Bucura, bucurie, București
di Ilaria Iannuzzi
«Bucură-te», cantano all’infinito durante una messa qualsiasi in una chiesa qualsiasi. Ascoltiamo ipnotizzati questa parola misteriosa, per forza dacica. Deve avere a che fare con qualcosa di molto importante, qualcosa che compendia tutte le credenze più profonde dei rumeni, che si annida perfino nel nome della loro immensa e indicibile capitale. Qualcosa che proviamo a Râșnov, quando durante la nostra ultima notte in Transilvania ci arrampichiamo sulla collina, per sdraiarci sull’erba troppo alta e pungente che ammanta i ruderi della fortezza e nessun sorvegliante ci impedisce di starcene lì a guardare la luna. Godere, dare gioia, possedere, essere felici. L’ultima nota che sentiamo del mantra dacico.
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Autori e fotografi: Luca Bernardi, Sergio Bernini, Greta Valentina Galimberti, Camilla Giannelli, Ilaria Iannuzzi
Prologo. Barză, brânză, varză, viezure, mânz
Capitolo 1. Timișoara di bellezze scrostate
Capitolo 2. Hunedoara: un antipasto di Dracula
Capitolo 3. Maramureş, dove la terra è di legno
Capitolo 4. Transilvania: vampiri di gomma, alieni di luce
Epilogo. Bucura, bucurie, București