Juno: quando scienza (e amore) trionfano

Una storia di inseguimenti, a metà tra mitologia classica e astrodinamica: vivranno tutti felici e contenti?

«Caro I Ching, ti leggo con immortale interesse: i tuoi consigli superano di gran lunga le divinazioni degli aruspici! Ti scrivo perché la mia gelosia è diventata ormai proverbiale; vivo assillata dal fatto che, approfittando della mia lontananza, attorno a mio marito ha iniziato a orbitare una quantità innumerevole di donne e giovanotti… e lui non si tira mai indietro! Io d’altro canto inizio a temere che il nostro rapporto possa risentirne. Dici sia il caso di intervenire? Come posso fare? Aiutami!»

Non avremmo mai pensato di ricevere nella casella di posta de La Tigre di Carta una lettera di questo tipo: dopo tutto il nostro impegno nel diffondere il valore dell’I Ching, c’è ancora chi ne confonde i poteri divinatori per una posta del cuore! Forse intimorite dal prestigioso mittente, le monetine han voluto dare il loro responso:

«Esagramma 17: “Il seguire ha sublime riuscita”.

Vedrai, cara Giunone, che… “Perseveranza reca salute”.»

Sì, Giunone. Proprio la Giunone che pensate voi: la prosperosa dea che, appena nata, fu divorata con gli altri fratelli dal padre Saturno, terrorizzato dalla possibilità di essere detronizzato, e che fu salvata dal fratello Giove, destinato a diventare suo marito nonché re degli dèi. Risulta quindi più chiaro quanto si tratti effettivamente di un caso disperato: un marito fedifrago come Giove è raro da trovare. Eppure Giunone, pur di seguire il consiglio dell’I Ching e scovare il marito, si è messa d’impegno. Avrà riunito un gruppo di titani, semidèi o avventurosi eroi, penserete voi. Quasi: un gruppo di scienziati.

Juno Jupiter

Figura 1. Il polo di Giove fotografato durante l’avvicinamento di Juno. Credits: NASA/JPL

Andiamo con ordine. Questa storia inizia almeno quattrocento anni fa, con alcune osservazioni astronomiche destinate a segnare la storia. Mi riferisco a Galileo Galilei che, puntato per primo il telescopio verso il cielo, si accorse che attorno al pianeta Giove orbitavano quattro lune, i cosiddetti “satelliti medicei”. È il 1610, con questa osservazione Galileo concludeva che non tutti i corpi del Sistema Solare ruotano attorno alla Terra, lanciando un valido argomento a favore della teoria eliocentrica di Niccolò Copernico. Simon Marius, astronomo tedesco che osservava Giove nello stesso periodo di Galileo, rimase colpito dal legame quasi sentimentale (benché Newton preferirà chiamarlo “gravitazionale”) fra il pianeta e le sue lune. Con questa motivazione, le denominò con i nomi dei più celebri amanti del re degli dèi: Io, Europa, la ninfa Callisto e Ganimede, il coppiere degli dèi. Una sera del prossimo inverno, con un semplice telescopio amatoriale (e la fortuna di un cielo non eccessivamente illuminato), potete riuscire a paparazzarli anche voi senza troppa fatica. In realtà i satelliti medicei non sono altro che i maggiori satelliti di Giove; oggi sappiamo dell’esistenza di circa settanta lune, che la tradizione astronomica ha deciso di chiamare per lo più con i nomi delle sue amanti: Giunone non aveva torto ad aver esaurito la pazienza.

Come sentenziato dall’I Ching, dopo miliardi di anni in cui il re degli dèi ha vissuto circondato da concubine, è giunto il tempo di una reunion fra i due coniugi. È qui che entrano in gioco gli scienziati della NASA, che il 5 agosto 2011 dalla base militare di Cape Canaveral (Florida) hanno lanciato… Juno (Giunone, in latino). Non si è trattato ovviamente di una variante divina della “donna cannone”: Juno è la sonda NASA finalizzata allo studio più ravvicinato di sempre del pianeta Giove.

Per raggiungere Giove, ci è voluto un po’ di tempo: Juno ha colto in flagrante il marito lo scorso 4 luglio, dopo di che ha incominciato a girargli attorno e continuerà a farlo per 37 volte, da polo a polo, divenendo tra l’altro la prima sonda a orbitare attorno ai poli di Giove. In un periodo in cui lo studio degli esopianeti (ossia pianeti osservati al di fuori del Sistema Solare) la fa da padrone presso l’opinione pubblica (che sogna di incontrare E.T.) e in sede di assegnazione dei grant di ricerca, la possibilità di comprendere nel profondo le proprietà dei pianeti più vicini a noi diventa un’occasione speciale per la ricerca astronomica e l’ingegneria aerospaziale. Le misurazioni che riuscirà a svolgere Juno, ad esempio, consentiranno agli astrofisici di compiere una cernita fra le diverse teorie riguardanti la formazione del “gigante gassoso” (come spesso è chiamato Giove) ma anche di verificare se esiste una componente solida al suo interno. Non solo: la spedizione si propone anche di comprendere l’origine del campo magnetico di Giove e la composizione della sua atmosfera, nonché di descrivere l’interazione fra di essi, che dà luogo al fenomeno delle aurore.

Juno rotta

Figura 2. Uno schema dell’inseguimento di Giove da parte di Juno: dal lancio del 5 luglio 2011 (1) al gravity assist dell’ottobre 2013 (3), passando per le manovre del settembre 2012 (2). Infine, l’inserimento nell’orbita di Giove nel luglio 2016 (4). Adattato da: NASA/JPL.

Tante aspettative e tante curiosità: la spedizione continuerà fino a febbraio 2018, sperando che non si realizzi la profezia dell’esagramma di sviluppo! («Si siede assillati sotto un albero spoglio e si finisce in una valle buia. Per tre anni non si vede nulla».) Abbiamo quindi ancora tempo per stupirci con le immagini (come quella in Figura 1) e le informazioni che la sonda ci fornirà.

In realtà, però, ancora prima di arrivare a destinazione Juno ha saputo stupirci. Il processo di “inseguimento” attuato per raggiungere Giove può sembrare un’acrobazia degna dei migliori circensi: la sonda non ha percorso un’autostrada galattica in linea retta, ma ha compiuto una serie di volteggi (vedi Figura 2 e questa versione animata) tra cui una manovra di “assist gravitazionale” (anche chiamata “fionda gravitazionale”) con la Terra. L’interazione gravitazionale fra una navicella spaziale e un pianeta in moto prevede che ci sia uno scambio di energia tra i due che, in opportune condizioni, permette di accelerare notevolmente la velocità della navicella e rallentare infinitesimamente il pianeta. Nel caso specifico Juno, a più di due anni dal lancio, il 9 ottobre 2013 è tornata ad avvicinarsi alla Terra, fino a una distanza di 558 chilometri. Questa operazione le ha consentito di “rubare” al nostro pianeta quella che per la Terra è una piccolissima frazione di energia cinetica ma che ha permesso a Juno di raggiungere la velocità record di 265.000 km/h e di deviare la sua traiettoria verso Giove. Tramite quest’accurata manovra, si riesce a rendere particolarmente efficiente il viaggio che, pur essendo più lungo, richiede meno carburante. Non è finita qui: una volta arrivata nei pressi di Giove, è risultato fondamentale riuscire a dosare opportunamente la frenata (o inchiodata, considerate le velocità), in modo da non far precipitare la sonda sul pianeta ma nemmeno di farla partire per la tangente. A complicare la già di per sé rischiosa manovra, aggiungete il ritardo delle comunicazioni (48 minuti e 19 secondi) dovuto alle grandi distanze.

Non siamo forse abituati a questo tipo di effetti speciali, ma in realtà Juno non è stata la prima sonda a cimentarsi in simili acrobazie: la sonda spaziale Messenger della NASA per raggiungere Mercurio ha subito due assist gravitazionali con la Terra, due con Venere e tre con Mercurio stesso; Cassini ha subito la fionda di Venere, della Terra e di Giove prima di raggiungere Saturno. Eppure, Juno, con i suoi quasi tre miliardi di chilometri (percorsi sfruttando l’energia raccolta dai suoi pannelli solari) e tutti gli altri suoi record, raccoglie la nostra simpatia… se non altro, perché legge La Tigre di Carta.

di Amedeo Bellodi

Autore

  • Unisce orgoglio classicista (voleva dedicare la sua vita alla letteratura greca), curiosità scientifica (è poi finito a studiare astrofisica) e passione per la musica (il pianoforte su tutti).

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