di Marco Saporiti
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Albrecht Altdorfer (Ratisbona, 1480 ca. – 1538) si presenta come il maggior esponente della scuola artistica danubiana e, assieme ad Albrecht Dürer, Mathias Grünewald e Hans Holbein, ha il grande merito di aver aperto all’arte tedesca le porte dell’Età Moderna e di aver fatto strada al Rinascimento[1].
Tra il 1509 e il 1516 esegue un grande altare dedicato a San Sebastiano, voluto dall’abate Peter Maurer, per l’abbazia agostiniana di Sankt Florian, nelle vicinanze di Linz. Nel 1513 viene chiamato a Innsbruck da Massimiliano d’Asburgo per eseguire una serie di miniature volte a celebrare la casata asburgica e l’Imperatore.
Raggiunta un’agiatezza economica e un buon rango sociale Altorfer si impegna anche nella vita politica della propria città (come fecero anche Dürer a Norimberga e Riemenschneider a Würzburg) arrivando il 18 settembre 1528 a essere nominato borgomastro di Ratisbona. Purtroppo dovette ricusare l’incarico poiché venne chiamato dal duca Guglielmo IV di Baviera per eseguire (assieme ai pittori Hans Burgkmair, Melchior Feselen e altri) una serie di raffigurazioni di storie secolari e bibliche per la sua residenza a Monaco. Altdorfer, tra i pittori chiamati all’opera sicuramente il più dotato, ebbe l’incarico di dipingere la Battaglia di Isso[2], combattuta da Alessandro Magno contro il re persiano Dario nel 333 a.C.
Il punto di vista dell’opera è rialzato, a volo d’uccello, e lo sguardo dello spettatore si sofferma sulla miriade di soldati dipinti fin nei minimi particolari (che per libertà artistica Altdorfer vestì con le armature dei cavalieri e dei lanzichenecchi del suo tempo); si può vedere perfettamente la disposizione di ogni singola truppa sul campo di battaglia e, al centro di questa, è possibile notare Dario in piedi su un carro trainato da tre cavalli intento a ritirarsi inseguito da Alessandro Magno, in sella al suo destriero. In lontananza bellissimo il particolare dell’accampamento fuori dalle mura della città sul mare.
Superata la visione della battaglia l’occhio si ferma sulla bellissima apertura paesaggistica (una delle più belle rappresentazioni nel suo genere nella storia dell’arte tedesca) ricca di acqua e montagne, con nubi tumultuose che dalla parte di Alessandro Magno si aprono per far spazio al disco nascente del sole mentre fanno da corona alla falce della luna al di sopra di Dario: come se le forze della natura avessero già scelto il vincitore di questo scontro. Il paesaggio si fonde con il tumulto della battaglia e richiama nella sua tensione atmosferica l’importanza e l’esito degli avvenimenti rappresentati.
Nel centro del cielo è presente un cartello che riporta in latino la descrizione della battaglia:
« ALEXANDER M(AGNVS) DARIVM ULT(IMVM) SVPERAT
CAESIS IN ACIE PERSAR(VM) PEDIT(VM) C(ENTVM) M(ILIBVS) EQUIT(VM)
VERO X M(ILIBVS) INTERFECTIS MATRE QVOQVE
CONIVGE; LIBERIS DARII REG(IS) CVM (M(ILLE) HAVD
AMPLIVS EQVITIB(VS) FVGA DILAPSI CAPTIS »
Traducibile in:
«Alessandro Magno, sconfitto l’ultimo Dario, tra 100.000 fanti e più di 10.000 cavalieri uccisi tra le file dei persiani. Mentre il re Dario è riuscito a fuggire con non più di 1.000 cavalieri, sua madre, moglie e figli sono stati presi prigionieri.»
Dalla tabella con l’iscrizione latina, circondata da un drappo rosso intenso, pende un cordone che riporta lo sguardo dello spettatore alla battaglia, in un moto circolare continuo che porta lo sguardo sempre alla nuova ricerca di dettagli.
Quest’opera chiude un’epoca splendente per il Rinascimento tedesco, che inizia il suo declino nel 1528 alla morte di Albrecht Dürer a Norimberga e di Mathias Grünewald a Halle, prosegue con Hans Holbein il Giovane che lascia la Germania per recarsi in Inghilterra in qualità di pittore di corte e termina alla morte di Hans Burgkmair ad Augusta e di Tilman Riemenschneider a Würzburg nel 1531. Solo Lucas Cranach il Vecchio e Albrecht Altdorfer continuano a operare, e sono loro a chiudere la porta su una delle stagioni migliori dell’arte europea.
Note
[1] F. Ficker, Altdorfer, Mondadori, Milano 1977, p. 28.
[2] L’opera del 1529 è conservata presso l’Alte Pinakothek di Monaco, misura 158 × 120 cm ed è eseguita su una tavola di legno di tiglio.