Scalzi dinnanzi a Dio

Fortune e sfortune degli ordini pauperistici



Nel XII secolo il successo del catarismo e del valdismo, specialmente tra i ceti sociali meno abbienti, arrivò a minacciare il primato della Chiesa cattolica nella vita spirituale dell’Occidente. La predicazione di Valdo di Lione precedette di poco quella di Francesco d’Assisi e ne condivise alcuni presupposti: la nascita del fondatore in seno a un’agiata famiglia di mercanti, la sua rinuncia al benessere materiale per perseguire un pauperismo evangelico, la natura itinerante della predicazione, l’opposizione al dualismo cataro, la presenza di componenti femminili e la fedeltà nei confronti del papato, dichiarata inequivocabilmente nella Professione di fede del 1180.

La grande differenza sta nel fatto che Francesco non propugnò la lettura individuale della Bibbia da parte di tutti i fedeli, elemento che avrebbe favorito l’allineamento dei valdesi alla riforma protestante nel 1532, e che non si sarebbe comunque ribellato direttamente ai ministri della Chiesa in risposta a un loro eventuale rifiuto di accoglierlo ufficialmente in seno all’ortodossia. Papa Innocenzo III, nel 1208, bandì una crociata contro i catari. Tuttavia, l’anno dopo, approvò l’Ordo Minorum di Francesco, proprio intuendo che un pauperismo lealista verso la Chiesa avrebbe potuto contrastare la diffusione delle eresie, assimilandone le caratteristiche a livello propagandistico.

I movimenti pauperistici che si contrapponevano al cattolicesimo romano o che puntavano a rivoluzionarlo risultavano accattivanti proprio perché operavano in regime di povertà, mendicità, penitenza, carità e umiltà, in evidente contrapposizione ai fasti regali in cui si immergevano i maggiorenti del clero secolare. I più antichi ordini monastici, seppure sottoposti a voti di povertà individuale, vivevano nella ricchezza collettiva. Francesco fece del suo meglio per impedire al suo ordine di cedere alla medesima scappatoia, così da non offrire il destro al catarismo per criticarlo, inoltre lo attaccò con sagacia sul piano dottrinale. Laddove il dualismo cataro predicava una dicotomia manichea tra la bontà del piano spirituale e la malignità del piano materiale, il Cantico di Frate Sole magnificava la bellezza del creato in quanto manifestazione dell’amore divino e negava implicitamente al male la medesima sostanzialità metafisica del bene.

Nel 1216, papa Onorio III approvò il secondo grande ordine mendicante cattolico: l’Ordo fratrum praedicatorum di Domenico di Guzmán, attivo proprio nell’epicentro del catarismo, in Linguadoca, per contrastarlo. Laddove Francesco ripudiava un eccessivo attaccamento allo studio libresco, temendo che potesse diventare fonte di superbia per i suoi monaci, Domenico credeva fermamente che l’ascesi mistica dovesse passare tanto dalla povertà quanto dalla più raffinata indagine teologica. Il tribunale dell’Inquisizione, fondato nel 1184 da papa Lucio III durante l’impero di Federico Barbarossa, venne perfezionato dai papi succitati proprio al fine di combattere le confessioni eretiche e fu rapidamente posto sotto la guida dei francescani e soprattutto, considerate le loro maggiori ambizioni sapienziali, dei domenicani.

Se la Chiesa non fosse stata in grado di mostrare qualcosa di nuovo, è probabile che le istanze ereticali l’avrebbero sepolta nel dissenso. Gli ordini mendicanti non chiedevano decime e tributi alle popolazioni presso le quali vivevano, limitandosi alla questua. Almeno inizialmente, non potevano possedere beni di valore, nemmeno collettivamente, e abitavano luoghi resi disponibili da soggetti esterni agli ordini stessi. Inoltre, i frati non erano più legati a una singola sede, ma all’ordine in sé e al suo capo supremo, per esempio al Maestro generale dei domenicani. Questo significa che i vari membri, a seconda delle opportunità e delle necessità, potevano essere facilmente trasferiti da un convento all’altro e che i singoli conventi non avevano eccessive autonomie, ma partecipavano a un sistema internazionale capace di mettere in campo enormi risorse. Le cariche interne erano elettive e temporanee, quindi non potevano essere trasmesse in base a simpatie o legami personali.

Il successo delle nuove forme di contemplazione fu tale che alcuni ordini precedenti, nel corso del XIII secolo, divennero ordini mendicanti come per esempio i Carmelitani che, nella seconda metà del Cinquecento, si sarebbero poi divisi tra calzati e scalzi. Ne continuarono poi a nascere di nuovi, come l’Ordo Servorum Beatae Virginis Mariae, nato a Firenze nel 1233. Il clero secolare non era però compatto nella valutazione di queste innovazioni, le quali destavano non pochi sospetti in molti tra i suoi più influenti esponenti.



Nel 1248, Raimondo Athenulfi, fu colpito dalle prediche che i francescani tenevano presso il convento di Hyères e, pur essendo di nobili natali, rinunciò a tutti i suoi beni e fondò un altro ordine mendicante votato a rimanere in seno alla Chiesa di Roma. Vestiti con tuniche di lana grezza che sembravano sacchi, i Frati della penitenza di Gesù Cristo divennero presto noti con l’epiteto di saccati. Fondarono monasteri a Tolone e Marsiglia, dove nel 1251 misero in piedi un capitolo generale per farsi riconoscere da papa Innocenzo IV. Approvati dalla Santa Sede, continuarono a crescere in numero e influenza. Dopo essersi espansi nella Francia settentrionale, aprirono sedi in Spagna, Inghilterra, Italia e nei territori tedeschi, spingendosi persino ad aprire un convento ad Acri. Essi furono tra le più notevoli vittime dell’ostilità, ormai consolidata, con cui il clero secolare affrontò il potere degli ordini mendicanti durante il secondo concilio di Lione, nel 1274. I 115 conventi dei saccati furono chiusi, commutati in ospedali o ceduti ad altri ordini più grandi. Un ordine cresciuto rapidamente e con ogni premessa per essere perfettamente accettato nel quadro del cattolicesimo, fu improvvisamente dissolto. Domenicani e francescani non protessero questi ordini minori, perché quello stesso concilio mirava a consolidare il loro ruolo all’interno della Chiesa e a trasferire loro sedi e personale attinto dalle altre organizzazioni smantellate. L’attacco istituzionale contro gli eccessi spiritualisti aumentò nel tempo, portando altri aspiranti riformatori a entrare in conflitto diretto con la Chiesa.

I francescani tendevano ormai a rifiutare l’ingresso nell’ordine a soggetti troppo radicali, come nel caso del parmense Gherardo Segarelli che, nel 1260, vendette tutto ciò che aveva, sparse il ricavo sulla pubblica piazza, si dette alla vita mendicante e fondò la setta degli apostolici. Inimicatosi immediatamente la diocesi di Parma, nell’arco di appena trent’anni l’ordine subì due condanne ufficiali da parte di due papi diversi, eppure nel 1291 dava il benvenuto a Dolcino da Novara, un predicatore dai toni apocalittici che si guadagnò ancora più rapidamente la fama di temibile eresiarca. Nel 1294, quattro membri dell’ordine furono messi al rogo e Segarelli fu condannato all’ergastolo, salvo poi essere bruciato a sua volta nel 1300.

Nel 1303, Dolcino convertì alla sua setta Margherita Boninsegna, una donna carismatica con la quale sperava di rigenerare una coppia spirituale quale era stata quella di Francesco e Chiara. Le attività degli apostolici si espansero nel territorio di Vercelli e, tre anni dopo, papa Clemente V bandì una crociata contro di loro, alla quale Dolcino decise di rispondere con la resistenza armata. Ne seguì un eccidio che durò un anno, finché non capitolò anche la sua ultima fortezza in Valsesia, sul monte Parete Calva, nella quale si era asserragliato con 1400 seguaci. Nell’estate del 1307, 150 dolciniani furono condannati al rogo. Dolcino e Margherita furono pubblicamente torturati con estrema ferocia, prima di essere arsi vivi. Nel 1317, si giunse alla bolla pontificia Sancta Romana, di Giovanni XXII, la quale stabiliva ingenti sanzioni contro i frati francescani che eccedevano nella dedizione alla povertà, ribattezzati con spregio “fraticelli”. L’anno dopo, alcuni francescani spirituali marsigliesi furono condannati al rogo. Nei territori di Ancona e Pesaro, le comunità di fraticelli assursero ugualmente a un ruolo di grande importanza e anche lì furono esercitate molte violenze per estirparle.

Il cristianesimo latino oscillò così tra innovazione e tradizione, potere temporale e spirituale, istanze interne ed esterne. Alternò momenti di autocritica a momenti di brutale repressione. Il rinnovamento ebbe in larga misura successo, anche se non nella trionfante modalità della riforma gregoriana, ma lasciò vive quelle tensioni che sarebbero maturate fino al Cinquecento, trasformandosi nella Riforma protestate, nello Scisma anglicano e nell’incubo delle guerre di religione europee.

di Ivan Ferrari

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Autore

  • Laureato in filosofia, redattore della Rivista e socio collaboratore dell'Associazione culturale La Taiga dai giorni della loro fondazione, ha interessi soprattutto storici e letterari.

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