Siete in vacanza, state mangiando una bella fetta di pizza e… splaf! Il condimento vi cade addosso. Gauss ci spiega come evitare questa gaffe con un suo fantastico e golosissimo teorema.
Alzi la mano chi si è sentito dire che la matematica serve perché il mondo segue leggi matematiche. In questa stessa rivista abbiamo mostrato come intuizioni matematiche descrivano fenomeni quali il caos, il moto dei pianeti, il concetto di nulla e di infinito. Sembra che tutto ciò che segue leggi matematiche debba per forza essere inaccessibile e complicato. Non è così, e soprattutto in questi caldi giorni d’agosto non intendo pescare un esempio dal solito calderone. Invece: vi siete mai chiesti come mai quando si mangia una fetta di pizza e la si tiene piegata leggermente a forma di “U”, la parte molle verso la punta non cade ma rimane magicamente bella diritta? Ebbene, anche qui c’è un bellissimo teorema di geometria che spiega perché debba essere così. Si chiama Theorema Egregium ed è dovuto a Gauss, ma già sembra di essere tornati ai sopracitati risultati enigmatici. No! Questo teorema parla solo di curvature e di superfici, e per comprenderlo basta un po’ di immaginazione e l’aiuto di qualche disegno.
Sappiamo tutti più o meno cosa sia la curvatura di una… curva, almeno qualitativamente, ma è utile fare uso di maggiore precisione quantitativa. Va detto che per i matematici una curva è un oggetto unidimensionale e continuo. Per intenderci: un filo, nell’astrazione in cui esso venga privato di ogni spessore. Questo include il caso in cui il “filo matematico” sia diritto. In questo caso la curva è un (segmento di) retta, e allora diciamo che la sua curvatura è uguale a zero. Per essere più precisi, si può calcolare la curvatura in ogni punto della curva; quindi, ad esempio, può esserci un tratto di curva diritto, in cui ogni punto la curvatura è zero, e poi altri tratti con curvatura non nulla. Non ci serve sapere come la curvatura venga effettivamente calcolata, ci basta ricordare che in ogni punto di una curva possiamo assegnare un numero, chiamato curvatura”, che è zero se lì la curva è diritta, e non nullo altrimenti.
Similmente, una superficie può essere immaginata come un lenzuolo privato di ogni spessore, un oggetto continuo e bidimensionale. Possiamo pensare anche alle diverse forme che una bandiera assume svolazzando nell’aria, o a una buccia d’arancia, ecc. Vogliamo parlare di curvatura della superficie in un suo punto, ma come fare? Un’idea è quella di guardare alla curvatura delle curve contenute nella superficie che passano per quel punto (se pensiamo al lenzuolo, sono ad esempio i “fili” dell’intreccio che passano per quel punto). Per ottenere queste curve, si procede come mostrato in Figura 1: si considerano tutti i piani normali (ovvero perpendicolari) alla superficie in quel punto, e si considerano le curve formate dall’intersezione tra ciascun piano e la superficie. Per ciascuna di queste curve possiamo calcolare le curvature in quel determinato punto: queste vengono chiamate curvature normali.
Delle infinite curvature così ottenute, la massima e la minima curvatura sono particolarmente importanti, perché grazie a un teorema dovuto a Eulero tutte le altre possono essere ricavate da queste. Non a caso vengono chiamate curvature principali, e le indichiamo con λ1 e λ2 (si veda di nuovo la Figura 1). Tra l’altro, lo stesso teorema assicura che, se λ1 e λ2 sono numeri diversi tra loro, allora le due curve, di cui λ1 e λ2 rappresentano le curvature, sono necessariamente perpendicolari tra loro. Ricapitolando: in ogni punto di una superficie possiamo identificare due numeri detti curvature principali, che sono le curvature (in quel punto) di due particolari curve che passano per quel punto della superficie. Un esempio pratico e banale è quello della superficie piana: in questo caso le due curvature principali λ1 e λ2 sono entrambe nulle (vedi Figura 2).
Dato un punto sulla superficie, possiamo fare il prodotto K = λ1 × λ2 delle due curvature principali, un numero chiamato curvatura di Gauss della superficie in quel punto, e finalmente siamo in grado di comprendere il Theorema Egregium. Esso afferma che, in ogni punto di una superficie, la curvatura di Gauss rimane la stessa, indipendentemente da come questa superficie venga posizionata nello spazio, a patto che non venga allungata o stirata o ripiegata. Non importa quindi quale sia la forma che una bandiera assume nello spazio mentre sventola spinta dal vento: in ogni suo punto la curvatura di Gauss rimarrà sempre costante, perché è una proprietà intrinseca della bandiera. Ad esempio, prendiamo un foglio di carta piatto, che come abbiamo visto ha in ogni punto le due curvature principali λ1 = λ2 = 0, e allora ha curvatura di Gauss K = λ1 × λ2 = 0, cioè nulla in ogni punto. Possiamo certamente arrotolarlo in un cilindro senza stiracchiarlo, e in questo modo abbiamo modificato una delle due curvature principali (diciamo λ1) in un valore non nullo, perché in una direzione abbiamo curvato tutte le rette in circonferenze. Ma non riusciremo ad arrotolare il cilindro nell’altra direzione senza spiegazzare o distorcere il foglio: il Theorema Egregium impone che il prodotto λ1 × λ2 (cioè la curvatura di Gauss) rimanga nullo, quindi se λ1
non è zero deve essere[1] λ2 = 0, ovvero le curve nell’altra direzione devono necessariamente rimanere rette. Oppure, prendiamo come superficie un pezzo di una buccia d’arancia pensata sempre privata di ogni spessore, ovvero una superficie sferica. Essa ha le due curvature principali entrambe non nulle (perché una superficie sferica non contiene nessun segmento di retta: tutte le curve che essa contiene sono effettivamente curve) e quindi curvatura di Gauss non nulla. Allora essa non potrà mai essere schiacciata perfettamente su un foglio di carta piatto senza stiracchiarla, perché passeremmo da una superficie con curvatura di Gauss non nulla a una con curvatura di Gauss nulla, e questo è impossibile per il Teorema di Gauss. Questo spiega perché tutte le mappe della Terra necessariamente distorcono in qualche modo il planisfero, modificando ad esempio le aree o gli angoli.
Veniamo dunque alla fetta di pizza. Se la pensiamo come superficie, quando questa è lasciata sul piatto ha chiaramente curvatura di Gauss nulla in ogni punto, e per il Theorema Egregium essa deve rimanere nulla, indipendentemente da come la fetta si pieghi mentre la portiamo in bocca. Se proviamo a tirarla su tenendo la crosta piatta, la gravità avrà gioco facile nell’inclinare la punta verso il basso, perché la cur
vatura di Gauss si mantiene nulla in ogni punto, come mostra la Figura 3. Ma se invece pieghiamo la crosta a forma di “U”, come mostrato nella Figura 4, la fetta rimarrà matemagicamente diritta nell’altra direzione, quella che va dalla crosta fino alla punta! Questo perché, come nell’esempio precedente del cilindro, in quella direzione la curvatura principale deve rimanere nulla, ovvero la fetta non può piegarsi in giù senza distorcersi in qualche modo, cosa che se l’impasto è fatto bene non accade.
La geometria dovrebbe essere collocata, non a fianco dell’aritmetica, che è puramente aprioristica, ma con la meccanica.
(Carl Friedrich Gauss)
Note
[1] Questo perché il prodotto di due numeri diversi da zero non è mai uguale a zero: almeno uno dei due fattori deve essere nullo per risultare in un prodotto nullo.