Universali e proprietà nella metafisica di David Lewis
Un motivo diffuso sostiene che nell’abbondanza una cosa vale l’altra, che la nostra attitudine a discriminare tende a diminuire. Quando l’abbondanza non c’è siamo propensi a scegliere, a discernere ogni singolo oggetto per quello che è, distinguendo attentamente il valore di una cosa da quello di un’altra.
Sembrerà strano che un discorso che riguarda per lo più una dimensione domestica e più ampiamente economica della nostra vita quotidiana coinvolga invece il pensiero di uno dei più grandi filosofi americani a cavallo tra il vecchio e il nuovo millennio e il suo tentativo di erigere una metafisica basata sulla nozione di proprietà.
David Lewis, nel suo “New Work for a Theory of Universals”[1] del 1983, propone in apertura d’articolo un argomento che mostra il bisogno di inserire gli universali nel suo armamentario ontologico, tra le cose che effettivamente esistono, affinché la sua teoria delle proprietà possa essere mantenuta.
Gli universali possono essere intesi come ciò a cui, se esiste, si riferiscono parole come “colore”, “virtù” e simili, le quali non denotano un particolare ma solitamente più entità individuali.
Le proprietà, invece, per come sono caratterizzate da Lewis nella sua concezione metafisica, sono insiemi di oggetti. Per un oggetto “possedere una proprietà”, significa essere membro di un certo insieme.
Le proprietà che individuano insiemi composti da coppie di individui, triple di individui e via dicendo vengono chiamate relazioni. Parallelamente gli universali possono essere monadici o poliadici a seconda che si riferiscano a più entità individuali o a più coppie, triple ecc. di entità individuali.
Una delle due distinzioni principali tra universali e proprietà è che mentre gli universali sono una parte costitutiva degli oggetti nei quali sono di volta in volta istanziati, per le proprietà si può dire che siano i singoli oggetti ad essere una loro parte. Così come l’insieme formato da un singolo oggetto appartenente ad un insieme più numeroso è un sottoinsieme proprio di quest’ultimo.
Un universale è qualcosa di instanziato in un oggetto tale da renderlo di fatto simile in qualcosa agli altri oggetti nei quali l’universale è istanziato; ciò non vale per le proprietà.
La seconda distinzione, che è poi quella cruciale per Lewis e per l’esagramma dell’I Ching a cui facciamo riferimento in questo numero, è quella dell’abbondanza degli universali e delle proprietà.
Non possiamo possedere una grande abbondanza di universali, perché per un grandissimo numero di candidati a svolgere il ruolo di universali, attingibili dalla predicazione ad esempio, si può dire che sarebbe insensato pensarli come qualcosa di istanziabile in uno o più enti particolari.[2]
La linea di demarcazione tra un universale è ciò che universale non può essere considerato è dato dal ruolo attribuito loro dal filosofo D.M. Armstrong[3] e mutuato da David Lewis. Per Lewis gli universali fondano le rassomiglianze oggettive degli oggetti e i loro poteri causali. Tutto ciò che non riveste uno di questi due ruoli è da respingere come candidato a essere un universale. Questi universali devono essere tali, nel pensiero metafisico di Armstrong e Lewis, da essere nel numero minimo indispensabile per caratterizzare il mondo completamente.
Caratterizzare il mondo completamente significa, per ogni ente, determinare tutte le somiglianze e tutte le differenze con gli altri enti e così valga anche per i poteri causali di ogni singolo ente.
Per contro le proprietà sono caratterizzate dalla loro infinita abbondanza. La natura insiemistica delle proprietà di Lewis fa sì che due oggetti qualsiasi condividono infinite proprietà e mancano di condividere infinite proprietà, che essi siano di fatto simili o dissimili. Ciò rende le proprietà incapaci, date tutte le proprietà possibili relative ad ogni singolo oggetto, di discriminare tra due entità individuali.
Le proprietà non possono caratterizzare gli oggetti in termini di rassomiglianza e poteri causali perché anche se ci sono insiemi composti da tutti i membri che possiedono un certo potere causale è impossibile discriminare tra tutti gli insiemi dati che comprendono gli stessi membri quali essi sono. Valga la stessa cosa per le rassomiglianze.
Avere a disposizione sia gli universali sia le proprietà è necessario dunque per completare il pensiero metafisico di Lewis.
Per una descrizione metafisica dell’universo possiamo infatti individuare le proprietà naturali come quegli insiemi composti da membri che sono accomunati dall’avere istanziato un qualche universale.
Una volta individuate le proprietà corrispondenti agli universali sarà possibile costruire una metafisica basata interamente sulle proprietà degli oggetti, le loro rassomiglianze e i loro poteri causali.
Nell’abbondanza, per non cadere nell’indifferenza, è necessario discriminare.
Note
[1] David Lewis, “New Work for a Theory of Universals”, in Australasian Journal of Philosophy, 61, 1983, pp. 343-377.
[2] Cfr. la tabella a p. 345 dell’articolo “New work for a theory of universals”, cit., nella quale vengono mostrati alcuni candidati al ruolo di universali espunti dal loro novero.
[3] Cfr. D. M. Armstrong, Universals and Scientific Realism, Cambridge University Press, 1978.