Volevo dipingere la luce del sole

La casa editrice Bietti ha dato alle stampe un bel saggio di Ilaria Floreano che ha come soggetto la vita di Edward Hopper (Volevo dipingere la luce del sole. Vita di Edward Hopper tra pittura e cinema, 2016, 300 pp.). Si potrebbe pensare, a un primo sguardo poco accurato, all’ennesimo scritto su un tema già più volte trattato in molte sue sfaccettature; invece qui ci troviamo di fronte a un lavoro ben strutturato che vuole gettare luce su un aspetto dell’opera di Hopper, ovvero il rapporto tra l’artista e il cinema.Vita di Edward Hopper, Floreano, Bietti

Il saggio è diviso in quattro parti, che inquadrano in maniera temporale la vita di Hopper, la sua attività artistica e i suoi principali ispiratori. Costoro sono individuati nel fotografo Eugène Atget, che come l’artista «immortala una città campione di modernità creando immagini assolutamente non-moderne»; i pittori Edgard Degas e Jan Vermeer, il primo per il modo di guardare la realtà e a riproporla con taglio fotografico, il secondo per l’importanza della luce e la rappresentazione della «vita privata, suddivisa in compartimenti […] così come l’hanno vissuta in ambienti sempre uguali»; e il filosofo Ralph Waldo Emerson, la cui credenza in un’armonia tra uomo e natura è essenziale per il pittore perché gli fornisce una base per cogliere «la meraviglia e la casualità della natura studiandone in maniera più intima e benevola gli umori».

L’ultimo capitolo del saggio è dedicato al rapporto di scambio bilaterale tra Hopper e la settima arte, legami molto forti poiché i quadri dell’artista «hanno una qualità cinematografica, che si tratti dell’angolo di visuale chiuso in maniera repentina, come se una macchina da presa avesse compiuto uno zoom rapido in avanti», mentre il cinema è «l’unico in grado di realizzare il sogno di movimento implicito nei quadri di Hopper». Alcune immagini aiutano il lettore a capire questo rapporto mettendo in paragone alcune opere dell’artista a fotogrammi di film famosi come Crimini invisibili di Wim Wenders e The Danish Girl di Tom Hooper.

Questo è un saggio molto interessante, ben scritto e calibrato in maniera giusta in tutte le sue parti, capace di catturare l’attenzione sia degli amanti dell’arte che dei cinefili.

Autore

  • Laureato in Storia e Critica dell'Arte, ha una passione infinita per il Rinascimento tedesco, la batteria e la musica progressive. Ha la capacità innata di diventare un'ombra quando è al cospetto di troppe persone.

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