“Egli deve crescere e io invece diminuire”

La solidarietà terapeutica dell’altare di Isenheim di Grünewald



Un’opera d’arte può essere ideata e realizzata per essere “solidale” verso chi la osserva? Si, questo è quanto sta alla base dell’altare di Isenheim di Matthias Grünewald, uno dei grandi pittori del Rinascimento tedesco1.

L’opera, ora conservata presso il Museo di Colmar, proviene dal convento di Isenheim, fondato dall’Ordine degli Antoniti, congrega monastica istituita nel 1093 nel Delfinato da Gastone come ringraziamento per la guarigione del figlio dall’erpete grazie all’intercessione di Sant’Antonio2, il quale aveva annesso un ospedale per la cura del Fuoco di Sant’Antonio. L’Ordine, sotto la direzione di Jean d’Orlier, aveva fatto cominciare a Nikolaus von Hagenau un grande altare ligneo per la chiesa dell’ospedale ma il lavoro rimase incompleto, questo venne ripreso e modificato radicalmente grazie all’intervento del priore Guido Guersi che ideò un grande polittico in forma di libro volto non più a celebrare Sant’Antonio ma a presentare ai malati una delle idee di fondo del Cristianesimo, ovvero che la Fede è l’unica terapia ai mali che li affliggevano3.



Il polittico, dipinto tra il 1512 e il 1516, alla prima apertura mostra la grande Crocefissione, la visione di questo Calvario «è come il tifone di un’arte sfrenata che passa e vi trascina, e occorre qualche minuto per riprendersi, per superare l’impressione di doloroso orrore suscitata dall’enorme Cristo in croce»4, un Cristo piagato, pieno di spine conficcate nella pelle ormai bruna, gonfia e livida a causa delle percosse subite, con le labbra viola e la bocca spalancata in un grido muto, è un Cristo umanamente umile, è un uomo che soffre e muore. Alla sua destra troviamo il gruppo composto dalla Vergine, Maria Maddalena e San Giovanni che raffigurano i tre tipi di dolore, quello umano di chi ha perso la persona più cara (la Maddalena), quello della partecipazione al dolore (San Giovanni) e quello metafisico, di compassione col Figlio, ovvero quello della Vergine. Alla sinistra del Cristo troviamo raffigurato San Giovanni Battista, con ai piedi l’Agnello Mistico, accompagnato da una scritta a lettere capitali rosse, tratta dal Vangelo di Giovanni 3, 30, che recita: Illum oportet crescere me autem minui5, ma cosa significa questa frase? Il suo significato ce lo espone Agostino nel Commento al Vangelo di Giovanni: «Prima che venisse il Signore Gesù, gli uomini si glorificavano di sé stessi; egli venne come uomo, perché diminuisse la gloria dell’uomo e aumentasse la gloria di Dio». Questo è il grande mistero sacro espresso nel grande polittico, ovvero che all’uomo si può togliere tutto ma non l’amore di Dio che fa sopportare e lenisce la sofferenza.

Sulle pale laterali i Santi Sebastiano e Antonio, trattati come se fossero sculture vive, che oltre ad avere un senso autonomo in quanto raffigurano il Santo Patrono dell’Ordine e quello invocato contro le pestilenze, si legano sia alla grande crocefissione che allo stato di salute dei malati dell’ospedale poiché simboleggiano il trionfo sulla sofferenza.

Nella predella vediamo invece la deposizione, dove ancora assistiamo alla rappresentazione delle tre tipologie di dolore mentre il grande Cristo, sproporzionato rispetto alle altre figure, simboleggia con la fine delle sue sofferenze la morte stessa della Morte.

Aprendo il polittico una prima volta ci si trova davanti, a sinistra, all’Annunciazione mentre a destra vediamo una bellissima Resurrezione. Al centro assistiamo a una scena di difficile interpretazione, compare infatti un concerto di angeli e la Madonna in contemplazione del Bambino, sembrano scene non collegate tra loro, invece qui Grünewald ha voluto rappresentare in forma endiadica, con doppia immagine, lo stesso concetto ossia l’incarnazione di Cristo attraverso la doppia figura della Vergine, prima incinta e dopo madre.

Una volta aperto ancora il polittico ci troviamo di fronte alle sculture lignee scolpite per il primo progetto dell’altare affiancate dall’Incontro tra Sant’Antonio con San Paolo Eremita e le Tentazioni di Sant’Antonio, quest’ultima raffigurazione è importante per quello che questo altare vuole trasmettere; vediamo non una tentazione ma addirittura un’aggressione nei confronti del Santo, viene strattonato e bastonato da un gran numero di demoni, raffigurati in vari modi. In basso a sinistra vediamo un demone raffigurato con fattezze umane che ha su di sé proprio le stesse piaghe che ricoprono i malati di erpete6, mentre cerca di sottrarre la Bibbia al Santo. Il messaggio rivolto ai malati in questo pannello è duplice: come loro anche il loro Santo è stato vittima dei demoni e li ha sconfitti, così anche loro devono fare nei confronti del loro demone ovvero la malattia stessa.



Grünewald attraverso una pittura potente, tendente quasi all’espressionismo, non ha intenzione di estetizzare il dolore ma ribalta i canoni estetici per elaborare un realismo estremo che va a cogliere anche la parte spirituale della realtà proprio per creare compassione e solidarietà tra i malati e il Cristo crocefisso, qui risiede proprio la funzione “terapeutica” dell’altare di Isenheim, una funzione spirituale perché su questo altare si celebrava l’eucarestia e verso il quale le preghiere dei malati trovavano sfogo poiché «a quei tempi, infatti, ogni malattia era intesa non solo a livello concettuale, ma era anche sentita come connessa al peccato […] di conseguenza, le malattie dovevano essere curate dallo spirito e a livello spirituale»7.

Lo scopo principale di quest’opera grandiosa è la volontà di spiegare ai malati il perché di tale sofferenza e fornire loro la forza per sopportare il dolore, questo era quello di cui i malati avevano bisogno.

di Marco Saporiti

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Note
1 L’identità di Matthias Grünewald è ancora dibattuta, le notizie intorno alla sua figura sono poche e confuse. Secondo Joachim von Sandrart, tesi avvalorata con forza anche da Hans Jürgen Rieckenberg, si dovrebbe identificare con il pittore che nei documenti compare col nome di Mathis Grün, nato nei dintorni di Aschaffenburg tra 1455 e 1483 e morto tra 1531 e 1532. Secondo Walter Karl Zülch, invece, sarebbe da identificare con Mathis Gothart-Nithart, nato a Würzburg e morto nel 1528 ad Halle. Entrambe le proposte rimangono ipotesi.
2 J. K. Huysmans, Grünewald, Abscondita, Milano 2002, p. 51.
3 G. Reale, I misteri dell’altare di Isenheim di Grünewald, p. XXXIII, Bompiani, Milano, 2006.
4 J. K. Huysmans, op. cit., p. 21.
5 Egli deve crescere e io invece diminuire.
6 Per approfondire si invita a leggere H. Bauer, Das Antonius-Feuer in Kunst und Medizin, Berlino-Heidelberg-New York, 1973.
7 G. Richter, Der Isenheimer Altar, Urachhaus, Stoccarda, 2001, pp.10-12.

Autore

  • Laureato in Storia e Critica dell'Arte, ha una passione infinita per il Rinascimento tedesco, la batteria e la musica progressive. Ha la capacità innata di diventare un'ombra quando è al cospetto di troppe persone.