Un Parc Güell tra gli uliveti della Calabria
In arte lo Sgretolamento può significare diverse cose: l’azione distruttiva del tempo, l’estetica della composizione frantumata in mille pezzi, le minacce demolitrici delle più svariate forme di iconoclastia… Per il Parco Museo Santa Barbara di Mammola (RC) significa tutte e tre.
Nel 1969, una coppia di artisti si trova in visita ai resti del monastero medievale di Santa Barbara a Mammola, il paesino in provincia di Reggio Calabria dove è nato lui. La decisione giunge improvvisa e inaspettata: abbandonano Parigi, dove lui ha frequentato lo studio di Le Corbusier, conosciuto Cocteau e incontrato Picasso e Max Ernst, lasciano Milano, dove lei ha aperto una galleria a Brera, e si stabiliscono lì, tra quelle rovine in mezzo agli uliveti nella vallata del fiume Torbido.
Il loro progetto è quello di ristrutturare l’antico monastero basiliano, poi certosino e ancor più tardi cistercense, che a sua volta si ergeva sui ruderi di una chiesetta paleocristiana e prima ancora di un complesso termale romano. Insomma, un luogo che, nel corso della storia, è stato sgretolato dal tempo e ricostruito dall’uomo moltissime volte e in forme molto diverse. Stavolta l’uomo è Nik Spatari, architetto, scultore e pittore eclettico e visionario, sordo dall’infanzia; la forma è una soluzione eterogenea che fonde il linguaggio dei frammenti archeologici locali con elementi modernisti ispirati all’architettura di Le Corbusier.
Pietra dopo pietra, Nik, con il supporto della moglie Hiske Maas, erige l’insieme di strutture che formeranno il parco del MuSaBa, un laboratorio tuttora aperto e ancora in espansione. Vivace, caleidoscopico, singolare come le fantasie estreme di Gaudí, il museo è stato un richiamo per molti artisti internazionali, che negli anni l’hanno arricchito di vivacissime sculture e strutture ambientali site specific, ma anche di dipinti e disegni (solo per citare qualche nome importante, in collezione vi sono opere di Baj, Rotella, Giacometti…).
Gli interni sono una vera esplosione di colori, sia nei dipinti in smalto in stile geometrico o prismatico, sia in quelli al nitro di impronta dinamista ed espressivista, sia nei mosaici e nella pittura “tridimensionale”. Quest’ultima è una tecnica di stratificazione di fogli di legno di sua invenzione, usata per esempio nel Sogno di Giacobbe, impresa monumentale che ricopre la volta dell’ex chiesa di Santa Barbara.
In tutte le sue opere, l’estetica di Spatari sembra adattarsi perfettamente al tema dello Sgretolamento: dalla scomposizione geometrica di dipinti come l’Ultima Cena, alle fratture materiche di tele come i Cavalieri extraterrestri, alle composizioni frammentarie per eccellenza: i mosaici. Davvero sbalorditivo è il ciclo musivo che riveste le pareti del lungo cortile della Foresteria dove alloggiano gli allievi, con scene bibliche dai colori lucidi e sgargianti. Nik ha appena compiuto il suo ottantottesimo compleanno, ma appare instancabile nel lavorare ancora a nuove scene e nell’insegnare agli studenti la tecnica del mosaico.
I progetti del MuSaBa si moltiplicano ogni anno grazie agli sforzi indefessi di Nik e Hiske, che hanno però dovuto lottare spesso contro il loro amato e sofferto Sud, tanto affascinante quanto aggressivo. La sopravvivenza stessa del museo è stata minacciata da quella che si potrebbe dire una delle forme culturali di iconoclastia del giorno d’oggi: la speculazione edilizia. Di fronte alla possibilità che sul parco venisse costruita l’autostrada, Spatari, in segno di “protesta”, ha richiamato tra il 2000 e il 2001 l’attenzione di tanti artisti internazionali per lavorare insieme al progetto SaBaLizards. Alla fine, l’arte non si è mossa da lì. Un enorme lucertolone coperto di mosaico adesso veglia sull’ingresso del museo, custode dei sogni a colori del MuSaBa.