Tolo Tolo e la bolla di San Patrizio

In un’epoca in cui sui social le parti politiche avverse s’accusano vicendevolmente di non sapere interpretare il mondo e di vivere in una bolla di sapone mediatica, Zalone ricorda agli italiani tutti, di destra e di sinistra, che a vivere in una bolla d’irrealtà è ormai tutto il paese.

«Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?»
Ecce Bombo, Nanni Moretti

«Giosué: Papà, ma noi in libreria facciamo entrare tutti…
Guido: Ok, da domani ce lo metto anch’io un cartello. Chi t’è antipatico?
Giosué: Boh, a te?
Guido: A me mi sono tanto antipatici i visigoti e i ragni. Perciò ci scrivo: “Vietato l’ingresso ai ragni e ai visigoti!”».
La vita è bella, Roberto Benigni

Un addetto ai lavori che ci si accinga a commentare il film commerciale d’un comico nazional-popolare, d’un regista di «cinepanettoni», rischia sempre di passare tra Scilla e Cariddi, sia che si decida di parlarne bene, sia che voglia parlarne male. Può apparire schierato col regista del momento, colui che va per la maggiore e piace alle masse e, quindi, un conformista, oppure, al contrario, fare la figura dello snob parlando male del film o non parlandone affatto. Da qui la tentazione forte di scegliere una via di mezzo: «Sì, il nuovo film è bello, ma quello precedente faceva più ridere». Insomma il dilemma amletico di Michele Apicella («Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?») attanaglierà i critici cinematografici. Pertanto siate buoni con loro.

Fortunatamente per trarsi d’impaccio è sufficiente guardare direttamente al senso e al valore del film in sé. Che tipo di film è Tolo Tolo? Un film comico, certamente, ma di che tipo? È satira o parodia? Tolo Tolo è un film leggero che enfatizza e fa una caricatura dei personaggi e dei loro difetti per strappare un sorriso per un sorriso, una risata per una risata (cioè quel che fa di norma la parodia)? Oppure la caricatura dei protagonisti vuole incitare il pubblico, oltre a una briosa catarsi, anche una riflessione critica, a un mutamento del sentimento sociale o addirittura a un cambiamento dell’atteggiamento politico (che è quel che dovrebbe fare la satira)? In verità non è facile capirlo (e già questo dovrebbe dirci qualcosa sul film).

Sappiamo che il film ha usato una strategia di comunicazione che mirava a catturare la benevolenza d’una parte precisa della società e dello schieramento politico italiano: quello che, per usare una brutta parola, si (auto)definisce «sovranista» e che a torto o ragione teme o comunque non ama gli immigrati. Questa parte del pubblico italiano è attualmente una minoranza politica piuttosto corposa nel paese.

Poiché è corposa ma in minoranza subisce la tentazione ad alzare la voce e di non ascoltare le opinioni discordanti, mentre, in quanto è minoranza ma corposa, cede alla tentazione di sentirsi perseguitata. Zalone (furbamente) ha invitato questo pubblico a vedere il suo film attraverso un trailer in cui un immigrato viene presentato come un personaggio simpaticamente scroccone e, tutto sommato, anche molesto. Insomma una bella strizzatina d’occhio. Dato che il tema sarebbe politico, diamo un punto alla tesi che Tolo Tolo si prefigga d’essere una satira (magari di destra).

Peccato che (e qui v’è del genio) la scena che vediamo nel trailer sia assolutamente assente dal film e si configuri come un videoclip a se stante d’una canzone, immigrato, di Zalone (ricordiamo a tutti che Checco nasce come cantante). Un videoclip che costituisce una doppia parodia: la presa in giro d’una categoria, quella dei lavavetri, e la canzonatura di uno stile musicale, quello dell’italiano di Toto Cutugno.

Nelle nostre città (e la cosa avrebbe dovuto indurre al sospetto) non si incontrano però quasi più lavavetri ai semafori. La stragrande maggioranza dei lavavetri è stata vittima di una sostituzione (etnica?) da parte dei buskers, cioè degli artisti di strada. Dato che i soggetti presi di mira con la canzone sono oggi inesistenti (e quindi questa non può veramente infastidire nessuno se non forse Toto Cutugno) e dato che la canzone parodistica è un elemento fondamentale di Tolo Tolo (tanto che il film si potrebbe configurare a tratti quasi come un musical) questo elemento dovrebbe indurci a credere che Tolo Tolo sia una parodia. Satira vs parodia: uno a uno e palla al centro.

Eppure il film affronta un tema di grande spessore: quello dell’immigrazione e dei viaggi della speranza verso l’Europa (intrapresi da centinaia di migliaia di persone ogni anno). Lo fa con la tecnica del road movie e del ribaltamento di prospettiva, mostrando un italiano messo nella condizione di dover affrontare in clandestinità un viaggio verso l’Europa. Certo, quello del viaggio della speranza è senz’altro il motore della storia, eppure a mio avviso è facile ingannarsi, perché la prima cosa da chiarire, al di là della questione seTolo Tolo sia una parodia o una satira, è che il soggetto del film non è l’immigrazione, non sono gli immigrati e non è il razzismo.

Il soggetto in questione sono gli italiani e il loro rapporto con il resto del mondo e, in misura minore, come il mondo vede gli italiani (banalmente un po’ Prada un po’ Pasolini). Anche quando tangenzialmente Zalone tocca il tema del razzismo lo fa per mettere in caricatura un aspetto del carattere degli italiani: l’ignoranza.

Ignoranza che non va intesa, qui, come semplice mancanza di cultura o di scolarizzazione, come difetto nella possibilità d’accesso alla informazione, ma come la pervicace volontà di ignorare e di non voler sapere veramente nulla di come gira il mondo e di ciò che ci circonda (o di accoccolarsi nella spiegazione che più ci aggrada). Ne viene fuori una caricatura dell’italiano medio come egoista, materialista, attaccato al denaro (anche più che alla famiglia) egocentrico, vanesio e, infine, così irrimediabilmente mentalmente pigro da rifiutarsi di voler approfondire la realtà, finendo con l’essere totalmente scollegato da questa.

In un’epoca in cui sui social le parti politiche avverse s’accusano vicendevolmente di non sapere interpretare il mondo e di vivere in una bolla di sapone mediatica, Zalone ricorda agli italiani tutti, di destra e di sinistra (il siparietto con Vendola è esilarante) che a vivere in una bolla d’irrealtà è ormai tutto il paese. Il qualunquista protagonista di Zalone tende infatti a estraniarsi nel suo mondo magico, fatto di pregiudizi e luoghi comuni (specie sulla «gnocca») in cui può immaginarsi, libero, un paese senza tasse o in cui la corruzione sia talmente alla portata di tutti da essere infine democratica. Un mondo che non c’è e neanche potrà mai esserci.

L’italiano medio di Zalone sembra caduto con una bolla in un pozzo di San Patrizio ricco di allucinazioni più che di desideri. Tanto che il protagonista ricorda a tratti una versione grottesca della Bjork di Dancer in the Dark che balla sul treno. Il protagonista di Tolo Tolo ammicca sicuramente anche a certi personaggi di Alberto Sordi, tra quelli più meschini (tanto amati in Italia e tanto incompresi all’estero), non tanto perché vive rinchiuso in una bolla di fantasie irrealizzabili, quanto per il fatto che dimostra di non voler proprio uscirne. Perché uscire significherebbe cambiare o, peggio, dover impegnarsi a cercare di cambiare il mondo (come fa la donna di cui s’innamora il protagonista). Solo la simpatia (inizialmente interessata) verso un ragazzino che deve raggiungere l’Italia e a cui Zalone insegna a nuotare (salvandogli così la vita) lo distoglie dal suo mondo fantastico e lo riporta alla realtà. Però è solo per un attimo.

Zalone, dunque, non si limita a fare la caricatura della nostra ignoranza, ma ne individua la causa in un preciso aspetto del carattere nazionale. Lo stesso che portò alla vittoria Berlusconi nel ‘94 grazie a un milione di posti da illuso. Gli italiani sono ignoranti perché sono un popolo di sognatori. Quello che potrebbe essere un aspetto simpatico e umanamente condivisibile del nostro carattere, la tendenza appunto a fantasticare, nel film diventa il principale difetto che affligge l’italiano medio.

Un film così non può che essere una parodia. Perché se Zalone avesse voluto fare una satira sarebbe probabile che in lui ci sia un lume di follia. È impensabile credere di poter cambiare (come ambisce a fare la satira) un aspetto tanto profondo e connaturato del nostro modo di essere. Toccategli il Breil agli italiani, ma non la loro bolla. Così il lieto fine del film di Zalone lascia un po’ l’amaro in bocca, quanto quello de La vita è bella di Benigni. Se lì la fantasia e l’immaginazione salvavano la vita al bambino nel campo di concentramento, qui il cartoon finale di Tolo Tolo non fa che confermare che, a causa della volontà di sognare, gli italiani hanno lasciato e continuano a lasciare fuori dalla porta ben più dei ragni e dei Visigoti di Guido, ma anche ben più degli immigrati indesiderati. Gli italiani di Zalone hanno lasciato fuori prima gli italiani; quegli italiani che avrebbero potuto essere e che non saranno mai; hanno lasciato fuori il loro futuro.

di Amedeo Liberti

Autore

  • È redattore de La Tigre di Carta. Dopo gli studi di Filosofia e in Analisi e Gestione dell'Ambiente e del Paesaggio, si dedica alla sua terza grande passione assieme a Pensiero Teoretico ed Ecologia, fare il videomaker. Un suo corto "La Banalità Del Mare" è stato accettato al XIII Siena Short Film Festival. Oggi lavora come proiezionista per la Fondazione Cineteca Italiana. In pratica è sempre al cinema.

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