Quando la dissociazione moltiplica le personalità
Esistono situazioni in cui a un corpo solo corrispondono più personalità: questa molteplicità è dovuta a una rottura – la dissociazione. L’unica soluzione è far combaciare i pezzi, un’impresa difficile come rincollare il guscio di un uovo rotto. Nel frattempo, però, continuiamo a fare dell’uovo rotto un divertissment.
Da sempre i disturbi dissociativi sono utilizzati come espediente artistico per creare personaggi spaventosi e complessi, difficilmente dimenticabili. Il cinema propone una selezione immane di classici e non focalizzati su questo tema; riesce difficile citarli senza svelare elementi scottanti della trama, perché rivelare la doppia o multipla personalità di un personaggio costituisce spesso il plot point, ovvero quel momento in cui la storia svolta in una direzione inattesa e sconvolgente per il pubblico.
Il celeberrimo strano caso del dottor Henry Jekyll e del suo alter ego, lo spaventoso Mr. Hyde, non ha bisogno di spiegazioni: è ormai considerato il simbolo del genere. Un film di particolare successo sul tema è La donna dai tre volti. In questa pellicola del 1957 la protagonista, Eva White, giovane casalinga semplice e remissiva, viene portata da uno psichiatra per capire il perché dei suoi blackout di memoria e scopre di non essere la sola personalità a occupare quel corpo. Più recentemente, troviamo un altro classico, prima come libro (1996) e poi come cult cinematografico (1999): in Fight Club, il protagonista trova il suo maestro di vita in Tyler Durden, una sorta di guru moderno, il quale lo spinge a fondare un club clandestino di lotta libera come forma estrema di psicoterapia di gruppo: il plot point mostra però qualcosa di più scottante.
Ancora più diffuse a Hollywood sono le storie di esorcismi e di persone possedute dal demonio. La pratica dell’esorcismo ha affascinato molti e continua a fare da miniera d’oro per Hollywood, con film raggelanti che mostrano persone normalissime o addirittura rappresentanti gli archetipi dell’innocenza (bambini, ragazzine) che si trasformano in bestie disumane. Il prete esorcista si fa Superman e agisce per conto del Divino nell’eterna lotta tra bene e male. Sebbene siano rappresentate soprattutto personificazioni del diavolo cristiano, con esorcisti clericali, l’idea del demonio che usa il corpo di esseri umani è diffusa a più ampio raggio. Mio padre, cresciuto nel Sudest asiatico, in Sri Lanka, rammenta di quando la sua vicina di casa venne costretta a sottoporsi a un esorcismo più tribale che religioso. La malcapitata aveva cominciato improvvisamente a mostrare comportamenti insoliti, quali grida raggelanti in momenti precisi della giornata, seguiti da blackout di memoria. In realtà sia i casi di personalità multipla, sia quelli considerati da esorcisti, possono essere ricondotti a patologie psichiatriche da dissociazione.
Cosa si intende per dissociazione? Si può considerare come un deficit del normale processo che mantiene integrate, coese, alcune funzioni mentali quali percezioni, ricordi, comportamenti, rappresentazioni mentali. I primi studi vennero fatti da Pierre Janet nel 1889: egli teorizzò una relazione tra esperienze traumatiche, isteria e fenomeni dissociativi. Secondo Janet, un’emozione violenta poteva trovare difficoltà nell’essere integrata nella coscienza. Freud e Breuer successivamente interpretarono la dissociazione come meccanismo difensivo usato da un soggetto traumatizzato per proteggersi da un’emozione ritenuta travolgente. Il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali nella sua 5ª edizione (DSM – V) vede la dissociazione come una «disgregazione delle funzioni, normalmente integrate, della coscienza, della memoria, dell’identità o della percezione dell’ambiente». Si manifesta con tre disturbi: l’amnesia dissociativa, il disturbo dissociativo dell’identità e il disturbo da depersonalizzazione/derealizzazione. Il disturbo dissociativo dell’identità (DDI) una volta era chiamato disturbo di personalità multipla. È rappresentato da una grave discontinuità del senso del sé e di conseguenza mostra alterazioni nella percezione, nell’affettività, nella sfera cognitiva, nel comportamento e nel funzionamento senso-motorio[1].
Com’è vista dall’esterno? Si possono presentare più stati di identità (personalità) distinti o anche stati di simil-possessione. Quando la situazione è meno grave, possono comunque esserci delle percezioni, dei comportamenti, dei pensieri o delle emozioni vissute come non proprie e incontrollabili. I testimoni possono descrivere situazioni particolari di cui il soggetto in questione non ha memoria. Un problema è rappresentato dal fatto che possono esserci latenze anche molto lunghe: una personalità può manifestarsi per un periodo limitato della vita o presentarsi periodicamente in cicli anche di anni. Allo stesso modo, può accadere il contrario: nel 1917 divenne famosa Doris Fisher, che aveva sviluppato cinque differenti personalità. Il caso era talmente grave che la vera Doris si presentava solo cinque minuti al giorno, e il resto del tempo era occupato dalle altre personalità.
Ogni personalità può avere attitudini, ricordi, affettività diverse. Inoltre le personalità possono differire per sesso, età, quoziente intellettivo e addirittura funzioni fisiologiche, quali risposte a farmaci[2].
Si pensa che il 5% della popolazione generale[3] sia affetto da DDI e il 6-20% dei pazienti psichiatrici[4]. C’è chi dice che queste percentuali siano sottostimate e chi invece parla di sovrastima per via della facilità nell’avere falsi positivi, sia per simulazione dei pazienti, sia per via di terapeuti accusati di suggestionare i pazienti per poter pubblicare articoli al riguardo. È il caso di Shirley Ardell Mason, reso celebre dal libro Sybil (1973), della giornalista Flora Rheta Schreiber. La sua psicoterapeuta, Cornelia B. Wilbur, fu accusata di avere indotto la paziente – secondo questa teoria solamente isterica – a credere di convivere con altre 15 personalità insinuando in lei alcuni falsi ricordi.
L’esempio più famoso in assoluto rimane però quello di Billy Milligan, noto criminale statunitense. La sua storia, già approfondita da questa rivista nel numero 12 sull’Innocenza, ipnotizzò il pubblico per anni: come poteva essere allo stesso tempo un carnefice da condannare per gli atroci delitti compiuti quanto una vittima che aveva subito orribili abusi?
Come terapia, lo psichiatra di Milligan lo aiutò a creare un’ulteriore personalità, il Maestro, affinché assorbisse tutte le altre con una memoria univoca. Il trattamento, oltre che nella costituzione di una memoria integrata, consiste nell’insegnare al paziente a sostituire il meccanismo della difesa dissociativa con una difesa più matura e adattiva, tipica di chi non soffre di dissociazione. Quest’anno, a novembre 2017, vedremo una nuova[5] trasposizione cinematografica della storia di Milligan, interpretato da Di Caprio. La speranza rimane quella di vedere rappresentata questa condizione in maniera meno romanzata: è di cattivo gusto trasformare il soggetto dissociato in una sorta di Elephant Man psichiatrico. L’horror è la quotidianità per chi vive questa condizione: c’è davvero bisogno di tutto questo sensazionalismo cinematografico?
Note
[1] G. Invernizzi, C. Bressi, Manuale di psichiatria e psicologia clinica, 5ª edizione, McGraw Hill, 2017, p. 297.
[2] F.W. Putnam, “Dissociative disorders in children and adolescents. A developmental perspective”, in The Psychiatric Clinics of North America, settembre 1991, vol. 14, n. 3, pp. 519-531.
[3] Rodewald et al., “Screening for major dissociative disorders with the FDS”, in Psychotherapie, Psychosomatik,
Medizinische Psychologie, vol. 56, n. 6, 2006, pp. 249-58.
[4] Foote et al., “Prevalence of dissociative disorders in psychiatric outpatients”, in The American Journal of Psychology, vol. 163, n. 4, 2006, pp. 623-9. Spiegel et al., “Dissociative disorders in DSM-5”, in Depression and Anxiety, vol. 28, n. 12, 2011, pp. 17-45.
[5] Nel 2016 è uscito Split, scritto e diretto da M. Night Shyamalan.