Lacerazioni


Le gesta in-compiute di Teseo



«Chi era lo Straniero? Come è possibile che non avvertisse nulla per me? Sembrava così vero nel suo abbraccio sotto le tamerici fuori da palazzo. L’ho riconosciuto al primo sguardo, ho dovuto sussurrare: “Non lui, ti scongiuro, padre”, per salvargli la vita. L’ho anche aiutato a tradire tutta la mia famiglia, mio fratello e Creta stessa, affinché fosse contento di me. Dove ho sbagliato?»

Nel Teseo di Andrè Gide è grazie all’investitura del padre Egeo che il giovane ateniese diviene eroe, invitato come prima impresa alla ricerca delle armi di Poseidone sotto a una delle rocce attorno al palazzo. Teseo le solleva una ad una, sotto lo sguardo soddisfatto del padre, mentre la sua forza cresce di pietra in pietra. Non appena Teseo sta per sollevare anche la lastra della soglia di casa, il padre gli porge improvvisamente il premio del dio, ma solo al termine di quest’opera di rafforzamento di sé. Solo una volontà intelligente che si è raffinata e allenata nell’esercizio può meritare le armi che consentono cause nobili a favore dell’umanità. «Sii uomo. Sappi mostrare a tutti cosa possa essere e cosa si proponga di diventare un uomo. Molte sono le grandi imprese da compiere. Realizzale». Le parole di Egeo plasmano la coscienza eroica di Teseo che nelle sue imprese ripulisce contrade e città da mostri e banditi, sterminandoli e rendendo meno incerte e imprevedibili le strade. A Teseo stesso si riconosce non tanto l’astuzia, quanto il coraggio, l’ambizione e la volontà che si possono forgiare solamente attraverso i pericoli delle vie di terra. E allora è sulle strade del Peloponneso che si spazzano via i briganti: Sinide, Procuste, Cercione e si uccide Perifete, il gigante di Epidauro, con la sua stessa clava. Ma la vera impresa per l’eroe di Gide è la spedizione delle sette fanciulle e dei sette giovani dall’Attica a Creta come tributo di sangue per l’appetito del Minotauro. L’ardito Teseo si presenta come principe e figlio di Poseidone. Su di lui cade lo sguardo di Arianna, unico presentimento di salvezza nella missione folle di liberazione dal giogo cretese. Alla schiera di imprese realizzate, compresa una discesa agli inferi, corrisponde una serie di conquiste amorose e rapimenti di fanciulle: Fedra, Antiope, Elena, e persino Persefone, la regina dell’Ade. Ma l’imperativo dell’eroe è: mai fermarsi per una donna.

Per Calasso, Teseo non discende da Poseidone, ma da Apollo. Lo si evince dalla sua insolenza, dalla tensione crudele all’omicidio di tori e mostri, dalle empietà sulle donne, rapite, sedotte e abbandonate e dai riccioli d’oro che sporgono dall’elmo, consacrati al dio delfico. Il passaggio dell’egemonia politica cretese al predominio ateniese è uno spostamento di un assetto di potere che si riflette anche nella storia della coscienza occidentale. Non a caso tra le frequentazioni di Gide vi è Vernant, autore del testo Le origini del pensiero greco. La discesa dalle steppe da parte dei Dori si insedia sul precedente substrato miceneo altera l’equilibrio delle dinamiche di potere tra terra e mare, spingendosi dal Peloponneso fino a Creta. Nei secoli successivi all’invasione si sarebbe verificato il passaggio dalla monarchia micenea e minoica, basata sulle città-palazzo, alla polis greca, transizione politica che rispecchierà i mutamenti all’interno del logos ellenico. Con la nascita della filosofia si impone un ambito di pensiero estraneo alla religione e ai racconti sacri esiodei, con spiegazioni profane per i fenomeni della natura connotate da uno stile positivo e scientifico, come per i “fisici” di Mileto. Secondariamente l’ordine cosmico non si basa più sull’anax miceneo, il principe la cui potenza promana da un principio teogonico, ma dal nomos, una legge immanente all’universo che regola i rapporti in maniera egualitaria e reciproca, anche tra cittadini che vengono definiti “simili” o “uguali” e in grado di proporre autonomamente il proprio discorso e pensiero.



In ultimo, Vernant sottolinea la dimensione geometrica che connota i rapporti di reversibilità e simmetria in astronomia e geografia, motivo per cui il mondo fisico può essere proiettato in dimensioni spaziali astratte, maneggiabili con il pensiero e operazioni matematiche. Dal mito si passa quindi a un tipo specifico di logos, basato sulla razionalità e sul principio di non contraddizione, che lacera per sempre il rapporto col sacro e la natura. La realizzazione di ogni impresa, la colonizzazione e la comprensione sistematica divengono il modello con cui l’eroica coscienza occidentale in seguito si identificherà, in nome della prestazione e del risultato.

Dopo il compimento di questo passaggio si polarizza il rapporto tra il potenziale civilizzatore del pensiero che scopre le leggi della fisica e definisce norme sociali e la natura e il suo selvatico fluire vitale.

Al fulgore e allo splendore delle conquiste del logos apollineo corrisponde l’esilio di Dioniso. Per Lopez-Pedraza la cultura dell’impresa e dell’ambizione titanica al possesso ha fatto allontanare le dolcezze e le ebbrezze dionisiache dai fondamenti emotivi e corporei dell’esistenza. La tensione verso il futuro e i nuovi progetti da intraprendere a ogni costo elidono le emozioni e le divine follie che scandiscono le iniziazioni psichiche relative ad ogni tappa della vita. Il raggiungimento dell’obiettivo e l’idea di esso prevalgono sull’esperienza e sullo scorrere del tempo vissuto. Un rimpianto che spesso emerge nella stanza d’analisi in persone di successo e con carriere affermate è: «Io non ho vissuto». Tutta la tensione psichica della propria esistenza è rimasta focalizzata unilateralmente sulla fondazione della propria identità attraverso l’ambizione o la missione connessa all’ideale di sé, piantando a Nasso il tempo della festa, la coltivazione delle amicizie resistenti come l’edera e la possibilità di procreazione. Paradossalmente l’attenzione ossessiva verso il proprio scopo personale comporta un deficit di visione e di memoria per il bios, che soffre di un’opera di repressione dai primi secoli di funzionalismo romano attraverso il Cristianesimo e la sua negazione della corporeità fino alla società postindustriale. L’ambizione del mentale e della coscienza all’osservazione e alla relazione col mondo esterno ha spinto Dioniso in esilio, espellendo dal corpo la sua possibilità di possessione e di visione interiore, favorendo invece la dimensione titanica, con i suoi eccessi tecnologici e imprenditoriali mirati al successo.



E non a caso in questa amnesia della natura in nome della prestazione accelerata il dio cerca di ritornare come può, in genere come sintomo psicosomatico, segnalando la nostra estraniazione di coscienza di fronte al corpo alienato. Per questo motivo Dioniso è la divinità che ha più di ogni altra un rapporto privilegiato con le donne, alimentate invece dall’entusiasmo che fa sentirsi tutt’uno con il corpo, eroticamente completamente calate nell’emozione che si sta vivendo. La regina Pasifae, consapevole fin da subito delle intenzioni omicide di Teseo, avrebbe richiesto all’eroe di non nuocere assolutamente al figlio mostruoso, ma di creare invece un legame col Minotauro, in modo da eliminare il malinteso, il falso equivoco che oppone Creta alla Grecia, il dionisiaco all’apollineo. Per Teseo il patto è inaccettabile: si deve compiere il destino dell’Occidente.

«Arianna, l’oltremodo pura, era veramente noiosa. Molto più giovane e fresca la sorella Fedra che il mio fido Piritoo ha rapito e tiene nella stiva. In fondo, chi l’avrebbe sopportata una oltremodo pura? Troppo romantica e mielosa, ho bisogno di una donna diversa, magari che mi sia utile nel governare. Danzerò per Dioniso, sperando che la colga da quello sperone di roccia e la porti via con sé. Magari potrebbe fare le cose in grande e trasformarla in costellazione. Non ricordo solamente cosa ho promesso a mio padre Egeo. Al mio ritorno le vele dovranno essere bianche o nere?»

Bibliografia
A. Gide, Teseo, Mattioli 1885
R. Calasso, Le nozze di Cadmo e Armonia, Adelphi
J.P. Vernant, Le origini del pensiero greco, SE
R. Lopez-Pedraza, Dioniso in esilio, Moretti e Vitali

di Alessandro Gabetta

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