Appunti per crononauti che vogliono evitare imprevisti spaziotemporali
Viaggiare nel tempo: passare da un’epoca storica all’altra ispezionando com’è davvero andato l’assassinio di Cesare e sbirciando quando l’uomo andrà su Marte. All’improvviso si potrebbe scegliere di passare le vacanze non a Roma ma nella Roma del Cinquecento, con la tranquillità (quando arrivano i Lanzichenecchi) di premere un pulsante e tornare ai comfort del mondo moderno. L’idea di viaggiare nel tempo è comune nella letteratura, specie in quella fantascientifica, e altrettanto frequente nella cinematografia; ma cosa dice la scienza a riguardo?
In questa rubrica ho più volte cercato di evidenziare come la scienza e in particolare la fisica siano sempre state la viva testimonianza dell’evoluzione del pensiero dell’uomo. Questo fatto è ancor più evidente nella discussione di questa tematica, che inevitabilmente poggia sulla riflessione dell’uomo sul concetto di “tempo”.
La fisica, per secoli, ha considerato il tempo a partire dall’esperienza comune e dalla conoscenza classica della Natura, secondo cui il tempo (un po’ alla Eraclito) è niente più che l’immagine dell’acqua di un fiume: lo scorrere inesorabile degli eventi. In questa prospettiva, l’unidirezionalità è garanzia del principio di causalità, secondo cui dalla causa discende l’effetto.
In realtà, è pur vero che le leggi della dinamica sono reversibili nel tempo: con un cambio di variabili si può attivare il tasto rewind. Serve arrivare all’Ottocento perché il concetto di “entropia” diventi la realtà fisica in grado di conferire la direzione al tempo. Boltzman si rese conto infatti che il calore è manifestazione macroscopica di uno stato di agitazione delle molecole che compongono un corpo; un’agitazione che si diffonde generando disordine. Egli notò così che tutti i fenomeni naturali sono soggetti a una propensione naturale per l’aumento del disordine, di entropia: in altre parole, la Natura ha una direzione preferenziale secondo cui tende a scegliere un’evoluzione in grado di massimizzare il “rimescolamento” delle carte in tavola (però non usatela come scusante se avete la scrivania in uno stato vergognoso).
Per i viaggi nel tempo, così, la strada sembrerebbe sbarrata. La fisica del Novecento ha invece poi detto la sua sul concetto di tempo: le teorie della relatività di Einstein (speciale e generale) hanno dimostrato che il tempo va a tessere un continuum spazio-temporale insieme alle tre dimensioni spaziali e che subisce deformazioni in presenza di velocità significative rispetto alla velocità della luce e intensi campi gravitazionali.
Effetti di distorsione nel tempo sono riscontrabili quindi nei sistemi di riferimento in moto: la relatività speciale dimostra infatti che la durata di uno stesso evento risulterà maggiore se misurata in un sistema di riferimento in moto, rispetto a quello assunto come solidale con l’evento. Nel 1941 il fisico Joseph Hafele e l’astronomo Richard Keating caricarono su un Boeing 747 un orologio atomico (tra gli strumenti più precisi nella misurazione del tempo) dopo averlo sincronizzato con uno a terra. Al termine di un viaggio attorno al mondo a circa 800 km/h, i due scienziati riuscirono a misurare discrepanze tra l’orologio a bordo e l’orologio di riferimento, dimostrando che l’orologio del velivolo riportava qualche frazione di secondo di differenza rispetto all’orologio posto a terra.
Il risultato della loro misura era anche influenzato da molti altri fattori, tra cui, in lievissima misura, la correzione legata alla relatività generale. La relatività generale prevede che forti campi gravitazionali siano in grado di rallentare lo scorrere del tempo: ai bordi di un buco nero, il tempo si ferma. Alterazioni della superficie terrestre (già di suo non perfettamente sferica, tanto più a causa delle deformazioni legate alle maree) possono influenzare in minima parte la velocità con cui scorre il tempo. Non si tratta tuttavia di correzioni a priori superflue: i satelliti in orbita attorno alla Terra a causa di questi effetti si disallineano rispetto alle misure terrestri di 40 microsecondi al giorno; capirete che senza le correzioni di Einstein, potreste dire ben presto addio alla precisione del vostro GPS.
Abbiamo passato in rassegna teorie fisiche che discutono del tempo e che lo rendono meno assoluto di quanto pensassimo in principio; ma come “accelerarlo” per trovarci nel futuro? Muoverci a velocità superluminali (oltre cioè la velocità della luce) ci permetterebbe di arrivare a uno scorrere del tempo negativo, in cui quindi il “nostro futuro” diventerebbe il passato di tutti gli altri corpi e le conseguenze precederebbero le cause; tuttavia, come a controbilanciare questo risultato ottenuto, Einstein prevedrebbe per noi anche una massa “immaginaria”… pensiamoci due volte.
Ma se anche riuscissimo a viaggiare nel tempo, in quante situazioni paradossali potremmo trovarci? Un ottimo compendio di tutte queste casistiche è ovviamente la celebre trilogia Ritorno al futuro di R. Zemeckis con M. J. Fox e C. Lloyd, che senza coinvolgere Einstein mi riporta… nel passato della mia infanzia.
Innanzitutto, si dovrebbe considerare un paradosso di coerenza: se volessimo intervistare in diretta, al fronte, il nostro trisavolo che combatté nelle guerre di indipendenza, potremmo rischiare di distrarlo dalla battaglia causandogli una ferita mortale da arma da fuoco da parte del nemico. Così facendo, noi non saremmo nati, ma allora non avremmo neanche potuto avere la bella idea di organizzare l’intervista che gli è costata la vita, no?
Esiste poi un problema di conservazione: il mio corpo che riesce a viaggiare nel tempo, al momento dell’“atterraggio” è una massa che comparirebbe praticamente dal nulla nell’Universo di quel preciso istante, violando molte delle leggi fisiche (oltre che logiche) esistenti, a meno di estendere le leggi di conservazione di massa ed energia a quattro dimensioni, includendo quella temporale.
Infine, se volessimo vedere noi stessi nel futuro, una volta partiti ci assenteremmo dalla nostra vita contingente: tutti gli eventi continuerebbero senza di noi mentre stiamo viaggiando, ma così non potremmo mai incontrare il nostro alter-ego di domani, che sarebbe, per così dire, assente giustificato.
Cari i miei crononauti, credo abbiate capito che il viaggio nel tempo può essere piuttosto surreale, da un punto di vista scientifico ed esperienziale. Un’unica rassicurazione: alcuni scienziati, tra cui Stephen Hawking e Roger Penrose, hanno suggerito che nel momento in cui si cercasse di mutare il passato potrebbe entrare in gioco una sorta di “censura cosmica” che, a protezione della catena degli eventi, impedirebbe, ad esempio, l’intervista tra voi e il vostro trisavolo, se essa dovesse avere impatto sull’evoluzione dei fatti. Se così fosse, però, che ne sarebbe del libero arbitrio? Come farebbe l’universo ad “accorgersi” che qualcosa non va? Quale scala di priorità considererebbe?
Di fronte a questi interrogativi esistenziali viene naturale concludere con un: «Grande Giove!».