orale se uno pensa al piacere dell’altra persona non perde slancio. Un’altra cosa che aiuta è partire avendo in testa la scena madre, cioè la scopata principale che si ha voglia di raccontare. Tutto il resto è l’incredibile storia di come ci siamo arrivati. Per la descrizione delle scene porno, invece, due cose: 1) come dicono quelli forti, bisogna essere specifici, precisi e dettagliati, 2) nessun pudore, meglio evitare gli eufemismi, il cazzo non rende se chiamato membro gonfio e teso e la fica non è un’orchidea, per niente.

Il racconto di Scornajenghi è diretto, senza fronzoli, pone al centro il sesso e la sessualità e ne esplora le potenzialità e le possibilità senza vergogna, senza remore. Atti puri è un libro che fa venire voglia di masturbarsi: il piacere è punto cardine ed è quest’ultimo che muove tutta la narrazione sia per chi legge sia per chi scrive. Mette al centro donne, uomini, animali e creature extraterrestri perché il piacere è universali e tutti ricerchiamo l’appagamento e la soddisfazione. Scornajenghi è copywriter e nel 2018 fonda Ossì, dal sottotitolo «un giornaletto porno fatto bene» in cui viene pubblicato un racconto porno accompagnato da disegni e illustrazioni erotiche.

In una delle tue presentazioni di Atti Puri hai dichiarato di aver trovato difficoltà a pubblicare la tua raccolta, tuttavia grazie anche a Veronica Raimo sei riuscita ad arrivare a Nero. La difficoltà secondo te è dovuta al fatto che parli di sesso in maniera esplicita o che a farlo sia una donna e dunque l’editoria guidata dai maschi è rimasta spaventata?

La mia sensazione, ma potrei sbagliarmi, è che per qualche motivo l’oggetto-libro sia collegato a dei valori molto borghesi per cui i libri devono essere sempre in una qualche misura edificanti e nessuno considera il porno un genere edificante. In più, considerando anche il genere di porno che scrivo io, mi rendo conto che questo libro poteva apparire difficile da collocare in una collana. Detto questo non penso che il fatto di essere io una donna abbia rappresentato un ostacolo, anzi, è un periodo in cui nel bene e nel male c’è grande attenzione a cosa scrivono le donne. Di sicuro a complicare le cose c’è stato anche che si tratta di racconti, e i racconti spaventano tantissimo il mercato editoriale.

Hai dichiarato che i tuoi racconti erotici non hanno intenti edificanti, ma trattano semplicemente il sesso nell’ottica del piacere, già prima differenza importante rispetto alla letteratura erotica -passami il termine- tradizionale, tuttavia tutti i tuoi racconti sentono e sono influenzati dalla distopia per alcuni aspetti. In che modo convivono distopia e piacere?

Io in realtà non li percepisco come distopici. Sono scenari che non mi spaventano, dove c’è ancora spazio per il godimento, per la crescita, per arrendersi senza troppa sofferenza alla propria natura. In più creare mondi che non sono reali, oltre a piacermi come scrittrice, mi ha anche aiutato a sentirmi libera nel raccontare questo o quel desiderio, a non sentirmi gli occhi della realtà addosso.

Una domanda un po’ più tecnica e con un pizzico di ironia. Parlando di sesso, nella mia filter bubble si dice sempre che sono meglio due rapporti brevi che uno lungo, valido anche nella narrazione erotica: meglio più racconti che un lungo romanzo? 

Davvero si dice così? (Ride, ndr). Io ho una passione per i racconti anche al di là del genere porno, ma non credo ci sia una regola su questo.

Che valore ha per te il porno? Quali sono stati i modelli di riferimento per la scrittura di Atti Puri? Ti pongo questa domanda perché sono necessarie più voci come la tua che sappiano parlare di sesso e dunque è necessario – almeno secondo me – la creazione di una piccola bibbia dell’erotismo, scusa ma non me la sento di usare la noiosa parola Canone.

Non ho avuto in testa dei modelli precisi per quanto riguarda le scene di sesso, però posso dirti che ci sono finiti dentro un po’ tanti autori che amo, da Saunders a Vonnegut, e sicuramente anche la mia esperienza di fruitrice di porno scritto in generale. Da questo punto di vista però ultimamente ripenso spesso alle raccolte di racconti erotici uscite per Mondadori tra la metà degli anni 90 e l’inizio dei 2000, curate da Barbera and Hyde, che hanno portato in Italia del sesso freschissimo e per certi versi visionario, ricordo un racconto che faticai a leggere perché i pronomi de* protagonist* cambiavano in continuazione, ma questo succedeva più di venti anni fa e io non avevo idea di cosa significasse quello che stavo leggendo.

Ci sono scrittrici in Italia oggi che parlano bene di sesso e non hanno paura di raccontarlo?

Certo! Valentina Della Seta ne “Le ore piene” lo fa benissimo, poi su Ossì abbiamo pubblicato dei porno stupendi di Veronica Raimo, di Laura Marzi e di Francesca Mancini (quest’ultima ha scritto a quattro mani con suo marito, Francesco Pacifico).

Prima con Ossì, la tua rivista erotica, e ora con Atti Puri, non hai mai avuto paura del giudizio esterno?

Ho avuto più che altro un po’ timore di come sarebbe stata presa la cosa dai miei parenti più stretti, ecco, ma è stato un processo graduale. All’inizio ho firmato come fondatrice il progetto Ossì, ma non i primi racconti che ho pubblicato, poi un pezzettino alla volta man mano che prendevo sicurezza mi sono mostrata sempre di più fino a firmare il libro. Considera che ho anche un figlio che al momento dell’uscita di Atti Puri aveva 13 anni a cui ho dovuto dire che pubblicavo un libro che non avrebbe potuto leggere (e anche dirgli per quale motivo), avevo una super ansia, lui invece si è rivelato incredibilmente di supporto. Per quanto riguarda il mondo esterno invece no, nessun timore. Sono una persona molto accomodante e diplomatica, in più in questo caso ero anche sicurissima delle mie ragioni per cui ero pronta a qualsiasi tipo di confronto. In più ti dirò che quando sento che qualcuno inizia a sentirsi scomodo per quello che dico o faccio, una parte di me un po’ ci gode.

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