Come accoppiarsi senza essere mangiati
Il luogo comune fa pensare che l’accoppiamento o la ricerca del partner siano compiti relativamente semplici nel mondo animale, ma ciò si discosta decisamente dalla realtà; anzi, spesso risultano il gioco più arduo e pericoloso in natura. Probabilmente nessuno di noi si è mai trovato a lottare per la propria vita per un po’ di sesso: tutt’al più qualche brutta figura o rifiuto, ma di norma nulla che possa mettere a rischio la nostra stessa sopravvivenza.
Nel caso delle mantidi spesso i maschi non sono tanto fortunati. Durante l’accoppiamento il rischio è alto e se non sono abbastanza scaltri potrebbero perdere la testa. Immaginatevi la mantide femmina un po’ come la Regina di Cuori, con l’aggiunta che non disdegna neanche un assaggio.
La Mantis religiosa è un insetto della specie più comune dell’ordine Mantodea. Anche se si tratta di una specie originaria dell’Africa, si è diffusa in Europa e Asia e si trova con facilità anche in Italia, nelle zone di campagna o prealpine lombarde.
Ha vita piuttosto breve, di circa 7/8 mesi a cavallo tra il periodo primaverile e i primi freddi invernali, e generalmente maschio e femmina si incontrano solo nel momento fatidico, proprio per i rischi che il loro amplesso può comportare. Per il resto del tempo vivono in modo girovago fino all’età adulta e alla maturità sessuale.
La riproduzione nei Mantoidei è in genere di tipo gametico e raramente partenogenica; e le femmine sono sempre poligame. La copula si svolge con l’emissione dello sperma in un involucro spermatoforo, che viene deposto dal maschio in corrispondenza dell’ovopositore. Tempo dopo la fecondazione, la femmina deporrà da 1 a 3 ooteche che possono contenere anche 100-200 neanidi in base alla specie.
Le uova vengono deposte in ooteche di varie forme, da globose a ovoidali ad allungate, in alcuni casi provviste di un rivestimento protettivo. Nella Mantis religiosa queste sono formate da due serie parallele di lamelle verticali sovrapposte, fra le quali sono deposte le uova. L’ooteca è sempre fissata a supporti di vario tipo come rami, muri ecc. Durante l’ovideposizione, la femmina espelle il secreto, inizialmente fluido, delle ghiandole colleteriche, lo sbatte con l’ovopositore rendendolo schiumoso e lo modella prima che si rapprenda all’aria, solidificando. Questo, essendo molto resistente, è capace di tenere al riparo le preziose uova per tutto l’inverno. Il ciclo si svolge in genere con una sola generazione l’anno.
In cattività la riproduzione tra Mantoidei non è per nulla semplice: i due individui, infatti, devono essere maturi e pronti per l’accoppiamento allo stesso momento (la maturità sessuale viene raggiunta circa due settimane dopo l’ultima muta). In molte specie la femmina preda il maschio prima e dopo l’accoppiamento; per questo motivo è meglio nutrire molto la femmina, disporre gli individui in una teca molto grande e far avvicinare il maschio solo quando la femmina è di spalle e ormai satolla di cibo. Ad accoppiamento avvenuto solitamente il maschio muore nel giro di poco tempo di morte naturale.
Nel momento culminante, ma anche temuto, in natura, il maschio deve attuare una sorta di gioco delle belle statuine e cercare di avvicinarsi alla femmina confondendosi con l’ambiente circostante; deve muoversi in modo ondulatorio come una foglia, come in preda a un’indecisione forte tra due opzioni, quella di accoppiarsi e quella di scappare. Dato che potrebbe venir confuso con altri insetti e mangiato ancora prima di iniziare la copula, mentre la femmina non guarda, il maschio usa questa “danza” per potersi avvicinare silenziosamente.
Inoltre, non solo in natura ma anche in laboratorio la mantide è stata osservata in atteggiamenti di cannibalismo nei confronti del partner. Questo istinto uxoricida – o meglio viricida – è collegato al suo enorme bisogno di proteine derivante dalla rapida produzione di uova. Mentre, per quanto riguarda il maschio, dopo avere fecondato la femmina il suo compito nei riguardi della specie è concluso e quindi la sua vita può cessare. Nel caso della triste decapitazione, il maschio senza testa continua imperterrito nella sua copula, e anzi migliora le sue prestazioni: infatti nella testa ci sono dei gangli inibitori che vengono messi fuori uso dalla decapitazione.
Durante la copula il maschio ancora integro tocca continuamente le antenne della femmina e da quel momento non può permettersi passi falsi. Le antenne, infatti, svolgono un’azione distraente o tranquillizzante sulla femmina e forse non è un caso se i maschi hanno le antenne molto più lunghe delle femmine, in modo tale da consentir loro il contatto durante l’accoppiamento. Nonostante ciò in certe situazioni la femmina volta la testa e comincia a cibarsi del maschio fino alla prima parte del torace. Il maschio non può far altro che subire la mutilazione e continuare la sua opera fecondatrice. Dopodiché viene in genere consumato quasi interamente.
A volte il maschio non arriva nemmeno alla copula: i meno fortunati, infatti, vengono scambiati per una qualunque preda e immediatamente consumati, non prima di una strenua lotta.
In conclusione, si tratta di selezione naturale. Più le femmine sono spinte al cannibalismo, infatti, maggiore è il vantaggio competitivo per i maschi che sono in grado di sfuggire al loro destino; e tanto più rapidamente, quindi, si diffonderà la loro capacità tra la popolazione. Di conseguenza tende ad aumentare il numero dei casi di salvezza in rapporto ai casi di cannibalismo.
Dunque se siete insoddisfatti della vostra vita amorosa, non crucciatevi! Gioite perché non siete nati maschi di mantide!
Bibliografia
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• O. Judson, Consigli sessuali per animali in crisi. Guida alla biologia evoluzionistica della riproduzione, Sironi Editore, Milano 2009.