Sempre un infinito più di te!

Cosa sono e cosa dovrebbero essere i numeri

L’infinito è l’Abbondanza per antonomasia, un’abbondanza che non finisce mai e nasconde misteri affascinanti e sfuggenti. E già il tema del Pozzo aveva occupato noi de La Tigre nel numero 5 della nostra rivista. Lì, avevo concluso promettendo proprio un articolo sul passaggio da un’infinità, quella numerabile dei numeri naturali, interi e razionali, a un’altra, quella del continuo dei numeri reali. Qui, continuo da dove avevo lasciato.

Cominciamo a convincerci che in effetti esistono quantità numeriche che non sono razionali, ovvero esprimibili come rapporto di numeri interi. Mi sento obbligato a usare come esempio √2, la radice di 2, e servirmi della dimostrazione della Proposizione 117 del Libro X degli Elementi di Euclide, una dimostrazione tanto semplice quanto elegante che dovremmo tutti conoscere altrettanto bene dei primi versi della Divina Commedia. Questa dimostrazione, che molto probabilmente Euclide stesso aveva preso in prestito da altri, si serve della reductio ad absurdum, ovvero si assume che l’affermazione che si vuole dimostrare sia in realtà falsa (in questo caso si afferma cioè che in realtà √2 è razionale), e si mostra che si arriva a una contraddizione, concludendo necessariamente che allora l’affermazione deve essere vera. Se √2 è razionale, per definizione esistono due interi p e q senza divisori in comune (in gergo, primi fra loro) tali che √2=p/q, cioè √2·q=p. Facendo il quadrato a destra e sinistra di questa eguaglianza si ha 2·q²=p², quindi p² è pari, ma questo può succedere solo se p stesso è pari, ovvero p=2k per qualche intero k. Ma allora posso riscrivere la 2·q²=p² come 2·q²=(2k)²=4k² e dividendo questa eguaglianza per 2 ottengo che q²=2k², cioè anche q è divisibile per 2. Ma avevamo supposto che p e q non avessero divisori in comune, assurdo. Quindi √2 non è razionale, è irrazionale.

Sembra che già un seguace di Pitagora, Ippaso di Metaponto, si fosse reso conto dell’esistenza di numeri non esprimibili come rapporto di interi. Egli si servì forse proprio del Teorema di Pitagora, applicato al semplicissimo caso di un triangolo con due cateti lunghi 1, la cui ipotenusa è quindi lunga √2. Secondo altri stava invece lavorando sulla figura del pentagramma, molto cara ai pitagorici: una stella a cinque punte costruita tracciando le diagonali di un pentagono regolare, la quale nasconde lunghezze i cui rapporti sono dati dalla proporzione aurea φ, un altro numero irrazionale. Sembra che i pitagorici, che credevano che la natura intera fosse esprimibile in termini di numeri interi e dei loro rapporti, non apprezzarono il contributo di Ippaso, che morì in un naufragio e non si fece più sentire.

Ma noi, e molti matematici prima di noi, siamo spinti da una impavida curiosità e una volta resici conto che i numeri razionali non bastano vogliamo fabbricare un insieme numerico più ampio: i numeri reali. Come i numeri interi contengono al loro interno quelli naturali, e i razionali contengono gli interi, i numeri reali saranno un’estensione, o un completamento, dei razionali. Si può ad esempio sfruttare la rappresentazione decimale dei numeri: come abbiamo imparato alle elementari, un numero razionale può essere scritto, oltre come frazione p/q, tramite rappresentazione decimale, ad esempio 55/48=1,145833… con 3 periodico. Il fatto che ci siano cifre decimali periodiche è una proprietà tipica dei numeri razionali, e si possono definire i numeri reali ammettendo anche scritture decimali non periodiche. Vi sono almeno due pecche in questa costruzione. Da una parte si basa sulla scelta della base 10, totalmente arbitraria, dall’altra la rappresentazione non è sempre unica, poiché tutti i numeri con un 9 periodico ne hanno un’altra, ad esempio 0,9999…=1.

Una delle idee più fantasiose di definire i numeri reali è quella proposta da Dedekind nel 1827 in Was sind und was sollen die Zahlen (Cosa sono e cosa dovrebbero essere i numeri), che ha il pregio di mostrare che i numeri che usiamo tutti i giorni si nascondono in strutture apparentemente bizzarre. Possiamo capire l’idea di Dedekind riprendendo il discorso aperto alla fine dell’articolo della quinta uscita della Tigre di Carta: se ordiniamo i numeri razionali lungo una retta, essa ci appare come bucherellata da infiniti pozzi, poiché numeri come √2, π, φ non sono razionali. Vogliamo riempire questi pozzi uno a uno, ma come caratterizzarli? L’idea è di vedere ad esempio √2, il numero positivo che elevato al quadrato è uguale a 2, come quell’oggetto che si trova incastrato tra tutti i numeri razionali il cui quadrato è minore di 2, e tutti i numeri razionali il cui quadrato è maggiore di 2. Pensiamo quindi a questo procedimento di prendere la retta ordinata dei numeri razionali e sezionarla o tagliarla in due in qualche punto specifico: Dedekind definisce ciascuna di queste sezioni dei numeri razionali come un numero reale. È forse difficile pensare che un numero possa essere definito come un taglio della retta ordinata di numeri razionali, ma se ci pensiamo un attimo è facile leggere questa operazione in linguaggio decimale: quando scriviamo √2=1,41421… intendiamo dire che si tratta di un numero che è più grande di tutti i razionali minori di 1,4142 e più piccolo di tutti i razionali maggiori di 1,41422, e aggiungere mano a mano cifre decimali significa essere più precisi nell’identificare dove avviene questa separazione.

Gatto Aureo ph. Anna Laviosa 2017

Gatto Aureo. Ph. Anna Laviosa 2017

Avevamo mostrato nel numero 5 della Tigre che i numeri razionali erano numerabili, ovvero erano infiniti ma con una abbondanza (in gergo, cardinalità) esattamente identica a quella dei numeri naturali 1, 2, 3, …, poiché potevano essere messi in relazione 1 a 1 con essi, ovvero potevano essere elencati in una lista. Possiamo invece dimostrare che i numeri reali sono davvero molto più abbondanti dei numeri razionali con una seconda dimostrazione egualmente potente ed elegante, che usa il cosiddetto argomento diagonale, ideato da Cantor per dimostrare appunto la non-numerabilità dei numeri reali e poi sfruttato in innumerevoli altre occasioni. Se mostriamo che anche solo i numeri reali compresi tra 0 e 1 non sono numerabili, ovvero non possono essere elencati in una lista come 1, 2, 3, …, abbiamo finito. Usando di nuovo un argomento per assurdo, supponiamo invece di poterlo fare: ad esempio scriviamo (si ignori per un attimo il grassetto usato per alcune delle cifre)

r1=0,52457247323…
r2=0,68284572945…
r3=0,27545628347…

Allora posso mostrare che c’è sempre un numero reale tra 0 e 1 che in realtà non compare nella lista, e cioè la mia lista di numeri reali non può essere completa. Basta prendere il numero reale rx con espressione decimale seguente: la cifra che compare al primo posto dopo la virgola la scelgo diversa da quella di r1, la cifra al secondo posto dopo la virgola diversa da quella di r2, e così via muovendoci sulla diagonale indicata in grassetto (facendo attenzione a non ripetere la cifra 9 per infinite volte in coda). Se poi aggiungo davanti uno “0 virgola”, ho fabbricato un rx tra 0 e 1 che non avevo scritto nella lista perché è banalmente diverso da tutti quelli che vi compaiono, avendo una scrittura decimale differente. I numeri reali hanno dunque una cardinalità non-numerabile: hanno quella che viene chiamata la cardinalità del continuo. Questo significa che vi sono infinità più abbondanti di altre, cosa che le nostre menti fanno un po’ fatica ad afferrare. Forse, ripensandoci, avrei dovuto essere più comprensivo nei confronti dei nostri amici Pitagorici.

di Gabriele Pichierri

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