Una recensione dello spettacolo teatrale (Quale) Inferno: un’interpretazione insolita e vivace dell’Inferno di Dante. Di e con Marica Mastromarino e Nicola Savi Ferrari.
Lavorare sull’Inferno dantesco è un’arma a doppio taglio: se da un lato l’inesauribile potenzialità del testo promette interpretazioni virtualmente illimitate, dall’altro c’è l’onere di farsi spazio in una selva di precedenti artisti, drammaturghi, filologi e attori che hanno detto la loro sulla Commedia, commentando, interpretando o riadattando la visione dantesca.
(Quale) Inferno è il tentativo di estrarre una musica insolita dal poema, una sonorità varia, che entra ed esce dal tracciato ritmico dell’endecasillabo, seguendo l’estro di una propria licenza poetica. L’operazione è curiosa, distante dalle interpretazioni in lettura espressivamente cupe di Gassman e Benigni. Non si propone nemmeno come una prospettiva esegetica sul testo tramite la recitazione, come ad esempio quella dal taglio filologico di Vittorio Semonti. Qui, invece, la recitazione dei canti rimane volutamente fuori dall’analisi critica, per farsi ricerca formale, di scavo musicale. Il prima ad adottare questo approccio fu Carmelo Bene, con le sue recitazioni dalla Torre degli Asinelli di Bologna nei primi anni Ottanta. Fare pressione sul significante, forzare musicalmente il testo, per scoprici dentro una voce nuova, espressivamente potente, stralunata a volte. (Quale) Inferno però, pure condividendo l’approccio, si muove con una spensieratezza singolare nelle bolge infernali, priva di gravità, e qui sta il suo carattere.
Un voce (Marica Mastromarino) dialoga con una chitarra (Nicola Savi Ferrari) disegnando un percorso dell’orecchio che scandisce la discesa – fisica e metafisica – giù per le cerchie, passando per i momenti più drammaticamente densi dell’Inferno. La chitarra accompagna, ma non sempre sta al seguito della voce, ora la precede ora si affanna dietro alle parole, in un gioco di inseguimenti, fughe e riprese che si liberano in esperimenti sonori.
Nei momenti più riusciti della ricerca musicale, il testo – scandito nella sua forza poetica dalla dizione ferma e accogliente di Marica – soffoca il proprio flusso, si coagula in singhiozzi di suono, gutturali lamenti infernali, risate isteriche, derive di puro rumore. Stride a volte l’arrangiamento musicale col tessuto emotivo della narrazione, come quando la tragica fine del conte Ugolino è resa con inaspettata leggerezza musicale; il risultato è straniante, carico di colore. (Quale) Inferno è uno spettacolo agile, spensierato e – perché no? – capace d’intrattenere.
Il poema dantesco trabocca nel teatro in una gestualità minima. Marica e Nicola, Dante e Virgilio, sono praticamente immobili sul palco. Tutta l’azione si concentra nell’ordinatissima gestualità di lei, si scambiano appena qualche sguardo, un sorriso, e proprio così, riducendo l’azione al minimo, riescono a evocare attraverso la musica spiriti nuovi da un inferno che ci è familiare.
(Quale) Inferno, di Marica Mastromarino e Nicola Savi Ferrari. Supervisione di Benedetto Sicca. Produzione di Ludwig – Officina dei linguaggi contemporanei. 17 marzo 2017, Corte dei Miracoli, Milano.