A noi amici folli

Gli anni d’oro del presente, nei suoi luoghi speciali



A Giulio B., Davide C., Alex D.C., Giosuè C.



I redattori di una rivista culturale spesso mostrano il loro spessore attraverso riferimenti bibliografici, citazioni di grandi autori con i quali possono giustificare le righe, senz’altro a ragione. La veridicità e risonanza del concetto assume rilevanza maggiore se un grande esponente ne ha fatto menzione. È un procedimento che ha perfettamente senso, ma che non sono molto bravo a replicare. Non vorrei chiamare in causa nessun grande protagonista della storia della musica in riferimento alla consegna, nonostante sia spesso portato in quella direzione: vorrei rendere omaggio all’oggi, al qui ed ora, all’arte dell’apprendimento della musica e a coloro che attraverso di essa fanno parte di un moto dal grosso potere culturale.

L’esagramma 4 dell’I Ching cita frequentemente il rapporto del giovane e del maestro: le forme di apprendimento, l’errore come forma di disattenzione o gioco, l’importanza della disciplina, il ruolo del maestro e la cura nei confronti dell’allievo. Poi dice, sulla Linea 3: “La devozione ai ricchi, potenti o belli è pericolosa! Una persona debole può facilmente perdere la propria individualità nel tentativo di imitare o vincere il rispetto degli altri.” Splendida affermazione, molto attuale. La Linea 4 invece ha ispirato la scrittura di questo testo dicendo: “L’aggrapparsi alle fantasie porta all’umiliazione. In uno stato di eccitante speranza, è facile entrare nel pensiero magico e nei fantastici sogni. Per uscire da questi impacci ci sono solo due modi: affrontare la realtà, o soffrire l’umiliazione. La scelta è tua”.

Il mondo è profondamente cambiato, non si può dire che non lo sia, con esso la musica. La possibilità di venderla è diventata inaccessibile, il mondo della musica cosiddetta “di successo” ha smesso per molti motivi, che non staremo a citare, di ricercare una qualsiasi forma di novità, in favore di talent e riproposizioni di suoni “di successo” del passato. Insegnare a suonare sbatte contro una cultura musicale sempre meno presente. I luoghi dove la musica dal vivo è valorizzata sono sempre meno. Siamo fortemente portati a categorizzare e ricordare: per ogni filone espressivo, dalla classica al teatro canzone, dal progressive-rock al cantautorato, c’è sempre uno o pochi esponenti che ne rappresentano il periodo, che ne glorificano l’estetica attraverso il loro personale modo di esprimerla. Questo, in realtà, nonostante sia perfetto per un racconto familiare o un servizio al telegiornale, ha il grande difetto di rattrappire i fenomeni, impedendone l’evoluzione.



L’ambiente musicale fa dunque i conti con un altissimo tasso di malessere psicologico: la competizione con modelli presenti sui social e il confronto con il passato rappresentano così la falce che squarcia ogni forma di adesione al presente. “Milano allora era una città di nebbia, e mi sono trovato benissimo. Mettevo a frutto la mia poca conoscenza della chitarra in un cabaret, il Club 64, dove c’erano Paolo Poli, Enzo Jannacci, Lino Toffolo, Renato Pozzetto e Bruno Lauzi. Io aprivo lo spettacolo con due o tre canzoni siciliane: musica pseudobarocca, fintoetnica. Nel pubblico c’era Giorgio Gaber che mi disse: Vienimi a trovare! Il giorno dopo andai. Diventammo amici”. Eccoli qua i cosiddetti anni d’oro, dalle parole di Franco Battiato che andava a strimpellare da ragazzino, approdato da poco a Milano, in un locale dal quale passavano artisti che avrebbero fatto parte della storia dell’intrattenimento italiano del Novecento. È bellissimo immaginare questo humus culturale che prende forma, prima del suo sbocciare, quando ancora erano giovani e inesperti, ignari di ciò che li aspettava. Ecco, ora, quelli siamo noi per sempre. Noi, questi. Parliamo di noi, basta parlare di loro con quel romantico tempo imperfetto: usiamo il tempo presente. La Tigre di Carta prende forma come rivista e poi casa editrice dal 2014, dall’idea di Federico Fagotto. Nel 2016 il progetto si estende con l’acquisizione dello spazio Corte dei Miracoli, luogo in cui la Tigre può essere distribuita e molte attività culturali possono prendere forma. La Corte, così, prende sempre più piede nel rigido ambiente milanese, finché non riesce, dalle riaperture Covid 2021, ad ampliare il suo bacino grazie alle situazioni musicali che propone. Da quel momento, per via di coincidenze, di grande lavoro di squadra e della bellezza che offre lo spazio, nel giro di poco tempo la Corte diventa un punto di riferimento musicale per la città e non solo.



Ecco che si ha definitivamente la certezza di rappresentare, coi crismi del presente, un luogo dove tanti anni fa sarebbero passati i grandi artisti in procinto di prendere il volo nel mondo della musica. Grande spessore musicale, e non solo, vive in quel luogo. Personalità forti: giovani, ingenui e autentici. Le menti sono ancora vive, il percorso è ancora da tracciare, nonostante le difficoltà. Quali sono i nuovi approcci? La contaminazione, la diversità che si imbriglia nei meccanismi tradizionali. L’idea di mettere insieme filoni musicali inaspettati, con competenza su più forme d’espressione. L’elettronica con il Jazz, il Minimalismo di Steve Reich con l’Hip Hop di J Dilla, il cantautorato con i sintetizzatori analogici, ma, perché no, anche la musica con i visual, con la poesia, con la tecnologia. E perché? Perché il mondo che cambia passa traverso una serie di fenomeni che toccano l’animo dei giovani, desiderosi di esprimere il loro dissenso, il loro stupore e molto altro: in un presente ultra globalizzato da parte a parte del mondo, la musica non può non provare a rispecchiare quel che accade, ne ha forse l’obbligo. Tutto ciò, a un prezzo molto alto, cioè l’instabilità emotiva. C’è un’evidente percezione trasversale: i giovani ci provano ma stanno male. Infelici poiché succubi di un meccanismo inceppato che tarpa le ali e regala soddisfazioni solo a chi accetta il deal economico. È forse follia di cui esser razzisti, la loro idea? C’è molto dolore nella comunità, e forse solo la possibilità di agglomerarla in un luogo può attenuarla, dando ai singoli il senso del tormento comune. Ed ecco che arriviamo ai momenti di musica dal vivo della Corte dei Miracoli di Milano. Quel luogo rappresenta dunque ora un momento di ricerca della comunità culturale italiana, passando attraverso gli incontri, la contaminazione, ma soprattutto la possibilità che le idee possano essere concretizzate e proposte ad un pubblico. Jacob Collier, Kokoroko, Joe Armon-Jones, Louis Cole, Yussef Dayes, Oscar Jerome, Braxton Cook, The Juju Exchange sono nomi consigliati. Negli ultimi due anni grazie a questo contesto si sono creati decine, se non centinaia, di progetti musicali, tutti diversi. Negli stessi ultimi due anni sono decine e decine i gruppi che sono venuti da altri luoghi alla Corte a suonare: da Firenze a Perugia, da Amsterdam a Bruxelles, tornati a casa con un’esperienza inaspettata. Sono centinaia gli artisti, i musicisti, attori, poeti, scrittori, filosofi, registi, che hanno scambiato idee con la sensazione di poter andare oltre le chiacchiere. L’humus culturale che è sulla bocca di molti nostalgici, talvolta in mano ai giornalisti o alle chiacchiere di un bar, è ora vivo in un luogo di una stoltezza impressionante, nel totale anonimato. Ed è questa, secondo me, la rappresentazione viva e contemporanea di ciò che Battiato citava sul sé da giovane, quando il mondo era diverso e trovare Giorgio Gaber in un locale di musica dal vivo era possibile. Ora, da qualche parte del paese, esistono pochi luoghi con degli Jannacci, dei Battiato, raramente un Demetrio Stratos: tutti felici di essere lì in quel momento, tutti infelici di varcarne la soglia consapevoli di ciò che c’è fuori. Stolti, geni inespressi per colpa del declino della cultura, ancor più competenti dei colleghi di allora quando ogni accordo era una scoperta, trovano un nido e ci si buttano, lottando per un futuro migliore.

La musica scaccia l’odio da coloro che sono senza amore. Dà pace a coloro che sono in fermento, consola coloro che piangono. (Pau Casals)

di John De Martino

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Autore

  • Studia batteria jazz alla Civica di Milano. È un musicista nato, anche se per capirlo ha dovuto studiare per un anno filosofia. Ora vive praticamente nel suo box, dove si esercita e invita gli amici musicisti.

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