C’è un instancabile moto perpetuo che scandisce il tempo della nostra vita. Un metronomo le cui tacchette “Grave” e “Allegro” assumono un significato diverso da quello che ci aspetteremmo. Nel corso dei secoli ha assunto il simbolo antonomastico della vita stessa e delle emozioni; stiamo parlando del cuore.
La sua eterna presenza lo rende prevedibile, certo, sempre disponibile sulla sinistra del petto e il suo misterioso funzionamento lo fa, di tanto in tanto, sembrare battere in altri punti del corpo a sua scelta. Ma questo organo cela molta più meraviglia di quanto appaia.
Chiunque è ormai a conoscenza del fatto che il muscolo miocardico si comporta come una sorta di “pompa” incaricata alla circolazione del sangue, il quale svolge la funzione di ossigenare i tessuti muscolari e smaltire le sostanze di scarto, ma in ogni singolo e unico battito avviene un piccolo miracolo.
Proviamo per un attimo a bypassare le mere funzioni fisiologiche del cuore per lasciare spazio al valore esistenziale di quest’organo. E ora chiediamoci: cos’è un cuore?
Il cuore è passato, presente e futuro.
Passato
In quest’epoca l’esistenza dell’individuo è sinonimo di coscienza e quindi di cervello. Ma quando si inizia a sviluppare una propria coscienza, il cuore batte già da parecchio. Infatti nell’embrione umano il sistema cardiovascolare, capitanato dal cuore, si forma durante la terza settimana di gestazione. Dopo soli 16 giorni dal concepimento il nostro tamburo interiore ha già iniziato a suonare.
La ragione per cui per vivere abbiamo bisogno che il cuore batta è che le molecole di emoglobina si devono muovere per tutto il corpo, ossigenando i tessuti. Se proviamo a fare un salto microscopico nella molecola dell’emoglobina, troviamo alla sua base un molecola chiamata Heme B, il cui centro è formato da un singolo atomo di ferro. In poche parole, il “cuore” del nostro cuore è un atomo di ferro. Gli studi ci suggeriscono che è proprio questo atomo che permette all’ossigeno di legarsi al sangue e, quindi, ci permette di vivere.
Ma da dove arriva questa particella? Per saperlo facciamo un altro salto, questa volta macroscopico, e andiamo a vedere come si forma il ferro nell’universo. In principio nel macrocosmo non c’era alcun ferro. È solo grazie alla collisione e all’esplosione di stelle che lo spazio si è riempito di ferro, lo stesso ferro che ora scorre nelle vene di ognuno di noi.
In ogni battito del nostro cuore è racchiuso tutto il passato non solo dell’uomo, ma della vita stessa nell’universo. Questo ci rende appartenenti a un sistema che ha impiegato miliardi di anni per farci esistere, attraverso lunghissimi processi che ci hanno portato a vivere oggi su questa Terra. Si può dire che in ognuno di noi scorre letteralmente l’essenza del nostro passato.
Presente
“Batticuore”, “cuore spezzato”, “cuore in gola”, “avere il cuore pesante”. Ci sono decine di espressioni che pongono il cuore in relazione alle emozioni. Questo perché fino a poco fa si credeva che fosse proprio lui a farne da orchestratore.
In che modo le emozioni sono correlate al nostro cuore? Le emozioni sono degli stati psicofisici momentanei che occorrono in reazione a stimoli esterni. Secondo Darwin la loro funzione consisterebbe nel preparare un individuo a reagire alle diverse situazioni, inviando una risposta immediata finalizzata alla sopravvivenza.
Oggi si sa che è in realtà il cervello a causarle, ma c’è comunque qualcosa di inspiegabile che accade al cuore quando proviamo una forte emozione.
Secondo uno studio condotto dal cardiologo Sandeep Jauhar le emozioni influiscono in maniera fisica sul muscolo cardiaco, modellando la sua forma per un determinato periodo di tempo. Gli studi sono stati condotti su una malattia chiamata cardiomiopatia takotsubo o “sindrome del cuore spezzato”. Questa disfunzione comporta una deformazione del cuore, il quale assume una forma simile a quella di un vaso giapponese takotsubo, da cui il nome, che presenta un’ampia base, un collo stretto e un rigonfiamento delle estremità. La sindrome del cuore spezzato si risolve di solito in poche settimane, ma nella sua fase più acuta può portare insufficienze cardiache, aritmie e persino la morte.
Ma la cardiomiopatia takotsubo è stata osservata anche in seguito ad episodi di natura diversa, come la reazione a una festa a sorpresa o momenti felici. In questo caso però, la forma del cuore tendeva a rigonfiarsi nella parte centrale.
Questo strano e finora arcano fenomeno rimane un mistero dal punto di vista medico, ma fa ragionare sul rapporto che le emozioni hanno con il nostro corpo. Il cuore potrebbe non originare il nostri sentimenti ma sicuramente è soggetto a questi. In un certo senso guardando come reagisce il cuore abbiamo una prospettiva di come viviamo la nostra vita emozionale. Sebbene quindi il presente sia un concetto sfuggevole e inconcreto per la nostra mente, non lo è per il nostro cuore che reagisce agli avvenimenti in maniera immediata e spontanea.
Futuro
La morte di un essere umano è stabilita dalla cessazione delle funzioni dell’encefalo e del battito cardiaco.
Da poco più di 50 anni a questa parte, lo studio del cuore è stato approfondito e la cardiochirurgia è stata in grado di compiere un vero e proprio miracolo: far resuscitare un morto.
Iperboli a parte, quello di cui stiamo parlando riguarda la possibilità di far riprendere a battere un cuore che si è fermato da non molto. Le discipline mediche stanno facendo passi da gigante dal primo trapianto di cuore fatto nel 1967 (solo due anni prima dell’allunaggio dell’uomo).
Il cuore può continuare a battere nonostante non sia all’interno del corpo e attaccato al cervello. Infatti l’involontarietà del battito del cuore è dovuto a un fenomeno che gli permette di produrre una scarica elettrica che contrae gli atri facendolo funzionare.
Se un cuore viene fornito delle sostanze nutritive e alimentato può continuare a battere anche fuori dal corpo.
Nel cuore può esserci il seme del futuro non solo perché c’è la possibilità di farlo battere anche dopo che si è fermato.
L’aspetto più affascinante delle scoperte in ambito cardiochirurgico deriva proprio da ciò che si può fare con il cuore di una persona morta. Ipotizziamo che non ci sia più nulla da fare per una persona, ma che il suo cuore sia ancora buono e possa essere utilizzato per far sopravvivere qualcuno. Ecco che la medicina contemporanea ci viene incontro grazie ai trapianti.
«Dopo l’intervento sarà ancora in grado di amarmi?» domandava la moglie di Louis Washkansky il primo paziente a subire un trapianto di cuore. Oggi sappiamo che sì, non solo sarà ancora in grado di amare, ma potrà farlo per più tempo rispetto a quello che avrebbe avuto se non avesse ricevuto il dono di un cuore nuovo.
In visione di un mondo più unito e rivolto verso il bene comune, non c’è cosa migliore che l’idea di poter donare il proprio tamburo interiore a qualcuno che potrebbe farlo suonare ancora per molto.
Arriva da un passato remoto, ci accompagna in ogni attimo del presente e può donare altra vita futura. Dovremmo ricordarci di tanto in tanto di prestare ascolto al nostro cuore, per sentirne l’ovattato e saggio battito o solo per farci portare dove vuole lui.
di Simone Radaelli
Collages di Giuseppe Conti
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