I sonnambuli è la trilogia capolavoro di Hermann Broch, pubblicata tra il 1931 e il 1932 a Zurigo in lingua tedesca. Recentemente tradotta in italiano e riedita dalla casa editrice Mimesis, si costituisce di tre volumi indivisibili, così come voleva l’autore in origine. L’opera non vuole essere un romanzo storico, ma neanche una saga familiare, come andavano molto a quell’epoca (si guardi I Buddenbrook di Mann). L’autore, nato a Vienna in una famiglia benestante di ebrei commercianti tessili, inizialmente continuò l’attività di famiglia, poi decise di iniziare a studiare matematica e solo a quarantacinque anni intraprese la carriera di scrittore, nella maniera più rivoluzionaria possibile. I sonnambuli, infatti, è un’opera non solo romanzesca, ma anche poetica, filosofica, saggistica: l’autore aveva la chiara intenzione di disgregare quelle che erano le congetture del tempo, creando un ibrido che facesse da spartiacque per le sperimentazioni narrative sempre più vive e al centro dei romanzi dei decenni successivi.
I sonnambuli ci racconta come l’uomo sia riuscito a disgregare tutti i valori che abbiano attraversato la sua storia: sullo sfondo vi è il secondo Reich, l’impero tedesco guglielmino, che non viene mai scomodato in introduzioni prolisse o descrizioni storiche, ma viene lasciato come una sfumatura nella vita dei protagonisti dal quale se ne capisce nascita, gloria e disfacimento. I tre romanzi si svolgono ognuno a quindici anni di distanza dall’altro e nel loro titolo vi è sia il nome del protagonista che il valore da disgregare.
Il primo volume, 1888. Pasenow o il romanticismo, racconta di un ufficiale tedesco, tale Joachim Pasenow, nato in una famiglia ricca in una piccola cittadina nell’est dell’impero. Il padre era un taccagno, donnaiolo e impiccione nella vita di chiunque gli stesse intorno, che cercava di vivere da libertino amministrando la sua fortuna, lasciando le briciole ai due figli. Joachim aveva deciso di intraprendere la carriera militare, per scappare dal padre e dalla campagna, trasferendosi a Berlino. Fare il soldato lo affascinava: le armi, la potenza e l’ammirazione altrui che tale ruolo gli davano lo portarono a sviluppare una vera ossessione per quel mestiere, fino ad arrivare a coricarsi con la divisa imperiale. Pasenow è l’incarnazione della nascita dell’impero tedesco, uomo che rappresenta i valori ottocenteschi, forte, virile, ricco, non prova neanche a guardare il futuro, per lui vi è solo il presente. Elizabeth sarebbe quindi la sposa perfetta, bellissima, di famiglia benestante, originaria dello stesso paese di Joachim; eppure una roccia inizia a staccarsi da quella montagna granitica che ricopre la figura dell’ufficiale, quando incontra in un bordello di Berlino, Ruzena, prostituta boema che ammalia il soldato e fa crollare una valanga sulla vita di Pasenow. La relazione con Ruzena è viva, piena di passione, tumulto, erotismo, la disgregazione dei valori è iniziata. Poi però il fratello di Pasenow muore tragicamente, e questo lo riporta a riavvicinarsi alla sua terra natale, alle sue tradizioni, ai suoi valori, a Elizabeth che alla fine sposerà, abbandonando Ruzena al villain per eccellenza, un certo Von Bertrand, grosso commerciante tedesco.
Nell’apatico dormiveglia, si formò nella mente di Joachim l’idea distinta che suo padre e Bertrand fossero morti quel giorno, come pareva si addicesse alla riconquistata puntualità della vita.
(da 1888. Pasenow o il romanticismo)
Il secondo volume, 1903. Esch o l’anarchia, parla di August Esch, un contabile fallito che viene definito anarchico non tanto per le sommosse violente e armate rivolte contro le istituzioni o il rifiuto dello stato di governo, ma piuttosto perché è completamente incapace di scegliere quali valori seguire, di saper decidere cosa sia giusto e cosa sia sbagliato. Prima incolpa per il suo licenziamento la persona errata, il suo secondo capo, la nostra vecchia conoscenza Von Bertrand, che aveva l’unica colpa di avergli dato una seconda possibilità e che verrà denunciato da Esch per la sua omosessualità. Poi, dopo una vita passata da un letto all’altro di varie fanciulle, sposa la signora Hentjen, una paffuta e ignorante donna sulla quarantina, proprietaria di una locanda nella città natale di Esch, che disgrega definitivamente ogni sua possibilità di trovare valori a cui aggrapparsi. Nel frattempo la ricerca di questi si fa sempre più ardua e confusa, prima la contabilità, a seguire i sindacati, poi il wrestling femminile – dove ritroveremo come aspirante lottatrice un’invecchiata e sovrappeso Ruzena – e infine il sogno americano, ma niente di tutto questo lo farà uscire dal vortice anarchico del non valore. Esch non può disgregare valori, semplicemente perché non ne ha e quindi sgretola sé stesso investendo con la sua frana anche chi gli sta intorno.
L’insonne, a ogni battito del cuore con la sua vita tende alla morte. Principio e fine, origine e morte, ieri e domani, coincidono nell’attimo unico e solitario del presente, lo riempiono fino all’orlo, fin quasi a farlo scoppiare.
(da 1903. Esch o l’anarchia)
Il terzo volume, 1918. Huguenau o il realismo, è l’apoteosi della rivoluzione letteraria di Broch. In questo volume passato e presente, prosa e poesia, guerra e pace si incontrano sfociando nella disgregazione totale dell’uomo, che potrà essere ricostruito solo attraverso il cambiamento e l’innovazione. Huguenau è un realista per eccellenza, pensa solo a salvare sé stesso e i suoi affari. Dopo aver disertato dall’esercito tedesco arriva in un piccolo paese della sua regione natale, l’Alsazia, dove sfrutta lo sfondo della prima guerra mondiale e l’instabilità di quel pezzo di mondo, conteso da decenni fra Francia e Germania, per acquistare a prezzo stracciato il giornale locale a forte rischio bancarotta, fino a quel momento guidato dal protagonista del secondo romanzo August Esch, ormai abbandonato all’anarchia del non valore e succube della disgregazione del suo essere. Esch finirà assassinato dallo stesso Huguenau che senza rimorso, nei giorni dell’armistizio all’inizio di novembre del 1918, nei quali tutto è lecito, lo trafiggerà in un vicolo mal illuminato dalle sole fiamme delle case incendiate. Per riuscire ad inserirsi nella società del paese, Huguenau, troverà prima il favore e poi l’arrendevolezza della massima carica militare del paese, Joachim Pasenow, che inizialmente lo aiuterà ad acquisire il giornale e successivamente, nonostante il suo odio verso Huguenau maturato col passare dei mesi, lo coprirà dopo aver scoperto la sua diserzione. Broch, in questo ultimo volume, affianca al racconto romanzesco, poesia, reportage – sugli ospedali militari – novelle e il filo conduttore di tutta la trilogia, ovvero il saggio filosofico sulla disgregazione dei valori, creando così il romanzo del futuro, che riesca a non perdere la propria identità nonostante la presenza di più tipologie letterarie e più materie d’argomento – romanzo polistorico o gnoseologico lo definirà l’autore.
Colta come un sonnambulo dal sortilegio dell’infinito, non potrà affrancarsi mai più.
(da 1918. Huguenau o il realismo)
Broch, con una prosa da fenomeno e tratti filosofici a volte un po’ prolissi e che potrebbero sembrar messi lì apposta per far perdere al lettore il filo del discorso, arricchisce una letteratura che fino a quel momento non aveva mai visto nulla di simile. Proietta il romanzo verso una nuova dimensione, non più semplice descrizione passiva della vita di una determinata epoca, famiglia o nazione, ma al contrario movimento attivo del testo verso il cambiamento dell’essere umano. Non aspettatevi un romanzo come gli altri: è il manifesto della letteratura che verrà.
In copertina_ Li Chevalier, Onda gravitazionale cosmica, 2019, inchiostro di china su tela.
Storie Sepolte è un collettivo nato dalla passione per l’arte come esperienza.