Dal Big Bang agli organismi complessi

Dalla unicellularità alla pluricellularità

Se dovessi pensare all’evento “Dopo il compimento” per eccellenza, inteso come raggiungimento di ogni obiettivo più alto, momento in cui la singolarità raggiunge il suo scopo, allora mi viene in mente tutto ciò che successe in seguito e in conseguenza al Big Bang, il compimento per antonomasia.

Per riferire questo evento alla successiva nascita del nostro pianeta, pensiamo che la Terra si è formata a causa di una serie di eventi in successione, in primis dalla contrazione di una nebulosa di polvere interstellare, e poi come conseguenza a un lungo e progressivo raffreddamento, seguito poi da pioggia di meteoriti e comete e attività vulcanica.

Dopo questi eventi iniziò probabilmente il raffreddamento terrestre; la crosta rilasciava vapori gassosi e dai vulcani fuoriuscivano altri gas, che diedero origine alla seconda atmosfera terrestre. L’acqua venne trasportata sulla Terra da impatti meteoritici di comete ghiacciate. Tutte queste collisioni hanno arricchito il pianeta di acqua, anidride carbonica, metano, ammoniaca, azoto e altri elementi. Le reazioni chimiche tra questi elementi di base portarono poi alla formazione di molecole organiche che man mano si accorparono sempre più diventando molto complesse.

Le linee generali dell’origine della vita sono state stabilite, per quanto i vari dettagli siano ancora sconosciuti; la prima ipotesi accreditata è che la materia organica sia arrivata sulla Terra dallo spazio, Panspermia. La seconda ipotesi accreditata è che si sia originata direttamente sulla Terra. Probabilmente le prime forme cellulari presenti sulla Terra erano eterotrofe, cioè avevano bisogno di molecole organiche come fonte di energia, queste dunque dipendevano dalle fonti di cibo circostanti.

Da qui, intorno a 3 miliardi di anni fa, si svilupparono le prime cellule che usavano la luce solare come sostentamento, effettuavano quindi fotosintesi per sopravvivere. Queste cellule permisero una biodisponibilità di ossigeno molto alta, poiché questo costituiva il residuo di scarto del processo fotosintetico.

Ma la cosa più interessante è capire come le cellule, da organismi unicellulari, siano diventate raggruppamenti pluricellulari.

Lo studio a questo riguardo è stato portato avanti da alcuni ricercatori dell’Università del Minnesota che hanno analizzato in vitro il lievito di Saccharomyces cerevisiae. La multicellularità è stata presa in esame per la sua importanza perché, a parte l’aumento nelle dimensioni strutturali, costituisce un aumento nella complessità delle strutture cellulari e la formazione di nuove strutture biologiche, quindi rappresenta una vera e propria trasformazione per la vita sulla Terra.

Capire i processi evolutivi degli individui multicellulari è complesso, soprattutto perché l’origine di questi processi è avvenuta più di 200 milioni di anni fa, quindi i passaggi di transizione si sono persi.

Gli studiosi immaginano che il primo step nella transizione multicellulare sia l’evoluzione dei genotipi che ha portato alla formazione di cluster.

Non è chiaro se l’adesione cellulare avvenga poi con un’aggregazione di cellule distinte oppure tra cellule madre-figlia, a seguito della loro divisione. Sembra che possa crearsi una sorta di conflitto di interesse tra cellule, se l’aggregazione avviene tra cellule geneticamente distinte. Per questo viene accreditata maggiormente l’idea che i cluster formati da post divisione cellulare sono “uniclonali”, quindi evitano un possibile conflitto e di conseguenza aumentano il livello di fitness del cluster stesso.

Per l’esperimento, i ricercatori hanno usato la “gravità” per selezionare le multi-cellularità primitive del lievito unicellulare di Saccharomyces cerevisiae, cioè i genotipi cellulari più favorevoli all’aggregazione, i quali sembravano i più immediati da prendere in esame e studiare. È stata perciò effettuata una continua raccolta e trasferimento in colture fresche degli ammassi che si deponevano sul fondo del liquido di coltura.

Dopo circa 60 trasferimenti tra diversi campioni, è risultato come fenotipo dominante il cluster a forma sferica a “fiocco di neve”, costituito da ammassi di cellule adese. È stato poi verificato che il beneficio del fenotipo a cluster “fiocco di neve” ha un vantaggio del 34% nella fitness di selezione, rispetto alle cellule individuali.

Durante la ricerca sono state osservate per circa 16 ore alcune cellule singole per capire il loro comportamento. È stata poi presa in esame, tramite microscopio, ogni cellula che dava origine a un nuovo tipo di cluster “fiocco di neve”.

Non c’era però traccia di spostamento o aggregazione tra singole cellule preesistenti. Si dimostra così che i cluster si formano per adesione post divisione cellulare. I siti di adesione cellulari sono stati identificati grazie alla colorazione col bianco calcofluoro, colorante chemifluorescente blu, che si lega ai polisaccaridi e soprattutto si lega preferenzialmente alle zone cicatriziali più giovani del lievito.

Ciò conferma, ancora una volta, che i gruppi di cellule che formano i cluster sono tutte aggregazioni madre-figlia.

L’esperimento è andato avanti nello studio della transizione tra l’unicellulare e il multi cellulare prendendo in esame due tratti principali: la riproduzione del cluster e la sopravvivenza. Per quanto riguarda la riproduzione, il cluster può essere prodotto da propaguli unicellulari o pluricellulari, è stato studiato utilizzando il sistema di osservazione in time lapse al microscopio.

Rispetto agli antenati unicellulari, i propaguli dei cluster vengono rilasciati sequenzialmente e non tramite dissoluzione del cluster parentale.

È stato osservato anche che, nell’evoluzione della divisione, viene utilizzata l’apoptosi – una forma di morte cellulare programmata – per ottimizzare il meccanismo di propagazione, al fine di aumentare il numero di propaguli prodotti a scapito della dimensione degli stessi.

I benefici selettivi dell’apoptosi si vede solo nei fenotipi a fiocco di neve più grandi, poiché i cluster che producono propaguli riproduttivi più piccoli possono poi farne in numero maggiore. Perciò l’apoptosi in questo caso diventa adattiva, permettendo la propagazione di ciò che funziona di più evolutivamente.

Di fatto la transizione da organismi unicellulari a organismi complessi è durata e si è protratta per milioni di anni.

Nonostante questo, i brevi studi sono comunque riusciti a risalire al fatto che gli step cruciali avvengono relativamente in poco tempo, se la selettività lo permette.

L’esperimento ha evidenziato che i cluster a fenotipo di fiocco di neve del lievito si sono evoluti e hanno effettuato replicazione in tutte le 15 popolazioni in esame, in due esperimenti separati e in circa 60 giorni di selezione.

I coanoflagellati già in natura formano colonie allo stesso modo, tramite adesione delle varie cellule post divisione madre-figlia, questo rafforza ancora di più la tesi dell’adesione post divisione dei cluster dei ricercatori.

Una minoranza di cellule dei cluster diventa apoptotica, questo è funzionale alla propagazione, permettendo al lievito di produrre un maggior numero di propaguli, come già detto in precedenza. Si può quindi considerare l’evento apoptotico come integrale allo sviluppo e al mantenimento somatico, facilitante del processo evolutivo verso la multi cellularità.

Altri recenti studi, che hanno esaminato le alghe Volvox, dimostrano che, al contrario di alcune teorie, l’evoluzione della pluricellularità non ha richiesto una grande espansione della complessità genomica.

I fossili mostrano che nel tempo si sono succedute fasi di lunghe stasi alternate a fasi si rapidissima evoluzione.

È quindi plausibile che circa 900 milioni di anni fa si siano sviluppati i primi esseri pluricellulari nel regno animale. All’inizio è probabile che fossero una sorta di spugne, dotate di cellule totipotenti. Poi man mano le cellule sarebbero diventate più specializzate e complesse, fino a dare origine alle nostre linee evolutive.

di Veronica Fiocchi

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Bibliografia:

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