Sì, tutti viviamo nel nostro microcosmo, una bolla in cui è impossibile avere una visione d’insieme; tuttavia rimane forte la sensazione che in questo Paese si stia stretti, e che anche nella tanto decantata Milano ci sia poco lavoro. In risposta a questo disagio collettivo – soprattutto tra gli studenti – ho letto che c’è l’intenzione di fondare delle “università professionali”, proseguimento d’elezione per i periti e i professionali.
Sta bene che l’esigenza economica abbia la sua fetta, ma il gioco delle parti si basa sull’equilibrio… Questa iniziativa, invece, snatura il compito dell’Università, che non è un centro interinale per il lavoro, ma un luogo dove costruire un individuo come eccellenza nell’ambito del pensiero e delle capacità di visione d’insieme. D’altra parte, questa tendenza è ovvia, visto che viviamo nell’ottica della professionalizzazione progressiva del Sistema Universitario. Meno se consideriamo che non tutti i laureati possono essere ingegneri, economisti e medici professionisti. Nell’ambito della conoscenza esistono due tipologie di discipline: da una parte le materie sincroniche, che hanno un effetto immediato sulla società, dall’altra le materie diacroniche, ossia quelle che guardano alla complessità della conoscenza in prospettiva e cercano di trasmetterla. L’equilibrio sta nel rispettare questi due aspetti. Cosa che non avviene.
Il problema è che senza umanisti e senza ricercatori scientifici non avremo la possibilità di formare economisti, ingegneri e medici, perché questi ultimi saranno incapaci di comprendere la complessità linguistica della loro materia, di interpretare un testo e di essere aggiornati. Non è un caso che la prima causa di malasanità sia la comunicazione inefficace: basta spiegare male la terapia a un paziente per fare in modo che egli non la capisca e quindi non la segua correttamente. Insomma, dovremmo imparare tutti a leggere e a parlare con più attenzione e cura. Ma se la classe degli insegnanti e dei ricercatori è la più vecchia di Europa e la più malpagata e se buona parte degli umanisti e ricercatori scientifici vanno all’estero che facciamo? Più che un Paese di eccellenze, stiamo costruendo un deserto. Tutto perché Scuola e Università non sono un settore strategico per i nostri organi di Governo. Altrimenti non sarebbe stato possibile nominare Ministra dell’Istruzione una persona che non ha nemmeno il diploma.