Storia tormentata di un monumento di Parigi
Che cosa hanno in comune alcuni affreschi voluti da Nicolas Flamel, una Danza macabra e una statua conservata al Louvre? Queste opere sono legate alla città di Parigi e a un edificio che, per secoli, ne è stato un simbolo: il Cimitero degli Innocenti.
La sua storia comincia nel X secolo, quando nel quartiere di Champeaux viene costruita una piccola cappella dedicata a San Michele. La cappella nel 1130, per volontà di re Luigi VI il Grosso, è sostituita da una chiesa dedicata ai Santi Innocenti, accanto alla quale sorge l’omonimo cimitero. Inizialmente il Cimitero degli Innocenti (Cimetière des Innocents o Cimetière des Saints-Innocents) ospitava solo i cadaveri dei sacerdoti, ma in breve tempo la sepoltura si allargò anche ai comuni cittadini. L’importanza del camposanto crebbe quando nel 1137 il mercato centrale di Parigi venne installato proprio di fianco agli Innocenti e, di conseguenza, iniziarono a sorgere pareri malevoli verso l’edificio, considerato sporco, brulicante di prostitute e di ladri d’organi.
Sotto il regno di Filippo II il cimitero fu dotato di mura alte tre metri, e tra il XIV e XV secolo, a causa della crescita demografica e del conseguente aumento delle sepolture, e si ritenne necessario scavare delle fosse comuni lungo il perimetro delle mura, che potevano contenere fino a 1500 cadaveri.
Contemporaneamente alla decisione di scavare tali fosse, lo scrivano Nicolas Flamel sovvenzionò la costruzione di ossari riparati da archi lungo il lato ovest delle mura, abbellendoli con affreschi. Nei secoli questi dipinti divennero meta di pellegrinaggio per gli alchimisti, in quanto si riteneva che anche Flamel lo fosse – per quanto la sua fama di alchimista sia successiva di molti secoli alla sua morte – e si diceva avesse criptato un messaggio alchemico trovato in un testo più antico scritto da un ebreo di nome Abraham[1].
Un’incisione raffigurante questi affreschi è conservata presso la Bibliothèque de l’Arsenal in due manoscritti intitolati Les Figures d’Abraham le Juif, nei quali si possono vedere sette piccoli riquadri che dovrebbero rappresentare i passaggi di stato del mercurio attorno alle figure più grandi di Dio Padre, dei santi Pietro e Paolo e di Flamel con la moglie Pernelle, mentre nei riquadri sottostanti altre immagini simboleggiano il compimento dell’opera alchemica. Non siamo qui per giudicare l’ipotetico messaggio nascosto in questi dipinti: importante è capire quanto questo cimitero fosse diventato parte integrante della vita cittadina, dove persone comuni si impegnavano ad abbellire e migliorare un luogo a loro molto caro.
Tra il 1424 e il 1425 venne eseguita nel cimitero una Danza macabra lungo la parete sud dell’ossario, distrutta nel 1669 a causa dell’abbattimento del muro su cui era dipinta. Questa era una delle più antiche rappresentazioni di questo tema moraleggiante, volto a indicare l’uguaglianza di tutti di fronte alla morte, in cui una trentina di cadaveri ghignanti si intrattenevano con altrettante persone di diversa provenienza sociale e, sotto ciascuna delle raffigurazioni, erano trascritte strofe che raccontavano l’ipotetico dialogo scambiato tra il cadavere e il personaggio[2].
Oltre che dagli affreschi, la struttura era abbellita da una serie di monumenti e opere d’arte, la più famosa delle quali è una statua in alabastro di autore anonimo conservata nella sala 13 del Museo del Louvre e chiamata La Mort Saint-Innocent[3]. Risalente al 1530 circa, l’opera era posta al centro del cimitero e raffigura la Morte trionfante: un lungo drappo ricopre un corpo scheletrico indagato nei minimi particolari, con il ventre privo di organi e le orbite oculari completamente vuote. Un sorriso sdentato e la testa coperta di radi capelli accoglievano il visitatore, il braccio sinistro alzato sembra pronto per calare e colpire l’osservatore mentre con la mano destra sostiene uno scudo sul quale è inciso:
Il n’est vivant tant soit plein d’art
Ne de force pour resistance
Que je ne frappe de mon dard
Pour bailler aux vers leur pittance
Priez Dieu pour les trepasses
Ovvero:
Non c’è vivente così pieno di arte
Così pieno di forza per resistenza
Che io non colpisca col mio dardo
Per dare ai vermi il loro pane quotidiano
Pregate Dio per i trapassati
Verso il XVIII secolo il Cimitero degli Innocenti iniziò un lento declino, tanto che sotto il regno di Luigi XV alcuni ispettori si lamentarono dell’impossibilità di condurre affari vicino al camposanto per via delle malsane condizioni in cui versava per l’uso eccessivo e del crescente olezzo derivante dalla lenta corruzione dei cadaveri. Il 10 marzo 1775 venne promulgato un editto che sanciva la soppressione del Cimitero degli Innocenti entro il dicembre del 1780, ma pochi mesi prima della chiusura la situazione divenne insostenibile.
A causa delle forti piogge, del peso dei cadaveri e dei liquami della decomposizione, il 7 maggio 1780 alcune mura che delimitavano una fossa crollarono, tanto che alcuni corpi finirono nella cantina di un’osteria adiacente. Questo fatto spinse il capo della polizia parigina, Jean Charles Pierre Lenoir, a portare in Parlamento la decisione della chiusura del cimitero e a vietare ulteriori sepolture in tutti gli altri cimiteri parrocchiali cittadini. Dal primo giorno del mese di dicembre i cancelli vennero chiusi e solo dal 1785 iniziarono i lavori di demolizione degli Innocenti.
Lo sgombero avvenne dal dicembre 1785 al gennaio 1788 e ogni sera, durante quei mesi, carri drappeggiati di nero e stipati di cadaveri, accompagnati da preti che cantavano l’uffizio funebre, formavano una lunga e lenta processione, chiusa da alcuni piangenti con fiaccole che intonavano preghiere. I cadaveri erano così tanti che il livello del terreno del camposanto era superiore di tre metri rispetto al piano stradale, tant’è vero che per questo spostamento furono necessari 11.898 carriole e 3475 carrozze, 2000 litri d’aceto e 2500 di acquavite[4]. I resti risultarono ancora utili: alcuni si presentavano incorrotti e la loro alta concentrazione di grasso venne sfruttata per produrre candele e saponi.
Un trasloco di questo genere era un avvenimento insolito; l’inviolabilità del sepolcro era una credenza saldamente radicata, e questa traslazione sembrava annunciare il crollo di un insieme di valori apparentemente immutabili, a breve distanza dalla fine dell’ancien régime e della monarchia francese.
Il posto occupato dagli Innocenti venne preso dal mercato comunale, poi spostato al Quartier des Halles, e la Fontana delle Ninfe, opera di Jean Goujon originariamente eretta di fianco alla chiesa annessa al cimitero, venne smantellata e posta al centro della nuova piazza. Il manufatto esiste ancora, sito nel mezzo di Place Joachim du Bellay, ed è conosciuto come Fontana degli Innocenti.
Si stima che durante il periodo di attività il cimitero abbia ospitato le salme di circa due milioni di parigini. Quelle presenti al momento della chiusura furono trasferite in catacombe assieme a quelle di altri camposanti cittadini.
Oggi due milioni di parigini svolgono le loro frenetiche attività sopra i resti dei loro avi. Speriamo solo che non li disturbino troppo!
Note
[1] G. De Givry, Il tesoro delle scienze occulte, Sugar Editore, Milano, 1968, pp. 292-294.
[2] Per approfondimenti si veda V. Dufour, La Danse Macabre des Saints-Innocents de Paris, Genève 1975.
[3] L’opera misura 1,20 × 0,55 × 0,27 m. Inv. R.F. 2625.
[4] M. Ragon, Lo spazio della morte. Saggio sull’architettura, la decorazione e l’urbanistica funeraria, Guida Editori, Napoli 1986, p. 70.