“Informazione consapevole”, “libertà di scelta” e “firma” sono tutte parole che utilizziamo spesso e diritti quasi scontati. Ma dietro a ogni lettera che compone questi termini e alla loro definizione, si nascondono lotte, sconfitte e vittorie di centinaia di persone che hanno consolidato questi ideali trasformandoli in leggi, le quali garantiscono diritti e comportano doveri per ogni cittadino contemporaneo, ovviamente in forme differenti in base al continente nel quale si nasce.
Ogni ideale citato ha una storia in molteplici ambiti della nostra società, come la firma per il diritto al voto, la libertà intesa come libertà di parola, la fruizione di informazioni che diventa consapevole per ogni persona che ne entra in possesso, e molti altri esempi. Questi sono tutti argomenti ampiamente dibattuti pubblicamente, che entrano a far parte della nostra vita a partire dalle prime ore della giornata, quando banalmente accediamo a una qualsiasi pagina di informazione pubblica.
Ma non in tutti i settori vige una così ampia conoscenza globale. Infatti, per quanto riguarda la medicina e la sperimentazione clinica, poche sono le nozioni che arrivano alla nostra conoscenza, poco si sa di tutte le battaglie susseguitesi per ottenere dei riconoscimenti. Ciò accade anche perché nell’arco della vita, fortunatamente, non tutte le persone accedono con regolarità a cure mediche o si approcciano alle sperimentazioni.
Da sempre l’essere umano ha cercato di comprendere la complessità della propria fisiologia, di riconoscere le malattie e classificarle. La storia della medicina segue di pari passo la storia dell’uomo sia nelle aberrazioni che nelle grandi vittorie. Per renderci conto di quanto essa sia antica basta pensare che le prime informazioni mediche sono racchiuse nei papiri degli antichi Egizi (circa 3000 a.C.). Il primo testo di medicina fu scritto nel II millennio a.C. dal medico Esagil-kin-apli . Nell’antica Grecia e durante l’Impero Romano, numerosi sono i nomi di coloro che hanno praticato e consolidato la professione del medico. Il primo medico greco ad aver disegnato un atlante di anatomia fu Alcmeone di Crotone; Ippocarete fondò la prima scuola di medicina. I Romani contribuirono all’evoluzione della disciplina creando le prime specializzazioni, i primi utensili chirurgici e le prime terapie del dolore.
Nel medioevo sorse a Bologna la prima facoltà universitaria di medicina, anche se l’evoluzione maggiore della materia ha avuto inizio nell’epoca rinascimentale con la consolidazione del metodo scientifico e l’affinamento delle tecniche chirurgiche grazie al medico francese Ambroise Paré. Fino a giungere agli ultimi due secoli, i quali hanno giocato un ruolo fondamentale nella creazione della medicina odierna.
Ma in tutto questo brevissimo e riduttivo riassunto storico, che possiamo trovare nei comuni libri utilizzati nelle facoltà di medicina o biologia, si viene sempre alla conoscenza del nome del medico illustre o del ricercatore che ha portato innovazione e ci si lascia spesso sfuggire la fonte primaria che ha permesso l’evoluzione scientifica, cioè il paziente, il quale fino al secolo scorso non aveva mai goduto di particolari diritti su di sé e sulla propria malattia, come in accordo con la concezione che una persona ammalata diventa automaticamente proprietà del medico in cura.
A oggi questa ideologia sta mutando consapevolmente e si sta andando sempre più verso la definizione ‘del paziente al centro della ricerca’ e del ‘paziente come persone informata’.
Tale processo ha avuto origine da innumerevoli ingiustizie e battaglie legate ai tragici avvenimenti del XX secolo. Esse hanno avuto voce grazie ai nuovi mezzi di comunicazione, i quali ci hanno fornito informazioni integrate da immagini e da filmati. Queste preziose testimonianze hanno innescato un processo di difesa dei diritti dei pazienti in ambito medico e di regolamentazione delle sperimentazioni cliniche. Ovviamente il cambiamento è avvenuto e sta avvenendo di pari passo con la consolidazione di altri diritti esigibili dell’essere umano, in perfetta fusione quindi con l’evoluzione sociale.
Testimonianze dal secolo passato arrivarono dagli USA. Nel 1940 a Chicago vennero infettati con il plasmodio della malaria oltre 400 detenuti: lo scopo era quello di sperimentare gli effetti di nuovi farmaci. Dal 1942 al 1945 le autorità militari costituirono il Chemical Warfare Service con l’obbiettivo di creare antidoti contro le armi chimiche; quest’organo tuttavia effettuò anche numerose sperimentazioni disumane, tra cui lo studio effutuato utilizzando migliaia di militari per testare le ‘mostarde azotate’ (azotipriti) come agenti chemioterapici. Dal 1932 al 1972 fu effettuato lo ‘studio sulla sifilide di Tuskegee’ che vide coinvolti centinaia di cittadini di colore dell’Alabama, infettati con il batterio per studiare la progressione della patologia, nonostante nel 1947 si fosse venuti a conoscenza che la Penicillina era la cura per questa malattia.
Anche dall’Europa della seconda guerra mondiale provengono testimonianze di atti osceni che videro coinvolte milioni di persone, che vennero deturpate e private della propria vita. Numerose crudeltà sono riportate nel libro I medici nazisti di Robert Jay Lifton: esperimenti sulle altitudini; sulla malaria; sul freddo; sulla rigenerazione di ossa, muscoli e nervi con trapianto di ossa; esperimenti di sterilizzazione; sull’eutanasia (Aktion T4) e, purtroppo, molti altri ancora. La principale svolta storica fu data dal processo di Norimberga, che vide coinvolti e condannati alcuni dei medici che svolsero gli esperimenti appena citati.
Per far sì che atrocità simili non si potessero più ripetere nella nostra storia furono gettate le prime basi per la tutela del paziente in medicina. Il ‘codice di Norimberga’ ha creato una netta linea di divisione tra sperimentazione lecita e tortura. Il primo punto del codice, infatti, esplica l’importanza del consenso libero da parte dell’individuo a sottoporsi a studi e analisi.
La tutela del paziente ha successivamente trovato una progressione e maturazione, attraverso la stesura di nuovi regolamenti importanti come la Dichiarazione di Helsinki sviluppata dall’Associazione Medica Mondiale nel 1964 e la Convenzione di Oviedo del 1997 la quale, per la prima volta, ha fornito un regolamento in materia di etica nella ricerca umana.
Fino a giungere ai giorni nostri, e particolare al 25 maggio 2018, data dell’entrata in vigore del regolamento UE 2016/679 (GDPR) che riguarda il trattamento dei dati personali in generale.
Nell’ambito medico questo regolamento ha ovviamente toccato i dati dei pazienti, i quali per via della loro natura sono qualificati dal GDPR come dati sensibili, meritevoli di una specifica protezione sotto il profilo dei diritti e delle libertà fondamentali.
Con le nuove normative non si sta parlando solo di meri concetti da seguire nel comune buon senso del medico o dello sperimentatore, ma di leggi ben definite da rispettare e applicare, come il principio di trasparenza del trattamento dei dati nel consenso informato. All’interno del quale va spiegato, in modo facile e accessibile per la comprensione di tutti, utilizzando un linguaggio semplice e chiaro, tutto ciò che verrà eseguito durante una sperimentazione clinica o un’analisi, specificando dove verranno conservati i campioni e per quanto tempo.
Altre ancora sono le leggi che, per le restrizioni che comportano, rendono da una parte ancor più difficoltosa la ricerca, ma dall’altra parte sono fondamentali per il riconscimento in quanto persona del paziente. Questi deve essere posto al centro della ricerca, ricordando che in sua assenza non ci sarebbe stata la storia della medicina.
Quindi, se mai ci capiterà di doverci sottoporre a un intervento o a una sperimentazione e, quindi, di essere sommersi da chilometri di fogli informativi, consensi, deleghe con annesse firme da eseguire, dovremo solo esserne felici, perché ogni informazione, ogni consenso libero che il paziente sceglie di dare è frutto di ingiustizie passate eseguite dai nostri antenati. Diventa quindi un diritto e un dovere leggere e informarsi, tenendo presente che è importante sapere dove e come verrà usata una parte di noi per permettere il progresso della scienza.