I lupi dalla zampa infarinata

Le storie d’amicizia: un classico del cinema hollywoodiano, dove si è affrontato il tema molto più che nella “gioviale” Cinecittà. Gli studios però si rivelano spesso scettici sulla possibilità di durevoli sodalizi tra gli uomini. L’amicizia deve forse avere un lato opaco?

Fotogramma di Jules e Jim diretto da François Truffaut (1962)

Fotogramma da Jules e Jim, di François Truffaut (1962)

Secondo Aristotele il possesso di tutti i beni del mondo non vale un buon amico. Forse solo il grande amore può darci la stessa gioia dʼuna grande amicizia e le due cose sono più vicine di quel che si pensa. Per i greci antichi, ad esempio, il termine φιλία oltre a indicare lʼamicizia rimanda anche al concetto di amore[1].

Per Empedocle lʼamicizia è addirittura una forza cosmica e come tale è sottoposta a un principio di complementarietà. Un amico, infatti, può anche essere (per altri) un nemico. Anzi, lʼidea di amicizia neanche potrebbe esistere senza la sua controparte dialettica: lʼinimicizia. Perciò, se da un lato è bello amare ed essere amati da un sodale, dallʼaltro lato è anche vero che lʼamicizia ha senso solo in un mondo che si divide fra amici e nemici. Un mondo di conflitti, insomma. Non a caso nel Medioevo cristiano, superato lʼorizzonte culturale greco-romano, alla parola “amico” si preferì la parola “fratello”, latrice di un messaggio di pacificazione universale in cui si era (almeno a parole) tutti figli dello stesso padre.

Chi vive in Italia, paese in cui le stratificazioni culturali sopra accennate si sono addensate nei secoli, comprenderà subito il senso di queste parole: «Lʼamicizia è come una supernova. Brilla forte, ma può celare un buco nero». Il lato oscuro dellʼamicizia, quellʼombra oltre la quale non si può saltare, ad esempio si manifesta in modo lampante se si analizza quellʼespressione in cui la parola amico ha una sorta dʼoscura tracotanza, quasi fosse un contagio di perversioni; se dico: «Gli amici degli amici degli amici», non mi sto riferendo affatto a nulla di bello o amorevole, ma a un consesso mafioso.

Scegliersi gli amici, in Italia, non dovrebbe essere cosa di poco conto, eppure, se si prescinde dai grandi duo comici (Totò-Peppino, Franchi-Ingrassia, Vianello-Tognazzi, ecc.) dove lʼamicizia è data per scontata o è solo il pretesto che unisce il comico alla sua spalla, i film italiani che trattano direttamente il tema dellʼamicizia sono relativamente pochi rispetto a quelli che trattano di famiglia, di lavoro o di rapporti uomo-donna.

Ne elenchiamo alcuni: Il sorpasso, la saga di Amici miei, C’eravamo tanto amati, svariati film di Salvatores (Marrakech Express, Turné, Amnésia, Io non ho paura, ecc.), il bellissimo C’era una volta in America di Leone, i recenti Non essere cattivo (capolavoro di Caligari, che già aveva affrontato il tema in Amore tossico) e Perfetti sconosciuti.

I cugini dʼoltralpe, ad esempio, sembrano tornare più spesso di noi sul tema amicizia. Basti ricordare: Zero in condotta, Jules e Jim, Bande à part, L’ottavo giorno, Arrivederci ragazzi, La cena dei cretini, L’uomo del treno, Tandem, Tre uomini e una culla, L’odio, L’albergo spagnolo, Ernest e Celestine, Quasi amici, Giù al Nord, Microbe e Gasoline. Insomma non sembra passi anno in cui i francesi non raccontino storie dʼamicizia.

La cinematografia che però ha più insistito e riflettuto, fino a farne un topos narrativo, sullʼidea di amicizia (soprattutto sul problema della selezione dellʼamico) non è francese o europea, ma statunitense, non solo per ovvie ragioni di dimensioni produttive.

Si accantonino anche qui le grandi coppie comiche del cinema (Stanlio & Ollio, Gianni & Pinotto, ecc.) e ci si focalizzi sullʼidea dʼamicizia nel cinema americano, cioè sulla relazione amicale come tema portante del film. Fin da subito ci si accorge che stilare un elenco esaustivo di film americani che parlano dʼamicizia è quasi impossibile.

Si può però tentare di far ordine utilizzando Aristotele. Il filosofo infatti distingueva tre tipi di amicizia: quella dovuta allʼutilità della relazione, quella vocata al piacere e, infine, la vera amicizia, governata dal principio del bene reciproco. Molti film americani sembrano ricalcare questo schema tripartito.

Ci sono film in cui lʼamicizia è vista in senso prettamente pratico e utilitaristico. In genere sono di ambientazione scolastica (ad esempio Grease). Qui è più importante il gruppo di amici che lʼidea di amicizia in sé. Essere membro di una confraternita offre la protezione dalla prepotenza di gruppi rivali (La rivincita dei nerds) oppure dà la possibilità di un riscatto sociale (The Skulls). Appartengono al genere utilitaristico anche le storie che narrano di professionisti (in genere del crimine) che diventano amici (talvolta lo sono già) per via di un lavoro da compiere (Il grande Lebowski, La stangata, Colpo grosso).

In altre pellicole lʼamicizia si rivela catalizzatore di forze che spingono (in genere i giovani) alla sovversione, anche se si tratta spesso di ribellioni di tipo edonistico o anti-moralistiche; per la serie: sesso, sballo e rock & roll (Animal House, Porky’s, American Pie, ecc.).

Vi sono poi quei film nei quali lʼamicizia è transizionale (gli amici la portano con sé nel tempo) ed è intesa come bene reciproco. Qui il sodalizio amicale spesso aiuta i membri a evolvere verso una nuova fase della vita o verso lʼagnizione di sé, oppure verso lʼaccettazione consapevole di un destino infausto se non, addirittura, tragico. Sono film di questo genere pellicole come Stand by Me – Ricordo di un’estate, Pomodori verdi fritti alla fermata del treno, ma anche Thelma e Louise, Il cacciatore, Daunbailò, Un uomo da marciapiede, Broken Flowers.

Eppure queste tre categorie non esauriscono il filone principale dellʼamicizia nel cinema americano. Il leitmotiv dei film americani sullʼamicizia è infatti quello della selezione del vero amico e/o lo svelamento del falso amico. Il film che funge da modello di tutte le storie in cui lʼamicizia è un sentimento messo alla prova è Il terzo uomo di Reed-Welles ma moltissimi film (specie western e noir) trattano di questo tema, da Scarface (di Hawks) fino a Le iene o Donnie Brasco, passando per Pat Garrett e Billy Kid.

Il caso vuole che il numero 13 negli USA porti male. Non è per superstizione né, pertanto, colpa dellʼesagramma 13 dellʼI Ching se la cinematografia americana si mostra scettica in fatto di Compagnia tra gli uomini. Ci son valide ragioni legate allʼindividualismo e alla competizione se a Hollywood la paura che lʼamico sia in realtà un nemico, un lupo con la zampa infarinata, sfiora la paranoia ed è messa in scena ossessivamente.

Questo genere di film rispecchiano timori, senso di solitudine, senso di straniamento per il disfacimento dei vecchi valori e rispondono, inconsciamente, al modo in cui un americano percepisce il mondo se pensa ai rapporti sociali, alle dinamiche lavorative, alle lobby multinazionali o alle alleanze tra gli USA e i partner internazionali. Insomma, per dirla in termini da vecchia politica: il cinema americano registra la difficoltà di avere amici in un mondo in cui i valori religiosi hanno sempre meno peso e che è sempre più dominato dai metodi di produzione capitalistici.

Per comprendere quanto la dialettica amico-nemico sia importante nel cinema hollywoodiano non cʼè che un regista: Clint Eastwood. A partire dagli anni Novanta si può dire che quasi tutto il suo cinema sviluppi, in innumerevoli film di genere, il tema del sacrificio di sé come vera prova dʼamicizia (nonché della malattia ma questa è unʼaltra storia).

Di amici parlano: Gli spietati, Un mondo perfetto, Potere assoluto, Debito di sangue, Space Cowboys, Mystic River, Million Dollar Baby, Invictus e, soprattutto, Gran Torino, che riassume tutti gli altri.

In Gran Torino, Walt è un vecchio razzista che deve sopportare il giovane figlio dei suoi vicini, immigrati orientali, che disprezza apertamente (Walt è stato in Vietnam). Ma la conoscenza del giovane e dellʼetica della sua famiglia (più un cancro incurabile) lo porteranno a sacrificarsi per salvare il ragazzo dallʼinfluenza di una gang di giovani violenti che, più che amici, si rivelano infidi nemici. Cʼè tutto il cinema americano: i cari vecchi valori, lʼamico e i lupi dalle zampe infarinate.

Note

[1] Anche e nel mondo latino la parola amicus condivide la stessa radice di “amore”.

di Amedeo Liberti

Autore

  • È redattore de La Tigre di Carta. Dopo gli studi di Filosofia e in Analisi e Gestione dell'Ambiente e del Paesaggio, si dedica alla sua terza grande passione assieme a Pensiero Teoretico ed Ecologia, fare il videomaker. Un suo corto "La Banalità Del Mare" è stato accettato al XIII Siena Short Film Festival. Oggi lavora come proiezionista per la Fondazione Cineteca Italiana. In pratica è sempre al cinema.

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