Sessualità, terapia e BDSM
Dolore e piacere sono due fenomeni che nella storia dell’umanità hanno assolto la funzione di garantirne la sopravvivenza.
Nella tradizione socio-culturale occidentale, sono considerati e studiati come due fenomeni separati, anzi opposti. I punti di contatto tra i due sono però così numerosi che all’interno del nostro cervello (o meglio: del nostro sistema nervoso centrale), i circuiti neuronali che li governano si sovrappongono in gran parte.
Se però rimaniamo per un attimo al di fuori di questi complessi circuiti e proviamo a guardare il dolore e il piacere in ottica edonistica, si può vedere come concorrano ugualmente al raggiungimento di un fine comune, cioè quello di guidare le nostre azioni: da un lato abbiamo comportamenti che ci inducono una sensazione di gratificazione e avvicinano al piacere, dall’altro invece abbiamo comportamenti che ci portano a evitare sensazioni dolorose potenzialmente dannose e a garantire, quindi, la nostra sopravvivenza.
L’obiettivo ultimo di tale sistema, paragonabile con un’estrema semplificazione a una bilancia a due braccia nelle quali troviamo rispettivamente dolore e piacere, è il mantenimento e ritorno a uno stato di omeostasi, ovvero di equilibrio interno, attraverso meccanismi non volontari di autoregolazione.
Per capire come questa autoregolazione avvenga, è importante sapere che la nostra percezione sensoriale del dolore e del piacere è fortemente influenzata dal significato che le attribuiamo. Basti pensare a un maratoneta e alle sensazioni dolorose che può provare dopo ore di corsa; tali sensazioni si iscrivono in un quadro più grande di utilità rispetto al fine ultimo: arrivare al traguardo. Una volta raggiunto il traguardo il sistema nervoso del maratoneta può tornare in equilibrio.
L’utilità soggettiva, il valore edonico e il significato attribuito alle sensazioni di dolore e piacere sono perciò, anche a livello biologico, parte integrante delle sensazioni stesse.
Dolore e piacere sono quindi fenomeni estremamente stratificati e multifattoriali, determinati da fattori sociali, culturali, biologici e psicologici. I loro circuiti neurali e la loro biochimica sono in gran parte sovrapponibili: la dopamina è il principale neurotrasmettitore, che svolge un ruolo nella motivazione a ricercare una ricompensa, qualsiasi essa sia, e ha capacità di modulare come il cervello risponde a stimoli sensoriali di piacere o di dolore (anche se il dibattito scientifico sul suo preciso ruolo è ancora aperto).
Quando esperiamo dolore o piacere si attivano in gran parte le stesse aree del cervello, per esempio la corteccia prefrontale, adibita ai processi di pianificazione, valutazione e attribuzione di significato, il sistema limbico e l’amigdala, adibiti all’elaborazione degli aspetti emotivi e l’ippocampo, legato alla memoria e ai processi di apprendimento.
Per comprendere meglio la sovrapposizione e l’interazione dei due fenomeni, e forse anche per uscire dallo stigma che attornia tali pratiche, possiamo considerare cosa avviene nelle pratiche BDSM che comprendono la dimensione dell’inflizione di dolore fisico e dove “pain hurts, but the hurt feels good”. Come è possibile che una persona provi dolore fisico e che questo non solo sia piacevole, ma anche sessualmente eccitante?
È necessario innanzitutto uscire dalla concezione lineare e meccanicistica del dolore che socialmente abbiamo appreso e iniziare, come precedentemente descritto, a considerarlo come il prodotto di un’elaborazione di sensazioni fisiche, emotive, ricordi che abbiamo in memoria e credenze che abbiamo appreso e il nostro sistema nervoso mette in atto.
Nella riconcettualizzazione (neurochimica, cognitiva e psicologica) del dolore realizzata dalla persona che lo sta ricevendo, il contesto in cui ciò avviene assume una rilevanza imprescindibile. Primariamente bisogna considerare che le pratiche di inflizione di dolore avvengono in un contesto dove il consenso regna sovrano; lo scambio di potere è infatti regolato da una contrattualizzazione (a volte anche scritta) che disegna con chiarezza i confini delle azioni e permette l’instaurarsi di un paradosso: la persona che riceve dolore sa di avere totale controllo e può quindi abbandonarsi a un “non controllo” della situazione e vivere pienamente le sensazioni che sta provando.
La fiducia (non romantica, ma umana) verso l’altra/le altre persone coinvolte, così come i fattori emotivi e interpersonali e l’anticipazione positiva di ciò che avverrà, rendono possibile l’eccitazione sessuale della persona che riceverà dolore; quando lo stimolo doloroso viene introdotto entrano in gioco fattori biochimici in grado di modulare la percezione dolorosa e fattori cognitivi e psicologici legati all’aspetto motivazionale che garantiscono la possibilità di esperire piacere, una sensazione di ricompensa, godimento sessuale e uno stato alterato di coscienza.
Citando il filosofo Jeremy Bentham: «La natura ha posto l’umanità sotto il governo di due padroni: il piacere e il dolore», poi… alcuni umani imparano a giocarci!