Dopo il compimento un nuovo cominciamento
Alla domanda “Cosa c’era prima del Big Bang?” un cosmologo quadratico medio ha già pronta la risposta da manuale: “Poiché il Tempo stesso è nato col Big Bang non ha senso chiedersi cosa c’era prima”.
Allo stesso modo in cui è insensato chiedersi di che colore è il buio, dato che il colore è una proprietà che è data dalla luce alle cose, mentre il buio è assenza di luce. Tuttavia, nel 2005 il premio Nobel per la fisica Sir Roger Penrose ha presentato un nuovo modello cosmologico, una proposta “oltraggiosa” che offrirebbe una risposta alternativa alla questione del che cosa c’era prima del Big Bang: la Cosmologia Ciclica Conforme (CCC).
Prima di tutto, cosa vuol dire conforme?
In geometria, due figure – ad esempio due triangoli – si dicono conformi se i rispettivi angoli ai vertici sono uguali, indifferentemente dal fatto che un triangolo sia più grande o più piccolo dell’altro. Parlare di figure conformi vuol dire che la scala di grandezza non conta.
Un po’ come dire che un trancio di pizza alla diavola è pur sempre un trancio di pizza alla diavola, che sia di una pizza formato famiglia oppure di una mini pizzetta surgelata dell’Eurospin.
In tal senso, dire che l’Universo è conforme vuol dire che esso non possiede un righello per misurare le lunghezze, che non sa distinguere cos’è grande e cos’è piccolo, che non ha “il senso della scala”.
Pertanto, nota Penrose, per un Universo che non sa discernere il grande dal piccolo, l’infinitamente piccolo può essere stiracchiato a piacere e l’infinitamente grande ristretto, in modo tale da renderli finiti e geometricamente equivalenti.
Ma tutto ciò a che pro?
A oggi si osserva che l’Universo è in espansione accelerata, ovvero che cresce e si gonfia come un palloncino al soffio dell’Energia Oscura. Per quanto ne sappiamo, questa espansione continuerà senza tregua finché questo palloncino, in un remoto futuro, diverrà infinitamente grande.
Viceversa, se riavvolgessimo il nastro la storia dell’Universo e la osservassimo a ritroso, vedremmo questo palloncino restringersi e ridimensionarsi sempre di più fino a concentrarsi tutto in un singolo puntino infinitamente piccolo: il Big Bang. Dunque: se al momento del Big Bang l’Universo fosse stato conforme e se tale tornerà ad essere nel remoto futuro, sarebbe possibile riscalare l’infinitamente piccolo (ovvero il Big Bang) e l’infinitamente grande (ovvero il remoto futuro) in modo tale da renderli equivalenti.
Queste considerazioni, per quanto dissennate possano sembrare, sono del tutto legittime, matematicamente parlando. La vera proposta oltraggiosa della CCC, infatti, è un’altra. Dice Penrose: se il Big Bang e il remoto futuro fossero davvero conformi (e quindi equivalenti) allora, forse, il nostro remoto futuro potrebbe un giorno diventare il big bang di un altro universo, di un successivo “Eone”. Analogamente, il nostro Big Bang potrebbe essere stato nient’altro che il remoto futuro di un universo che ci ha preceduti, di un precedente eone. E allora, forse, la storia dell’universo sarebbe in realtà una sequenza indefinita di eoni che si succedono ciclicamente.
Questa è la proposta oltraggiosa di Penrose, questa è la Cosmologia Ciclica Conforme.
Ok, sì, bella la matematica, bello Penrose, bello tutto. Ma in che senso? Prima di tutto, cosa vuol dire fisicamente che l’Universo è conforme, che non ha il senso delle grandezze? Il Toblerone da mezzo metro dell’Autogrill sono una prova empirica inconfutabile che i righelli esistono. E di fatto per noi l’Universo non è conforme. Tuttavia, la relatività di Einstein ci insegna che le particelle prive di massa (come i fotoni) non hanno il senso della scala, e dunque per loro i torroni sono tutti grandi uguali.
Per cui, nota Penrose, se nel cosmo esistessero esclusivamente oggetti che non hanno il senso delle proporzioni, così come le particelle prive di massa o le nonne del Sud nell’impiattare il pranzo domenicale, l’Universo sarebbe di fatto conforme.
Oggi, come ci ricordano prontamente le bilance dopo le festività natalizie, di oggetti massicci l’Universo è pieno. Ciò però non vuol dire che esso sia sempre stato così. È lecito infatti credere che al Big Bang l’Universo fosse costituito solo da particelle prive di massa. Perché? Semplice. Riavvolgendo il nastro del tempo, come dicevamo, possiamo immaginare il cosmo compattarsi in un volume sempre più piccolo, in uno spazio sempre più denso. Semplice.
Ma sempre più denso vuol dire anche sempre più caldo. Semplice. Sempre più caldo, però, vuol dire veramente ma veramente caldo. Semplice.
Ma se l’Universo era veramente ma veramente caldo, allora nessun bosone sarebbe riuscito ad acquistare carica gravitazionale dall’interazione col campo di Higgs, e pertanto tutte le particelle dovevano essere effettivamente prive di massa, e quindi l’Universo nei dintorni del Big Bang doveva essere conforme. Semplice.
No?
E nel remoto futuro invece? Come tornerà l’Universo a essere conforme?
Quanti squat dovrebbe fare per perdere tutti i kg presi negli ultimi 14 miliardi di anni e prepararsi alla prova costume del prossimo eone? A quale dieta dovrebbe sottoporsi – mediterranea, chetogenica, Ayurveda? Penrose risponde: la dieta dei buchi neri!
La seconda legge della termodinamica asserisce che l’entropia deve sempre crescere nel tempo. Gli oggetti a più alta entropia che conosciamo sono i buchi neri supermassicci che risiedono nei centri galattici. Ciò suggerisce che, per assecondare questa legge, la materia tenderà sempre più a cadere entro questi mostruosi lavandini cosmici, finché non sarà del tutto ingurgitata.
D’altra parte, per quanto neri possano sembrare, i buchi neri in realtà emettono una flebilissima luce: la radiazione di Hawking. Questa radiazione, ci dicono i fisici teorici, viene emessa a spese della loro massa. Pertanto, a lungo andare, quando avranno trangugiato tutta la materia possibile, essi cominceranno lentamente a smaltire massa attraverso l’emissione di questa radiazione, restringendosi pian piano fino ad “evaporare” del tutto.
The Wilkinson Microwave Anisotropy
Probe (WMAP) 2003https://map.gsfc.nasa.gov/#:~:text=The%20Wilkinson%20Microwave%20Anisotropy%20Probe,WMAP’s%20data%20stream%20has%20ended.
I tempi di attesa per l’evaporazione dei buchi neri sono davvero lunghi, dell’ordine di 1 googol year (cioè 10^100 anni, cioè 10 miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di anni).
Infine però, dopo questa attesa lunga e sfiancante quasi quanto un film di Tarkovskij, tutta la materia in essi imprigionata sarà stata finalmente liberata sotto forma di radiazione, di particelle senza massa. Ed ecco come, secondo Penrose, l’Universo diventerà conforme nel remoto futuro.
Ricapitolando: nel remoto passato l’Universo era costituito esclusivamente da particelle prive di massa, e quindi era conforme.
Identicamente, quando tutti i buchi neri saranno evaporati convertendo la materia in radiazione, il remoto futuro tornerà a essere conforme.
E quindi l’infinitamente piccolo può essere stiracchiato e l’infinitamente grande può essere ristretto.
E quindi il remoto futuro sarà fisicamente e geometricamente equivalente al Big Bang.
E quindi esso diverrà il big bang del prossimo eone. E così all’infinito.
Leggendo gli arzigogoli di Penrose viene però istintivo rispondergli alla Laverdure: “Chiacchieri, chiacchieri, non sai far altro!”. Tutti bravi a blaterare insensatezze.
Ma esiste qualche prova concreta a sostegno della CCC o dovremo aspettare chissà quanti googol yr sperando di intravedere il prossimo eone?
Secondo Penrose, questa opzione sarebbe terribilmente noiosa. Invece, è più sensato cercare nel passato evidenze di un eone precedente. Infatti, se strizzassimo bene gli occhi e aguzzassimo la vista dovremmo poter trovare qualcosa di inusuale nella prima fotografia del nostro neonato Universo, nella Radiazione Cosmica di Fondo (CMB).
Che cos’è la CMB? Al momento del Big Bang, materia e radiazione erano accoppiate, avvinghiate l’una all’altra senza possibilità di districarsi. Man mano che l’universo si è espanso, esse hanno avuto sufficiente spazio per disaccoppiarsi, finché la radiazione non è riuscita a liberarsi dalla morsa che la teneva legata alla materia e scappare.
La CMB altro non è che la fotografia dei fotoni in questo istante di liberazione.
Secondo Penrose, se prima del nostro Big Bang avesse davvero prosperato un altro eone, potremmo essere in grado di trovare delle prove nella distribuzione di fotoni della CMB. In particolare, l’evento più intenso che potrebbe aver attraversato gli eoni e aver lasciato una traccia sulla CMB è la radiazione gravitazionale generata dalla coalescenza di buchi neri supermassicci.
Le onde gravitazionali sono delle increspature dello spazio-tempo che si propagano come onde generate da un sassolino che cade su un quieto lago. Quando due buchi neri supermassicci si incontrano e si fondono, essi liberano una quantità enorme di energia sotto forma di onde gravitazionali.
Un’onda sufficientemente energetica emessa in un eone precedente che si fosse propagata fino al nostro eone avrebbe dato una piccola “spinta” ai fotoni della CMB, un surplus energetico che sarebbe rilevabile. Per la geometria delle onde, dovremmo aspettarci di vedere degli “anelli di bassa varianza” nella distribuzione di fotoni della CMB, ovvero dei cerchietti simili a quelli provocati dalla pioggerella che cade sulle pozzanghere.Nel 2010 questi anelli sono stati davvero osservati.
L’idea di una serie ciclica di eoni che si susseguono ha quindi delle evidenze osservative.
L’Universo in cui viviamo potrebbe essere solo uno dei tanti di una sequenza infinita.
Infine, specula Penrose, se in uno di questi infiniti eoni che ci ha preceduto fosse esistita una civiltà talmente avanzata da poter controllare le onde gravitazionali e avesse voluto trasmettere un messaggio ai posteri dei successivi eoni, forse sulla CMB potremmo decifrare una frase del tipo: “Non inquinate il vostro Eone”, o “Mangiate tante verdure”, oppure “Rebibbia regna”.
di Paolo Leondisio
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