Per la protezione del pellegrino

Origine e diffusione del santino

canivet meccanico

L’immagine devozionale, il “santino” come lo conosciamo oggi con le sue misure standard di 11 × 7 cm circa[1], trova le sue radici ben prima dell’invenzione della stampa a caratteri mobili in Europa, ovvero in stampe tratte da incisioni su legno. Queste venivano acquistate con poca spesa e potevano essere poste sopra la testata del letto, per la protezione della casa; sullo stipite della porta della stalla, per la salvaguardia del bestiame; oppure tenute in tasca per la protezione personale.

Il popolo attribuiva, e attribuisce, un forte potere taumaturgico a queste immagini: possederle e poterle toccare diventa un filo diretto con il divino.

Queste immagini entrano nelle case dei più umili, spesso come unica testimonianza di una festa o di un santuario e il loro aspetto grossolano e arcaico appaga gli istinti popolari poiché «il popolo conserva tutta la propria tenerezza verso la vecchia immagine, immobile nella ieratica rigidità della pittura bizantina, in quella deformità primitiva e paurosa che accresce reverenza alla Madonna di Loreto o al Volto Santo di Lucca»[2].

La diffusione di queste immagini sacre avveniva attraverso la vendita, che poteva presentarsi in botteghe dove artigiani, detti Briefmaler, disegnavano, stampavano e coloravano i loro prodotti; in santuari, date ai pellegrini come ricordo della visita[3] oppure attraverso il commercio effettuato da ambulanti di stampe e libri, chiamati colporteurs[4].

I più antichi santini xilografici, ovvero tratti da matrici di legno, erano più piccoli del consueto, erano colorati in maniera approssimativa ed erano eseguiti con uno stile essenziale, senza sfumature ma già attorno al 1510 presentano qualche tratteggio maggiore[5] per poi seguire il gusto del tempo nel Seicento e nel Settecento.

canivet de cani

Tra le figure ritratte sicuramente la più venerata è quella della Vergine, non a caso forse la più antica stampa italiana è la Madonna del Fuoco (1429) che si conserva nel Duomo di Forlì, visto che intercede verso Gesù e fa ottenere il perdono a chiunque si rivolga sinceramente a lei con fede. Queste forme di culto popolari oltrepassano i limiti imposti dalla Chiesa poiché assumono un fervore che rasenta l’idolatria; infatti, nel periodo della Controriforma si è cercato di limitare la diffusione delle stampe dedicate a «orazioni e devozioni vane e superstiziose»[6] ma senza molto successo, anche perché proprio i fautori della Controriforma imposero la regola che prevedeva alcune ore di lavoro manuale in comune nei monasteri per evitare l’ozio. In questa atmosfera nacquero le immaginette manufatte con la tecnica dell’intaglio[7].

Questi santini molto preziosi, chiamati canivets da canif che era il nome del temperino usato per l’intaglio, erano ricavati da un foglio sottile di carta bianca o di pergamena che veniva inciso e poi applicato generalmente su un fondo nero opaco[8], e quasi sempre al centro era posto un medaglione con l’immagine sacra.

Di carattere più popolare sono i santini collages, che vedevano l’utilizzo di svariate tipologie di carta, sete, perline e fili d’oro e d’argento e solitamente ritraevano la Vergine, Piccoli Calvari o Gesù Bambino in fasce.

Sul finire del Settecento e gli inizi dell’Ottocento alcune invenzioni e migliorie nell’ambito della stampa portano delle novità anche nel campo del santino, tra queste le più importanti sono la stampa a punzone e la cromolitografia: con la stampa a punzone si riescono a ottenere dei canivet meccanici (canivet mecaniques) mentre la cromolitografia permette la produzione in serie di immagini di alta qualità; oltre a questo vengono anche provate nuove forme (ovale, a foglia, a cestino di fiori e altro).

Madonna del fuoco

Nella prima metà del XIX secolo il centro della produzione dei santini diventa Parigi, con delle tipografie concentrate nei quartieri di St. Jacques e St. Sulpice[9], e le immaginette sacre trovano diversi filoni di espressione e di riflessione come la caducità della vita; la devozione a Gesù e il simbolismo della Croce. Sempre alla ricerca di novità che destassero stupore e meraviglia gli editori francesi crearono dei santini “a sorpresa”, cioè con più ante ripiegate su se stesse che aprendole rivelavano una o più immagini votive; a fianco di questi si crearono anche dei santini “da viaggio” per offrire una pausa di meditazione al viaggiatore, questi chiusi erano grandi come un bigliettino e una volta aperti rivelavano testi o frasi atte alla riflessione[10]. Tra i tipi di santini quelli più particolari sono quelli, nati intorno agli anni ’70 dell’Ottocento, creati su pasta d’ostia.

La storia dei santini, visti anche come oggetti dal potere taumaturgico, parteciparono come protagonisti anche ai conflitti bellici.

In Italia, ad esempio, durante la prima guerra mondiale i cappellani militari distribuiscono una grande quantità di immagini sacre, tendenti a veicolare un comportamento “cristiano” del soldato[11].

I santini per secoli sono stati espressione di una religiosità popolare che vedeva nell’immagine sacra un amuleto che proteggeva dal male, non si sa quanti ne sono stati prodotti nel corso dei secoli ma sicuramente la maggior parte è andata perduta, sia per via della loro fragilità che per il loro utilizzo frequente. Forma di spiritualità tascabile, è altamente probabile che tra i cassetti e le carte nelle vostre case se ne nasconda qualcuno, dimenticato o meno, ma con ancora quella carica spirituale che proteggeva il suo fruitore nella vita quotidiana.

di Marco Saporiti

Note
[1] D. Sella, Santini e immagini devozionali in Europa. Dal secolo XVI al secolo XX, p. 9, Maria Pacini Fazzi Editore, Pisa, 1997.
[2] P. Toschi, Stampe popolari italiane, p. 35, Electa, Milano, 1984.
[3] A. Bertarelli, Le stampe popolari italiane, p. 31, Rizzoli, Milano, 1974.
[4] Per una storia dei venditori ambulanti di stampe e libri si consiglia la lettura di Colporteurs. I venditori di stampe e libri e il loro pubblico, di A. Milano, Medusa, Milano, 2015.
[5] D. Sella, Santini e immagini devozionali in Europa. Dal secolo XVI al secolo XX, p. 17, Maria Pacini Fazzi Editore, Pisa, 1997.
[6] P. Toschi, Stampe popolari italiane, p. 39, Electa, Milano, 1984.
[7] D. Sella, Santini e immagini devozionali in Europa. Dal secolo XVI al secolo XX, p. 72, Maria Pacini Fazzi Editore, Pisa, 1997.
[8] A. G. Magnien, Canivets de la collection Gabriel Magnien, p. 13, Lescure, Lyon, 1969.
[9] D. Sella, Santini e immagini devozionali in Europa. Dal secolo XVI al secolo XX, p. 130, Maria Pacini Fazzi Editore, Pisa, 1997.
[10] Ibid. p. 163.
[11] L. Borello, Guerra e pace. Religiosità in tempo di guerra, p. 88 in Amor di Patria e Amor di Dio. La religione delle immagini devozionali nei sentimenti delle Nazioni e negli ideali dell’Italia Unita, Bandecchi & Vivaldi, Piombino, 2011.

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Autore

  • Laureato in Storia e Critica dell'Arte, ha una passione infinita per il Rinascimento tedesco, la batteria e la musica progressive. Ha la capacità innata di diventare un'ombra quando è al cospetto di troppe persone.

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