L’ alba di una nuova potenza

Come costruire l’America all’indomani dell’Indipendenza

Il 10 maggio del 1775, nella Pennsylvania State House di Philadelphia, i rappresentanti delle tredici colonie britanniche del Nord America si radunarono nel Secondo Congresso continentale. La città aveva già ospitato l’anno prima, nella più modesta Carpenters’ Hall, il Primo Congresso continentale che aveva deciso il boicottaggio della Compagnia delle Indie in risposta agli Intolerable Acts che i parlamentari di Westminster avevano promulgato per perseguire severamente gli esponenti e i simpatizzanti del Boston Tea Party.

Se fino a quel momento le fazioni potevano auspicare una soluzione diplomatica, stavolta la musica era cambiata. La Battaglia di Lexington, consumatasi una ventina di giorni prima, aveva reso impossibile evitare lo scontro con la Madrepatria. L’insurrezione dilagava da Fort Ticonderoga ai declivi di Bunker Hill. Un tentativo di riconciliazione fu comunque fatto, presentando ai primi di luglio la Olive Branch Petition ai ministri della Corona.

Boston Tea Party. Incisione di E. Newberry 1789 pubblicata in W. D. Cooper, Boston Tea Party. The History of North America.
Come costruire america all'indomani dell'indipendenza.
Boston Tea Party. Incisione di E. Newberry 1789 pubblicata in W. D. Cooper, Boston Tea Party. The History of North America.

Indipendenza

Il documento proponeva al re di promulgare leggi più eque per le colonie, ma Giorgio III si rifiutò di leggerlo e accusò i coloni di tradimento. La contrapposizione divenne insanabile e i coloni furono apertamente appoggiati dai più potenti rivali dell’Inghilterra: dichiaratamente la Francia e i Paesi Bassi, ma di fatto anche la Spagna.

Il 7 giugno 1776, il delegato della Virginia Richard Henry Lee propose una risoluzione nella quale si affermava la definitiva rottura di ogni possibile sudditanza nei confronti della Corona. Il 4 luglio ne seguì la Dichiarazione di indipendenza, redatta da Thomas Jefferson. Il 14 giugno, il Congresso istituì un esercito unificato, il Continental Army, ponendovi al comando George Washington. Questa scelta unì alle idee condivise dai congressisti un’alleanza pratica che mirava a un obiettivo comune e fu un passo essenziale verso l’unificazione delle colonie ribelli.

La leadership americana

I politici intellettuali e massoni come Benjamin Franklin incarnavano al meglio le due anime della leadership nordamericana: da un lato la rigorosa etica puritana, dall’altro gli ideali progressisti ed egualitari dell’Illuminismo. Se il nostro seguiva la prima limitatamente, considerate le sue attitudini da donnaiolo, era così interessato ai temi dei diritti e del progresso tecnologico da diventare vegetariano per pura sensibilità verso gli animali e dedicarsi appassionatamente alla ricerca scientifica, portando avanti importanti studi su elettromagnetismo, fisica dei gas, ottica e meteorologia. Sin dai primi documenti pubblicati dai congressisti, si nota la volontà di coordinare questi aspetti in un pensiero coerente, insieme deista e giusnaturalista, rigorista e libertario.

La Dichiarazione d’indipendenza si apre con una sezione puramente ideologica, in base alla quale tutti gli uomini vengono proclamati eguali in base alla legge naturale e divina, uguaglianza articolata in una serie di diritti inalienabili, tra i quali spicca il diritto alla rivolta contro i tiranni teorizzato dal contrattualismo di John Locke, ma invero già da Tommaso d’Aquino nel suo commento alle Sentenze di Pietro Lombardo.

L’alleanza antibritannica delle colonie d’America

I rappresentanti delle colonie compresero che la propria adunanza fosse ormai un governo provvisorio e progettarono un possibile destino politico per gli insorti. Il 15 novembre 1777 vennero pubblicati gli Articoli della Confederazione. Era occorso un semestre di discussione per approvarli e ci vollero poi altri tre anni per ratificarli, eppure gli articoli miravano semplicemente a formalizzare l’alleanza antibritannica delle colonie senza nemmeno affrontare esplicitamente il tema delle loro reciproche autonomie.

Il sanguinoso massacro perpetrato in King Street.
Come costruire america all'indomani dell'indipendenza.
Dettaglio di un’incisione di Revere: Il sanguinoso massacro perpetrato in King Street.

La vittoria statunitense di Yorktown, nell’ottobre del 1781, condusse alla resa incondizionata del governatore Cornwallis al generale Washington e costrinse il generale britannico Henry Clinton ad asserragliarsi dentro New York con il grosso delle giubbe rosse. I britannici, i coloni lealisti e i loro alleati indigeni erano ancora in netto vantaggio tattico lungo tutto il settentrione, protetto dalle fortezze canadesi.

Le successive battaglie navali, inoltre, videro la Royal Navy sconfiggere più volte i corsari americani, completamente privi di grandi velieri da guerra, e i loro alleati europei, arrivando a catturare l’ammiraglio francese de Grasse nei Caraibi. Tuttavia, i costi dell’impresa erano diventati pesanti per i cittadini del Regno Unito ed era chiaro che il fronte lealista in seno ai coloni si stesse assottigliando, mentre la causa del Continental Army andava accumulando consensi e supporto.

La pace ritrovata

Nella primavera del 1782, Clinton fu richiamato in patria e iniziarono i colloqui di pace che culminarono nel Trattato di Parigi del 3 settembre 1783. Il 25 novembre, ebbe luogo l’Evacuation Day delle giubbe rosse che si ritirarono da New York. 170 mila coloni lealisti abbandonarono il territorio degli Stati Uniti, perlopiù rimpatriando o spostandosi in Canada.

I neonati Stati Uniti erano indebitati e la depressione economica provocò rivolte tra i cittadini meno abbienti che non riuscivano a pagare le imposte. Gli Articoli non davano al Congresso poteri sufficienti a finanziare e imporre normative, dipendendo interamente dal denaro concessogli dai singoli Stati e non potendo intervenire né nelle rispettive questioni di sicurezza interna, né nella gestione del commercio interstatale.

Nel maggio 1787, fu organizzata la Convenzione di Filadelfia al fine di riformarli. George Washington, James Madison, Alexander Hamilton e Benjamin Franklin compresero la necessità di creare un nuovo Governo, invece di limitarsi a riformare il debole Congresso.

Costituzione degli Stati Uniti d’America

Fu l’avvocato Roger Sherman a trovare un compromesso tra le esigenze dei singoli Stati, quelle dei più grandi e quelle del futuro Governo centrale: un parlamento bicamerale in cui la Camera bassa era proporzionale rispetto alla popolazione, che avrebbe votato con la mediazione dei grandi elettori, e la alta paritaria fra gli Stati, ciascuno dei quali potendovi esprimere un’unica preferenza.

La questione della schiavitù si configurò immediatamente come un problema, anche solo a livello legislativo. Poiché gli schiavi erano il 40% della popolazione meridionale, si decise che ogni schiavo sarebbe valso i tre quinti di un uomo libero nel suo conteggio, così da non concedere a quei territori troppo potere, senza però negarne interamente il peso demografico.

Gli Stati che maggiormente faticarono a ratificare il documento furono, però, proprio quelli più ricchi e popolosi, cioè la Virginia e New York. Fu nel convincimento dei politici che governavano soprattutto quest’ultimo che gli autori della Costituzione dovettero profondere la massima energia, pubblicando una raccolta di 85 saggi chiamata The Federalist per esporre e difendere la ratio dei vari articoli.

I leader antifederalisti, come Patrick Henry e George Mason, temevano che il potere centrale potesse di fatto costituire una nuova forza sfruttatrice. Per fornire ulteriori garanzie, James Madison decise di elaborare e aggiungere al testo originario la sezione incentrata sui diritti individuali, United States Bill of Rights, divisa in dieci emendamenti ispirati ai principi del Bill of Rights britannico e della Magna Charta.

Philadelphia State House.
Come costruire america all'indomani dell'indipendenza.
Philadelphia State House

Il 4 marzo 1789, fu promulgata la Costituzione degli Stati Uniti d’America, il primo documento di questo genere a porre le fondamenta di un Governo. La prima presidenza toccò a George Washington, da sempre un convinto federalista. Non si può dire che fosse un’opera perfetta.

Potere giudiziario e libertà civili

Innanzitutto, non chiariva il ruolo del potere giudiziario e solo nel 1803 John Marshall definì le prerogative della Corte Suprema, nel processo Marbury vs Madison che stabilì il principio del juridical review, in base alla quale i tribunali possono annullare leggi promulgate dal Congresso o dai parlamenti dei singoli Stati, qualora vengano ritenute incostituzionali.

Inoltre, accanto a grandi successi sociali come le libertà di culto, parola, stampa, assembramento e protesta garantite dal primo emendamento, vi furono decisioni molto più problematiche, come l’emendamento immediatamente successivo che garantisce il diritto al possesso di armi. Quest’ultimo mirava a garantire alla cittadinanza la possibilità di resistere contro ogni oppressione, interna o esterna alla federazione, ma aumentò la letalità dei criminali.

Economia e schiavismo

I ministri ottennero molto potere, poiché erano responsabili solo davanti al presidente. Washington volle che quello delle finanze fosse l’oligarca Alexander Hamilton. Costui fondò la Banca nazionale e puntò al pareggio del bilancio al costo di pretendere esosi tributi che sfociarono in rivolte represse militarmente. L’espansione del territorio statunitense restava regolata dall’Ordinanza del nordovest del 1787, la quale imponeva la nascita di nuovi Stati per estendere il territorio federale e impediva l’ingrandimento di quelli già esistenti.

Inizialmente pensata per proibire la schiavitù completamente nei nuovi Stati, l’Ordinanza era stata poi modificata per accogliere le istanze dei cittadini del Sud e prevedeva che solamente al di sotto del fiume Ohio fosse legale. Se i problemi legati alla rappresentanza politica e alla tassazione sembravano risolvibili nel tempo, il conflitto sulla schiavitù andava invece peggiorando.

Il più popoloso e industrializzato Nord disprezzava la schiavitù sia per nobili ragioni etiche, sia perché i braccianti liberi temevano la concorrenza della manodopera schiavizzata e spesso avevano un malcelato fastidio razzista verso gli afroamericani che avrebbero preferito rispedire al di là dell’Atlantico.

L’esempio americano

Se i limiti del suo dettato si sarebbero poi tradotti nelle grandi battaglie civili e politiche che segnarono l’epopea della potenza americana, la Costituzione rimane un testo profondamente innovativo che, improntato ai valori dell’illuminismo laico e del repubblicanesimo antimonarchico, sconvolse i conservatori europei più radicali.

Il costituzionalismo dilagò in tutto l’Occidente e l’esempio americano aprì le strade riformiste e rivoluzionarie che avrebbero cambiato il mondo per sempre, causandone lo spostamento ideale dall’età moderna a quella contemporanea.

Il nodo dell’economia schiavistica non fu mai sciolto e portò a uno dei più sanguinari conflitti civili che si ricordino, inoltre sappiamo fin troppo bene quanto il Manifest destiny di cui i patrioti andavano gonfiandosi i cuori si sia anche commutato in una becera scusa per perseguitare, segregare e sterminare i nativi.

Cionondimeno, la scommessa politica e antropologica dei congressisti fu una vittoria grandiosa. Grazie alla loro lungimiranza e malgrado i loro errori, una giovane alternativa alle vecchie monarchie europee colmò il mondo di nuove domande e possibilità.

Autore

  • Laureato in filosofia, redattore della Rivista e socio collaboratore dell'Associazione culturale La Taiga dai giorni della loro fondazione, ha interessi soprattutto storici e letterari.

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