Le immagini di Alessandro Rota in territori di guerra
Il pane cuoce di fianco a un kalashnikov, il parco giochi confina con un pozzo petrolifero, la guerra si strofina contro le pareti dell’innocenza. Assenza di colpa? Mancanza di consapevolezza? Le foto di Alessandro Rota rovesciano lo stereotipo della violenza, da un punto di vista innocente.
Presso la neonata Expowall Gallery, nello storico quartiere di Porta Romana a Milano, passano ormai da un anno i fotografi dai tratti più singolari. Questa volta troviamo Alessandro Rota, fotoreporter di guerra che espone in una mostra personale dal titolo Fotografie di guerra, fotografie di un progetto di pace. In questo luogo di degustatori del bello, creato da Pamela Campaner e Alberto Meomartini, si fronteggiano i due lati di una delle prime esposizioni fotografiche ufficialmente commissionate dalla ancora giovane, ma già non poco impegnata, galleria di via Curtatone 4.
In questo allestimento si guardano tra loro i due fronti del lavoro di Alessandro Rota. E gli spettatori di questo racconto, mentre camminano al centro della galleria, divengono bersaglio di un dialogo tra opposti. In quella zona liminale in cui lo stesso fotografo scatta, si mostrano, ai suoi e ai nostri occhi, le infinite contraddizioni che la guerra impone ai suoi abitanti. Per molti di noi che della violenza conoscono l’abitudine al brutto visto da lontano, attraverso il percorso fotografico è possibile immedesimarsi a passo lento e a sguardo aperto nel racconto di vite e habitat violati.
In un crescendo di dettagli, lo sguardo si posa sulle pieghe meno visibili dell’innocenza, tra assenza di colpa e assenza di consapevolezza. Pozzi petroliferi divengono parchi giochi per gruppi di bambini intenti a divertirsi al fianco di esplosioni a pelo d’acqua. Il dolce paesaggio di una barca e del suo scivolare fronteggia un parto e il volto dell’impotenza nello sguardo di una madre in un contesto di guerra. Panettieri tristi cuociono il pane accanto a un kalashnikov; adolescenti operosi costruiscono armi; infine, teneri orsacchiotti giocattolo inglobano offensive sotto forma di uno spietato e indigeribile presente.
L’innocenza, tra guerra e pace, si sposa con la violenza. La forza di uno sguardo così vicino alla sofferenza e alle sue contraddizioni ci conduce verso il mistero della convivenza di significati apparentemente inconciliabili. Succede che, guardando dal vivo le foto di un reporter di guerra, si incontra la cultura, unica alternativa possibile alla digestione di un presente che arriva a noi grazie a un giovane narratore e alle sue immagini.