Continuiamo la pubblicazione dei contributi preparati per la serata “COS’È UNA CRISI? – Agorà a cura di Philosophy Slam”, tenuta il 20 ottobre 2021 alla Corte dei Miracoli di Milano. Qui il primo articolo.
Quella sera è iniziata ciò che speriamo sarà una lunga serie di momenti di discussione collettiva sui temi oggi “caldi” nel dibattito politico, culturale, sociale. Dal concetto di “crisi” a quello di “cultura”, dalla funzione della scienza al problema della libertà…, abbiamo cercato e cercheremo di sviluppare sempre di più un percorso di riflessione critica sulla realtà in cui viviamo.
Il prossimo incontro, che prenderà il nome di “Sic et non-Simpliciter”, si terrà il 13 novembre p.v., sempre alla Corte dei Miracoli.
COS’È UNA CRISI?
Se c’è un termine oggi centrale nel dibattito pubblico questo è “crisi”. Crisi sanitaria, crisi ecologica, crisi economica, crisi migratoria, ma anche crisi culturale, politica, sociale. La crisi sembra investire ogni ambito dell’agire umano. Eppure poche sono le occasioni per riflettere sulle implicazioni di questo concetto. Cos’è la crisi? Epoca passeggera di chiaroscuro oppure condizione perpetua in cui siamo immersi? Terremoto che nega il passato oppure occasione rivolta al futuro? Il tema della crisi sarà proposto secondo tre declinazioni: crisi come apertura politica, la dimensione politica della crisi, crisi della biodiversità.
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Chiunque fosse interessato a contribuire al dibattito con un proprio articolo può inviarlo per mail a: collabora@latigredicarta.it.
Le Origini della Vita sulla Terra
Quand’è nata la vita sulla Terra? La risposta risiede probabilmente in alcuni cristalli di zircone rinvenuti nel 2001 in Australia. Le analisi infatti, sembrano dimostrare che possibili origini di forme di vita sulla Terra si aggirano intorno ai 4,4 miliardi di anni fa. Già cento milioni di anni dopo la sua formazione, probabilmente la Terra era abitabile.
Tuttavia, per avere prove certe della vita sulla Terra dobbiamo aspettare circa un miliardo di anni. Il fossile più antico che è stato trovato risale a 3,4 miliardi di anni fa.
Si tratta di una comunità di batteri procarioti (ossia di batteri il cui nucleo non è racchiuso dentro una specifica membrana), scoperti in Groenlandia nel 2016: le prime forme di vita a colonizzare il nostro pianeta costituendo, a tutti gli effetti, una prima forma di biodiversità unicellulare.
Da quei primi, incerti passi, la vita sulla Terra ha fatto grandi passi in avanti. Si stima che, nel corso delle sue dieci ere geologiche, la Terra sia stata abitata da circa 4 miliardi di specie.
Ai giorni nostri, solo nel Dominio degli Eukaryota[1], sono presenti 9 milioni di specie: dalle prime forme di batteri non procarioti alla grande maggioranza di tutte le specie animali e vegetali che conosciamo.
E ne conosciamo davvero poche, se consideriamo che attualmente sono riconosciute e registrate solo il 10% di tutte le specie esistenti e che ogni anno se ne aggiungono, in media, altre 15.000.
Questi dati ci danno un’idea di come la vita si sia sviluppata in diverse forme e abbia ricoperto ogni punto del nostro pianeta, fino a costituire ecosistemi molto complessi che insieme hanno formato quella che chiamiamo “biosfera”.
Ma la vita nel suo percorso ha avuto anche gravi crisi e riduzioni, che hanno portato in totale all’estinzione del 99% delle specie vivente.
E questo ben prima della comparsa dell’uomo sulla Terra, che è databile a circa 200.000 anni fa.
Ora, sappiamo che in 4 miliardi di anni ci sono state cinque grandi estinzioni di massa, note anche come le Big Five.
Com’è noto se contiamo la crisi climatica che stiamo vivendo oggi arriviamo a sei.
Estinzioni/Transizioni
Il primo evento di estinzione di massa, che comportò la scomparsa di gran parte delle forme di vita unicellulare presenti, è conosciuto come “Evento della Grande Ossidazione” (o anche “Catastrofe dell’Ossigeno”) e avvenne circa 3,5 miliardi di anni fa.
Con il progressivo esaurirsi delle molecole organiche presenti sulla Terra, molecole che rappresentavano le prime fonti di energia utilizzate dai batteri, i cianobatteri (o batteri vegetali) iniziarono ad utilizzare la luce come fonte di energia. Il processo di fotosintesi, come si sa, libera però grandi quantità d’ossigeno nell’atmosfera, ossigeno presente, all’epoca, sono in quantità minima.
Il progressivo cambiamento della composizione atmosferica minò l’esistenza stessa dei batteri anaerobici, che viceversa non utilizzano l’ossigeno per i loro processi metabolici, i quali perciò furono condannati ad una minore presenza sulla Terra.
Tuttavia, un piccolo batterio dalla forma di un chicco di riso trasse un grande vantaggio da questo processo di ossidazione.
Assorbendo l’ossigeno e utilizzandolo come fonte di energia questo batterio, oggi conosciuto come “mitocondrio”, riuscì a sopravvivere.
Senza entrare troppo nel dettaglio, il mitocondrio venne poi fagocitato dalla cellula eucariote. Tuttavia, probabilmente a causa dei meccanismi di difesa nel frattempo sviluppati, la cellula eucariote non riuscì ad assimilarlo.
Invece di perire, il mitocondrio sviluppò un rapporto mutualmente simbiotico con la cellula eucariote: da una parte il mitocondrio depositò una parte del proprio corredo genetico nella cellula più grande, dall’altra la cellula più grande usufruiva dell’energia che il mitocondrio le forniva.
Il vantaggio evolutivo fu determinante: dalla singola coppia di cellule si svilupparono strutture pluricellulari sempre più complesse e diversificate, di cui noi stessi siamo composti.
Senza questa prima estinzione, la vita come la conosciamo oggi non si sarebbe sviluppata.
Proprio per questa ragione, è stato proposto di sostituire il concetto di “estinzione” con l’espressione “transizioni biotiche”. Un’espressione capace di fornire una visione molto più ampia del processo evolutivo e delle sue crisi, che non sono mai definitive nella sua totalità. Utilizzando una metafora, anch’essa proposta nel dibattito scientifico, l’evoluzione procede attraverso strettoie simili a quelle rappresentate dai colli di bottiglia.
Immaginiamo una bottiglia riempita con biglie di diverse dimensioni, dove ogni diversa dimensione rappresenta una diversa specie vivente, capovolgendo la bottiglia quindi simulando una transizione, le poche biglie che riescono ad uscire vengono considerate le specie più adatte a sopravvivere e quindi a superare quella transizione per poi evolversi e generare una nuova ricchezza di biodiversità.
La Sesta Transizione
Arriviamo quindi alla sesta estinzione causata da noi, Homo Sapiens, una delle tante specie eredi della prima grande estinzione. Se ci pensiamo la crisi della biodiversità che stiamo attraversando ha un punto in comune con la Catastrofe dell’Ossigeno: noi oggi siamo organismi capaci di produrre dei gas che alterano la composizione dell’atmosfera terrestre. Gas prodotti direttamente dalle nostre industrie, i nostri trasporti, l’agricoltura e che il cui assorbimento è rallentato da vari fattori, in primis la deforestazione.
Si stimano infatti 33 Giga-Tonnellate (1 giga-tonnellata è pari a 1 miliardo di tonnellate) di anidride carbonica presente in atmosfera nel 2019. Questa quantità rende difficile, proprio come in passato con l’ossigeno, l’assorbimento e la gestione efficiente da parte della Terra.
Ma c’è una differenza rispetto alle transizioni biotiche del passato. Anzi due: il tempo e l’intensità della transizione.
Partiamo dal tempo. Nella storia della vita sulla Terra i tempi delle transizioni biotiche sono stati enormi. In genere hanno coperto un arco di milioni di anni. Nel nostro caso, invece, la finestra temporale in cui possiamo agire per evitare la sesta transizione, per evitare cioè che il fenomeno diventi irreversibile, si conta al massimo nell’ordine di centinaia di anni, se non di decine. Basti solo pensare che gli studi più recenti danno ormai per certo il superamento del tetto di 1,5°C che ci eravamo posti alla Conferenza di Parigi del 2016 (e sono passati solo 5 anni da allora!) per avere una misura della velocità con cui corriamo verso la sesta estinzione.
Il secondo punto riguarda l’intensità, e anche questa non ha precedenti nella storia. Si è stimato che andrà ad incidere sul tasso di estinzione dalle 100 alle 1000 volte in più rispetto alle cinque estinzioni di massa precedenti. Inoltre quasi il 40% delle specie vegetali totali è in grave rischio di estinzione, il che causerebbe non solo danni all’industria agricola (e di conseguenza alle capacità alimentari globali), ma infliggerebbe un danno irreversibile anche a tutti gli ecosistemi presenti, di cui le piante sono la spina dorsale. L’effetto cascata sulla catena alimentare di tutte le specie viventi sarebbe di proporzioni difficilmente immaginabili.
Come si suol dire: anche non agire è un’azione, anche non scegliere è una scelta. Il lassismo dei governi mondiali, l’incapacità di interrompere la transizione che stiamo vivendo, sarà fatale. E contro ogni catastrofismo, che annuncia la prossima fine del mondo e la scomparsa di ogni specie vivente dal globo, bisogna ribattere che la vita trova sempre un modo per andare avanti. Che l’estinzione non sarà universale e forse non coinvolgerà nemmeno tutti gli esseri umani. Ma che il prezzo più alto della crisi verrà pagato dalle popolazioni più fragili, non solo economicamente ma anche per la loro posizione geografica (vivendo in parti del mondo dove il cambiamento colpirà con maggiore intensità). Mettere mano ai guasti che abbiamo causato, salvaguardare la biodiversità presente oggi, senza pretendere di domesticare tutto ciò che ci circonda, non farà di noi degli eroi. Permetterà soltanto di trovare la strategia per uscire da una crisi, perché il nuovo nasce e si evolve sempre sulle orme del passato.
Bibliografia:
Wilde S.A., Valley J.W., Peck W.H. and Graham C.M, Evidence from detrital zircons for the existence of continental crust and oceans on the Earth 4.4 Gyr ago, Nature, 2001
Lee Sweetlove, Number of species on Earth tagged at 8.7 million, Nature, 2011
Barnosky A., Matzke N., Tomiya S. et al., Has the Earth’s sixth mass extinction already arrived?, 2011
Holland Heinrich D., The oxygenation of the atmosphere and oceans”. Philosophical Transactions of the Royal Society, 2006
Gross J., Bhattacharya, D., Uniting sex and eukaryote origins in an emerging oxygenic world, August 2010
Sperling E., Frieder C., Raman A., Girguis P., Levin L., Knoll A., Oxygen, ecology, and the Cambrian radiation of animals, August 2013
Lande R., Genetics and demography in biological conservation, Science 1988
Lynch M., Conery J., Burger R., Mutation accumulation and the extinction of small populations, The American Naturalist 1995
Gilpin M.E., Soulé M.E., Minimum viable populations: The processes of species extinctions, 1986
Global CO2 Emissions in 2019 around 33 Gygatons, 2020
Global and future distribution of rarity across land plants, 2019
Estimating the Normal Background Rate of Species Extinction 100-1000 times, 2014
Note
[1] In biologia un eucariote è, cito dalla Treccani: «[un] organismo costituito da una o più cellule che, per definizione e in contrapposizione con quelle procariotiche, hanno un nucleo ben differenziato che contiene la maggior parte del DNA cellulare, racchiuso da un involucro poroso formato da due membrane».