«Vi è un celebre quadro di Angelo Morbelli, ormai riprodotto in infinite stampe e fotografie. In esso, sul nudo sfondo d’una sala del Luogo Pio Trivulzio, sono dipinti due vecchi rimasti soli nell’ospizio, in un giorno di festa»[1], con queste parole la poetessa Ada Negri ci introduce in maniera diretta ed efficace ad un grande tema iconografico sviluppato dal pittore divisionista Angelo Morbelli (1853-1919) ovvero quello dell’esistenza degli anziani indigenti al Pio Albergo Trivulzio, abbandonati dagli affetti e in attesa della morte imminente.
La pittura di ispirazione verista di fine Ottocento trovava ispirazione sia nella rappresentazione del lavoro che in quella degli strati più emarginati della società, «lavoro, disoccupazione, fame, malattia, vecchiaia e morte condividono in queste opere una dimensione non salvifica, né tantomeno vicina all’aneddoto; testimoniano invece un disagio sociale profondo e diffuso che attraversava non solo l’Italia ma l’intero panorama europeo»[2].
Il pittore si avvicina a questa tematica già nel 1883 quando presenta all’annuale esposizione dell’Accademia di Brera il dipinto Giorni…ultimi!, che gli frutterà il Premio Fumagalli per i giovani artisti, seguito l’anno successivo da Il viatico al compagno moribondo, dove lo sguardo del pittore si posa sul dolore di chi rimane. Dopo anni di lontananza dall’ospizio e dal tema degli anziani Morbelli vi ritornerà «armato di macchina fotografica, che mi [è il pittore che parla] semplificherà molto la bisogna, dandomi un’idea dell’assieme»[3] nel 1889. Gli studi fotografici, seppur non condotti in maniera professionale, saranno essenziali per far maturare la sua pittura poiché «si affretta ad annotare nei suoi quaderni le impressioni cromatiche per poi tradurre con la tecnica divisionista l’irradiazione luminosa, che acquista la massima evidenza proprio nell’immagine in bianco e nero fissata sulla lastra fotografica»[4].
Nel 1892 espone alla Promotrice di Torino Giorno di festa al luogo Pio Trivulzio (Un Natale al Pio Albergo Trivulzio), quest’opera sarà portata nel 1900 all’Esposizione universale di Parigi dove vince la medaglia d’oro e sarà acquistata dallo stato francese che la destina al Musée du Luxembourg (oggi si trova al Musée d’Orsay), ma nel capoluogo piemontese non venne accolta bene, come anche la tecnica di Morbelli che venne definita simile a «quegli abbominevoli prodotti di una miserabile industria veneziana moderna che riproducono opere pittoriche col mezzo di uno strato di minutissime perline di vetro colorato»[5]. Forse è a causa di questa cocente delusione che il pittore tornerà solo nel 1901 al Pio Albergo Trivulzio per realizzare le sei tele che compongono il Poema della vecchiaia.
Inizia la realizzazione di questa serie nell’autunno del 1901, inizialmente si doveva comporre di tredici tele[6], e già nel dicembre del 1902 il ciclo doveva essere ad un buon punto di realizzazione dato che Morbelli chiede di esporre le opere alla Biennale di Venezia che si terrà l’anno successivo. La serie viene accettata ed è esposta nel 1903 nella Sala Lombarda, questa comprende le opere Vecchie calzette, Il Natale dei rimasti, Siesta invernale, I due inverni, Sedia vuota e Mi ricordo quand’ero fanciulla.
Vecchie calzette (1903, Lugano, Collezione Cornèr Branca), descritto dal pittore come «Vecchia calzetta…/la morte ti aspetta/ Calzettanti con funerale fuori finestra»[7], raffigura delle anziane intente a lavorare a maglia. Nell’esposizione veneziana era ben visibile, fuori dalla finestra, la parte superiore di un carro funebre e il suo conducente, questo particolare è stato tolto da Morbelli per rendere il quadro più appetibile alla vendita durante una mostra che si è tenuta nel 1905 a Monaco di Baviera.
Il Natale dei rimasti (1903, Venezia, Cà Pesaro – Galleria Internazionale di Arte Moderna) ritrae degli anziani che, non avendo nessun parente, aspettano in solitudine che qualcuno li venga a trovare durante la festività, Dipinto di grande intensità, «piccolo capolavoro di sentimento e di evidenza evocativa»[8], è tra i primi ad essere acquistato dal Comune di Venezia per la Galleria civica, poi Galleria Internazionale di Arte Moderna.
Siesta invernale (1903, Alessandria, Pinacoteca Civica) presenta, in un ambiente basso e buio, un gruppo di anziane assopite durante l’ora pomeridiana del riposo, dalla finestra si intravede una sottile striscia di strada innevata. Il dipinto rappresenta simbolicamente «i due Inverni, quello della natura e quello della vita»[9]; lo stesso tema è sviluppato anche dal dipinto I due inverni (1903, Collezione privata).
Sedia vuota (1903, Collezione privata) mostra «alcune vecchiette che si sono radunate al solito posto, nel solito circoletto e in una sedia manca una compagna: da una finestra aperta, da cui piove un’allegra luce, si scorge la cupole dell’ombrellone del viatico che frettoloso si avvia dopo aver comunicato per l’ultima volta l’assente»[10]. La visione che si scorgeva fuori dalla finestra ha subito la stessa cancellazione accaduta a Vecchie calzette.
Mi ricordo quand’ero fanciulla (1903, “Il Divisionismo” Pinacoteca Fondazione C.R. Tortona, Tortona) è l’altro grande capolavoro del ciclo, qui in una luce malinconica è ritratto il refettorio femminile dove le anziane, durante il pasto, condividono i ricordi della loro infanzia.
«Il poema della vecchiaia rappresenta, con un’efficacia patetica, mirabile nella sua semplicità, alcune scene dell’esistenza triste e monotona che uomini e donne aggrinziti, incanutiti e curvi dagli anni menano nelle vaste e nude sale dell’ospizio Trivulzio»[11], il ciclo ha la capacità e la forza di indagare, senza pregiudizio o compassione, quel periodo della vita dove tutto si fa più difficile, dove si vive solo di ricordi nell’attesa che qualcuno si presenti per rendere più leggera l’attesa della fine imminente. La grandezza degli anziani di Morbelli sta nella loro minutezza di fisico, ormai segnato e ricurvo, e nel loro silenzio che affronta a viso aperto la morte.
Note
[1] A. Negri, Il poema della vecchiaia in “Corriere della Sera”, 27 agosto 1905, Milano.
[2] G. Ginex, Il poema della vecchiaia. Il silenzio e la luce,in Angelo Morbelli. Il poema della vecchiaia, a cura di G. Ginex, Milano, 2018, p. 16.
[3] Lettera di Angelo Morbelli a Vittore Gubricy de Dragon, 24 settembre 1889.
[4] G. Ginex, Il poema della vecchiaia. Il silenzio e la luce,in Angelo Morbelli. Il poema della vecchiaia, a cura di G. Ginex, Milano, 2018, p. 21.
[5] G. L., Società promotrice di Belle Arti. Arte moderna. II, in “La Stampa”, 23 maggio 1892, Torino.
[6] G. Ginex, Il poema della vecchiaia. Il silenzio e la luce, in Angelo Morbelli. Il poema della vecchiaia, a cura di G. Ginex, Milano, 2018, p. 30.
[7] Ibid, p. 40.
[8] V. Pica, L’arte mondiale alla V Esposizione di Venezia,, 1903, Bergamo, p. 153.
[9] G. Ginex, Il poema della vecchiaia. Il silenzio e la luce, in Angelo Morbelli. Il poema della vecchiaia, a cura di G. Ginex, Milano, 2018, p.56.
[10] L. Callari, La V Esposizione d’arte internazionale di Venezia in “Cosmos illustrato. La V Esposizione di Belle Arti di Venezia”, numero speciale, fasc. 9, settembre 1903, Roma, p. 875.
[11] V. Pica, L’arte mondiale alla V Esposizione di Venezia, 1903, Bergamo, pp. 151-153.