Nuove tecnologie e validità giuridica
Nell’immaginario comune siamo abituati ad assistere a cerimonie religiose condite di formalismi e ritualità di sottofondo che rendono ancor più magico il momento del matrimonio. Nella fattispecie il codice civile regola la disciplina attraverso un discreto numero di norme (art. 79 e seguenti) suddivise in vari capi, a seconda che si tratti di matrimonio celebrato davanti al ministro di culto cattolico[1] o all’ufficiale di Stato Civile.
I due protagonisti della storia, lui pakistano, lei italiana, vogliono trascrivere l’atto di matrimonio all’ufficio di Stato Civile[2]. L’ufficiale a questo punto si impone negandogli la trascrizione e motiva la sua decisione basandosi sulle modalità di celebrazione. Il matrimonio in sostanza fu celebrato via Skype, una procedura ritenuta contraria all’ordine pubblico e quindi non ricevibile nel nostro ordinamento. L’ufficiale sostiene a questo punto che la presenza di entrambi, davanti a colui che officia il matrimonio, sia necessaria affinché si abbia una piena e libera manifestazione di volontà, elemento che al contrario non può essere garantito per via telematica.
Il matrimonio è da considerarsi valido nel paese estero e di conseguenza, per richiamo fattosi dall’art. 28 della l. 218/1995, deve ritenersi valido anche in Italia. Nella fattispecie, alla presenza di due testimoni fu prestato il consenso per via telematica; dall’altra parte era in corso la cerimonia con lo sposo anch’egli in presenza di due testimoni. A conclusione di ciò l’autorità estera aveva registrato l’atto. La Cassazione con sentenza n. 15343/2016 rigetta il ricorso e dà piena efficacia a un matrimonio celebrato anche con mezzi telematici.
In verità dal tenore letterale dell’art. 107 c.c., rubricato “forma della celebrazione”, non emerge la necessità della contestuale presenza di entrambi i futuri coniugi: ritiene essenziale solamente la presenza dei testimoni e la contestuale dichiarazione da parte degli interessati, non ponendo l’accento sulle modalità materiali attraverso le quali la dichiarazione deve essere prodotta. Nemmeno funge d’aiuto l’art 106 c.c. sul “luogo della celebrazione”, che richiede solamente l’espletazione della cerimonia d’innanzi alla casa comunale ma non fa alcun riferimento alla presenza di entrambi i coniugi.
La Cassazione poi effettua un ragionamento parallelo partendo dall’art. 111 c.c. che consente ai militari in tempo di guerra o alle persone residenti all’estero che per gravi motivi non posso entrare in Italia la celebrazione del matrimonio per procura. La procura deve indicare il nome dell’altro futuro coniuge e la celebrazione deve avvenire entro 180 giorni dal rilascio dell’atto, da stipularsi con forma pubblica. Secondo la Cassazione questa norma sarebbe, nel suo genere, un archetipo della celebrazione inter absentes, ossia tra persone non presenti. Il parallelismo viene sottolineato in modo particolare nel richiamare l’attenzione su una volontà ugualmente manifestata, seppur in modi alternativi, che sorregge ugualmente la celebrazione nonostante l’assenza fisica dell’individuo.
Il caso concreto non sarebbe nemmeno qualificabile come contrario all’ordine pubblico giacché nell’intendere ciò si fa riferimento a quel nucleo essenziale di norme che nemmeno il legislatore potrebbe derogare. La Corte interpreta la questione sull’ordine pubblico in modo corretto, ritenendo che ove un matrimonio sia valido per l’ordinamento straniero (poiché idoneo a rappresentare il consenso dei nubendi in modo consapevole) allora non contrasta con l’ordine pubblico solo perché celebrato in una forma non prevista nell’ordinamento italiano.
Per analogia è curioso ricordare anche il caso, richiamato dalla stessa Cassazione in motivazione, di una precedente sentenza, la n. 20559/2006, nella quale si attribuì valore a un matrimonio celebrato telefonicamente.
In conclusione, data l’età del nostro codice non possiamo sperare che questo contempli tutte le innumerevoli possibilità generate dalle nuove tecnologie. Dovrà pertanto intervenire la giurisprudenza, a colpi di sentenze, per aggiustare alcuni dettagli e metterli al passo con i tempi. Nonostante ciò, tramite una serie di ragionamenti paralleli è ugualmente possibile giungere a soluzioni accettabili, perché se da un lato è vero che nel 1942 il legislatore non poteva prevedere la celebrazione di un matrimonio via Skype, è anche vero che predisse la possibilità per i militari in guerra di sposarsi a distanza. In tutti i casi il fulcro del ragionamento non dovrebbe essere la presenza o meno dell’individuo quanto la volontarietà. La persona deve stare al centro del ragionamento; il diritto è nato per rendere facili i problemi difficili e non viceversa. Quindi se una persona manifesta consenso ed è perfettamente in grado di esprimere la sua volontà anche a distanza non vi sono ragioni per cui questo matrimonio debba essere viziato.
Note
[1] Invero la celebrazione cattolica nel codice è regolata per rinvio fatto dall’art. 82 c.c. al Concordato con la Santa Sede e alle leggi speciali in materia. Analogamente vale per i matrimoni celebrati davanti ai ministri di culti diversi ma ugualmente ammessi nel nostro ordinamento.
[2] La trascrizione può essere chiesta nel comune di residenza dai cittadini stranieri residenti in italia quando l’atto di matrimonio si sia formato all’estero, così l’art. 19 del Regolamento di Stato Civile.