Da poco ristampato in Italia in un bel formato cartonato rigido, il graphic novel Che (Rizzoli Lizard, 2017, 137 pp., 19 €) ci parla di due liberazioni: la prima, la più ovvia ma anche la più importante, è la liberazione del Sudamerica dalla corruzione delle élites sostenute dalle lobby statunitensi e dalla CIA; la seconda, meno conosciuta, riguarda la pubblicazione di questo volume, realizzato originariamente nel 1968 e poi scomparso dalla circolazione insieme al suo autore durante la dittatura del generale Videla in Argentina.
L’autore, Héctor Oesterheld, nato come Guevara in Argentina e creatore anche del capolavoro a fumetti L’eternauta, si aggiunse infatti al novero dei cosiddetti desaparecidos il 27 aprile 1977, quando un gruppo di soldati lo sequestrarono dalla sua abitazione a La Plata, dove viveva in incognito (poiché era affiliato al movimento di liberazione dei Montoneros). Non fece più ritorno.
La stragrande maggioranza delle copie di Che era già sparita da un pezzo: anche se non si può dire che il regime si preoccupasse granché dei fumetti, era comunque meglio non farsi trovare in giro con un volume in mano. Bisognerà aspettare quasi vent’anni dalla sua prima pubblicazione per vedere ricomparire questo prezioso classico sul mercato editoriale. È infatti nel 1987 che il Che (quello a fumetti) riapparve in Spagna in una nuova edizione basata sul restauro di una vecchia copia, sopravvissuta probabilmente grazie a qualche collezionista.
Le tavole di questo fumetto, dalle matite di Alberto ed Enrique Breccia, vanno sfogliate come quelle di un album di fotografie, piuttosto che come quelle di una biografia. Si attraversano pochi centrali episodi della vita del condottiero Ernesto Guevara (il soprannome “el Che” gli fu attribuito dai commilitoni, divertiti da un suo frequente intercalare nel parlato), ma il punto di vista è sempre interno e il lettore non è introdotto alle vicende come succederebbe se avessimo in mano un volume didascalico. La narrazione si concentra su diverse emozioni, in particolare la sofferenza e il dolore, veicolate attraverso disegni sorprendentemente espressionisti. Lo stile così d’impatto è ancora più evidente nelle tavole disegnate dal più giovane Alberto, che di questa nuova edizione italiana scrive anche la postfazione. Si ha l’impressione di essere trasportati in una dimensione intima, anche grazie a un narratore fuori campo che commenta gli episodi come fossero vecchi ricordi di famiglia.
Nonostante questa cornice introspettiva data dalla scrittura intimista e dal disegno espressionista, il fumetto non si sottrae a un discorso parallelo volto alla dimensione pubblica di queste emozioni e di questa sofferenza, cioè la politica. È un fumetto che non ha paura di prendere posizione, più che per coerenza forse proprio per rispetto verso il suo protagonista, le cui azioni sono rappresentate quasi nella forma di un sacrificio cosciente, come se non fossimo solo noi lettori a sapere a quale morte lo porteranno, ma anche lui a compiere quelle scelte come un atto suicida seppur vissuto come necessario.
Si legge quindi dei viaggi in motocicletta, degli studi da medico, degli addestramenti alla guerriglia, della passione per l’archeologia, ma anche della United Fruit, di Fidel, dell’attacco statunitense alla Baia dei Porci e degli appoggi internazionali che vanno e vengono a seconda della convenienza; si legge poi del progetto di un Sudamerica unito, se non nelle sue istituzioni, almeno nella lotta contro l’oppressione degli Stati Uniti e dei governi corrotti dal suono del denaro. In questo fumetto non si cerca dunque di sfatare il mito del Che, ma lo si rinforza e gli si rende tributo con un’opera che comunque risulta sincera e mai retorica.
Una liberazione riuscita, come quella di Cuba, ne chiama subito un’altra. Basta un solo successo per trasformare qualcosa di impossibile in qualcosa di difficile. Ecco perché Guevara non si contentò mai di quel primo risultato e si spinse prima fino in Congo e poi di nuovo in Bolivia, dove venne infine ucciso. E c’è da crederci: sarebbe andato avanti ancora. Ecco perché il fatto che questo libro continui a essere pubblicato è importante: esso testimonia il valore e il significato del sacrificio, quello di Guevara e quello di Oesterheld, a tutte le persone che si illudono che dall’oppressione ci si liberi chiedendo per favore.