La quotidianità ha permesso lo svilupparsi di questo concetto nato per motivi politici, sociali, giuridici. L’innuendo ha ormai una veste comune e ben percettibile, seppur nascosta dietro alla natura stessa del suo termine: insinuazione.
Nel cinema, nonostante quella manciata di trame già trite, il punto di vista ambiguo dell’innuendo si è fatto spazio, raccontando la vita attraverso le osservazioni degli autori che hanno partecipato al festival.
Il carattere allusivo dell’innuendo, mischiato alla potenza del mezzo cinematografico, riesce a far emergere un cinema dallo spirito nevrile, bizzarro e spassoso.
Tra i vari cortometraggi che sono stati presentati nella serata del 12 settembre 2018 alla Corte dei Miracoli, si è potuto notare come il ritorno a generi più classici, che profumano di slapstick, fossero miscelati a esercizi di stile che tendono alla video-arte. Il tutto tessuto sulle trame del classico viaggio narrativo che tutti riconosciamo e apprezziamo.
A Green Street è toccato aprire le danze. Il film del regista iraniano Solmaz Etemad trattava la semplice storia di un uomo che decide di regalare al suo amico qualcosa di speciale, una cosa che non si dimentica specie se è la prima volta. Un cortometraggio estremamente semplice e leggero ma con un forte potenziale ironico.
Mentre ancora si sorrideva per il corto iraniano, The Blogger ha fatto il suo ingresso sullo schermo. Girato con un filtro più occidentale, Lorenzo Sterzi ha saputo portare nel mondo attuale e giornaliero di ogni persona l’innuendo per eccellenza dei nostri tempi: la vita fittizia del social.
Senza cambiare le cabrature dello stile occidentale, Joe Kicak ha aggiunto al suo film Mast Kill Karl una vena grottesca. La storia viaggia sul concetto che ogni gruppo ha quell’amico di cui tutti si vorrebbero sbarazzare per i più disparati motivi. Questo gruppo in particolare decide di andare oltre al semplice desiderio di non vedere più il pedante Karl, ma di eliminarlo in maniera più permanente. Un film frizzante dai ritmi sincopati e dai dialoghi convincenti.
Si ritorna al cinema per immagini che non necessita parole, lo stesso che Buster Keaton e Charlie Chaplin hanno fatto diventare leggenda. Show, don’t tell: è questo il dogma di ogni autore cinematografico. I cortometraggi The Lick e Georgia O’Keeffe and Me, sebbene molto diversi come genere, hanno tentato di sperimentare un mash up stilistico.
The Lick racconta una storia surreale, mossa dal desiderio di essere qualcuno che conta in un mondo in cui il suono esiste, ma non è importante per riuscire a comprendere ciò che ci circonda.
L’innuendo di Georgia O’Keeffe and Me è più concettuale e chiama a raccolta alcune divinità del mondo artistico tra cui Tolstoj e Georgia O’Keeffe per raccontare come l’arte ci richiami a sé indipendentemente dalla nostra condizione e situazione.
L’Innuendo Film Festival continua questa settimana con altre proiezioni che promettono di dare una visione ancora più caleidoscopica della società, sempre secondo il mezzo velato dell’innuendo.