Il racconto di Daniel Bidussa dal titolo <i>La testa d’uovo</i>
La testa d’uovo ha battuto la fronte. Si è aperto la testa, quel crapa pelata. Sbattuto il cervello col sangue rappreso, e scaldato dal sole, ne è uscita fuori una frittata. Che è sparsa sui muri, sul marciapiede e la strada, di via Francesco Sforza. Proprio davanti al tribunale.
La moglie racconta, al suo funerale, di quella sua abitudine: di cercare e cercare, sui libri e i giornali, sui siti e sui blog, risposte per tutto. “Sbatteva la testa per ogni problema” conclude l’elogio.
Il giorno seguente il giudice testimoniò, presso la procura della polizia locale, che la testa d’uovo si era presentato senza appuntamento, né convocazione. “Voleva essere giudicato” pare abbia detto. In tribunale aveva spiegato di aver rubato la scena a un artista di strada. C’era una folla che lo ascoltava, e la testa d’uovo, così, d’impulso, entrò dentro il cerchio citando a memoria le odi di Orazio.
Il poliziotto era confuso per la testimonianza del giudice, proprio non capiva perché dirlo a un giudice. Anche il giudice, non voleva dirlo, non capiva perché giorni prima la testa d’uovo si costituisse. “Non c’è nulla di contrario alla legge” disse il giudice alla testa d’uovo, ma lui insisté. Furto di scena o meglio di piazza, inventò la parola. Voleva essere tutto la testa d’uovo: legislatore, imputato, testimone, giudice, forse perfino dattilografo. Il giudice lo cacciò via in malo modo per la perdita di tempo. Il poliziotto al giudice offrì un caffè e tornò sulla scena.
Per strada il prete provò a intervenire. La testa d’uovo non era cattivo, era curioso. Aveva domande e voleva risposte. E le cercava sbattendo la testa su libri e giornali, sui siti e sui blog, oppure chiedendo opinioni. “La mia la chiedeva spesso” disse il prete al poliziotto, senza capire che l’aveva sempre chiesta solo per smontarla. L’artista di strada nessuno sa chi è, probabilmente uno dei tanti che canta per soldi col cappello in terra, o forse uno di quelli che non sa che altro fare, e allora sta in piazza da solo a cantare. Si sa che era sera, forse aveva quasi finito, e riposava la voce, sentendo in latino quei versi d’amore, mentre si copriva il capo, per rispetto e per contare il guadagno.
Un vecchio cronista scrisse al giornale di quanto accaduto. Il necrologio per la testa d’uovo, suo vecchio amico, di penna perlopiù, e critico feroce. “Sbatteva la testa sui fogli di carta” cominciava l’articolo. Studiando la storia e la filosofia: nulla di male la carta è leggera, e ad attaccarla non rischi che offendere un nobile morto, ma a ottant’anni ha rubato la scena a un artista di strada, che neanche si è accorto del torto subito. Chiudeva l’articolo: “Non so se per distrazione o per volontà, si è sporcato le mani sbattendo la testa, ma questa volta, nel mondo vero, che rispetto ai libri è certo più duro, contro un palo prima, e poi contro il muro”.
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