Cani e volpi: quando è l’uomo a dirigere la selezione naturale
È da migliaia di anni ormai che l’uomo ha trasformato il lupo nella versione più innocua del suo fedele compagno, ma qual è il confine fra animale ancora selvaggio e già addomesticato? Esperimenti sulle volpi di selezione naturale indotta ne vanno alla ricerca.
L’uomo si adatta e adatta il territorio alle sue esigenze. Addomestica piante e animali da almeno 40 mila anni.
Il cane fu il primo animale reso domestico, circa nel 14.000 a.C., presso le popolazioni di cacciatori-raccoglitori in Europa settentrionale. Si iniziò a creare dunque un rapporto simbiotico tra cane e uomo: i primi beneficiavano degli scarti di cibo lasciati dai cacciatori, gli altri invece si appoggiavano ai cani per la caccia o la protezione. L’evoluzione di questo rapporto portò alla generazione dei cani che conosciamo oggi.
In realtà, la questione sul processo di addomesticamento risulta dibattuta ancora ai giorni nostri nella comunità scientifica. Infatti, in parte si ritiene responsabile la selezione naturale e quindi le mutazioni al di fuori del controllo umano. Mentre, dall’altra parte, alcuni ritengono che la selezione artificiale spieghi meglio il procedimento. Probabilmente queste due categorie hanno avuto entrambe un ruolo fondamentale nel suo svolgimento.
Si sono susseguiti svariati esperimenti per verificare quale sia stata l’evoluzione che ha portato al passaggio da lupo a cane domestico.
Un noto genetista, Dmitri K. Belyaev (1917-1985) fu tra i primi, in un periodo poco fortunato per la genetica poiché associata a pratiche antirazziali, a iniziare uno studio. Anche se costretto a lottare per la propria ricerca e la propria vita.
Egli perse il lavoro al Dipartimento di Allevamento di Animali da Pelliccia, successivamente, continuando a studiare la fisiologia animale, tra gli anni Cinquanta e Sessanta ottenne il ruolo di direttore dell’Istituto di Citologia e Genetica dell’Accademia Russa delle Scienze.
Secondo Belyaev, il cane si era evoluto dal lupo in seguito a una selezione effettuata dall’uomo per ottenere e privilegiare i migliori tratti comportamentali, come la docilità. Egli ipotizzava, infatti, che l’addomesticamento fosse dovuto a cambiamenti neurochimici e ormonali causati dalla selezione.
A questo punto, siamo nel 1959, Belyaev scelse la volpe argentata, varietà della volpe rossa (Vulpes vulpes), come soggetto dell’esperimento, poiché fa parte della famiglia dei Canidae e non era mai stato tentato il suo addomesticamento. Vennero selezionati gli esemplari più docili coi quali iniziare lo studio, in tutto 130, di cui 30 maschi e 100 femmine. Secondo il protocollo di Belyaev gli esemplari dovevano essere testati in modo mirato per stabilire con sicurezza la loro docilità e la capacità di mostrare affetto verso i ricercatori.
In base al comportamento vennero formate le prime tre classi: la classe III presentava individui aggressivi e non socievoli, la II individui ben disposti verso l’uomo ma non affettuosi, mentre nella I classe le volpi mostrarono atteggiamenti di affetto simili a quelli dei cani. Con l’avanzare della ricerca vennero aggiunte altre classi intermedie nelle quali, ad esempio, le volpi erano desiderose di stabilire un contatto umano, leccando i ricercatori o dimostrando di volere attenzioni.
Le norme indicate all’inizio dell’esperimento da Belyaev imponevano che ci fosse uno scarso contatto umano, dimodoché i segnali di una domesticazione potessero emergere per cause genetiche e non in seguito ad apprendimento o a fattori ambientali.
Il gene WBSCR17 è ritenuto un possibile responsabile nella differenziazione tra animali addomesticati e non.
Alla terza generazione, il 18% delle volpi rientrava nella classe ritenuta la più addomesticata, fino ad arrivare al 70-80% nel 2009. Quindi nel tempo le generazioni hanno acquisito innocentemente la docilità nei confronti dell’uomo. I cambiamenti manifestati dagli esemplari studiati non erano solo comportamentali ma anche fisiologici. Ad esempio, palesavano un abbassamento del livello di adrenalina e innalzamento della serotonina, di conseguenza ne derivavano differenze di tipo comportamentale, come il ritardo nel temere nuovi stimoli, o di tipo fenotipico, legate agli ormoni, come il colore della pelliccia, la forma del cranio e altri caratteri che difficilmente si trovavano nella forma selvatica.
La ricerca, durata 40 anni, evidenziò che effettivamente, nel caso della volpe argentata, la selezione effettuata dall’uomo aveva portato a un continuo aumento della docilità dell’esemplare, sempre più disposto nei confronti del contatto umano, e a cambiamenti fisiologici riscontrabili anche in altre specie domestiche.
Lyudmila Trut, l’assistente che seguì e portò avanti lo studio del genetista anche dopo la sua morte, affermò che l’ultima e anche la più importante domanda rimasta era fino a dove può spingersi l’uomo nella selezione di ciò che lo circonda.
Bibliografia
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Belyaev, D.K., “Destablizing Selection as a Factor in Domestication”, in Journal of Heredity, 1979.
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Defez, R., Il caso OGM. Il dibattito sugli organismi geneticamente modificati, Carocci, Roma 2016.
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