di Ivan Ferrari
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Fermezza interiore, esteriore mitezza: Francesco d’Assisi incarna la “forza domatrice piccola”. Nel Cantico di Fratello Sole, contro la falsa grandezza dell’opulenza che conduce all’egoismo, si scopre che la povertà materiale consente l’accesso all’autentica grandezza spirituale.
Prendo in prestito il titolo per questo articolo dallo splendido album che Angelo Branduardi dedicò alla figura di Francesco d’Assisi, evocata dal cantautore anche in opere precedenti. L’infinitamente piccolo uscì nel 2000, mentre era in corso il Giubileo che precedette l’attuale. Oggi si rinnova la centralità, entro l’ampio quadro del cattolicesimo, di questo insolito mistico medievale, in ragione del successo mediatico ottenuto dal papa che ne prende il nome. La storia di Francesco d’Assisi è generalmente nota e il Canto XI del Paradiso di Dante, musicato nell’opera di Branduardi, ne contiene una sintesi commovente.
Spesso si dice che questo sia un papa capace di piacere anche a chi, come lo scrivente, non è né cattolico, né cristiano. Pare che piaccia di più a molti di noi miscredenti che non ad alcuni dei suoi stessi correligionari. Non voglio fare considerazioni sull’opportunità dell’una o dell’altra propensione, perché nessuno ha titolo per farne. Tuttavia, se l’obiettivo del gesuita Bergoglio era affascinare chi non fa parte della sua Chiesa, richiamarsi a quello che, tra le altre cose, fu il primo poeta a comporre versi in volgare invece che in latino, per farsi intendere anche dalla gente meno erudita, allora è stata la scelta più logica. Francesco d’Assisi ha sempre impressionato chiunque ne abbia studiato il profilo agiografico, perché la sua autenticità e dedizione prescindono completamente dal fatto che la santità sia o non sia un parto della fantasia umana. Nato ricco, Francesco d’Assisi rinunciò a tutti i suoi averi per sposare “Madonna Povertà” e le sue prediche miravano anzitutto a includere maggiormente nella società cristiana gli strati sociali più bassi del XII secolo. Per questo inventò il primo presepe che non era affatto una scena in miniatura, ma una vera e propria recita popolare della natività. Rimando il lettore interessato a Lu santo jullare Francesco, monologo del ‘99 di Dario Fo, per approfondire la vicinanza del personaggio alle espressioni artistiche popolari.
Il pauperismo francescano è un mirabile esempio di ciò che di più affascinante, almeno per la mia sensibilità, ha da offrire il cristianesimo al mondo: un pensiero contro-intuitivo. L’amore di Francesco per tutte le cose dell’universo, così come viene definito nel Cantico delle Creature, o Cantico di Fratello Sole, è semplicemente sconvolgente. Lo è nella stessa misura in cui è sconvolgente ipotizzare una divinità assoluta che non solo assomma alla propria natura increata quella creaturale dell’uomo, ma sceglie di essere un uomo semplice, povero e addirittura inerme davanti alla crudeltà altrui. La non-violenza, la fraternità e il disprezzo per la ricchezza dimostrate da Gesù di Nazareth erano, infatti, il traguardo morale che Francesco d’Assisi indicava all’umanità come unica rivoluzione buona per tutti. Ma se questo ideale è relativamente semplice da capire, non lo è minimamente il fatto di ringraziare il Cielo per l’esistenza di cose spaventose come la morte. Anche se i cristiani credono nell’esistenza di un’anima immortale, questo fatto non li mette al riparo dall’aspetto sconvolgente del Grim Reaper, le cui opere si configurano sempre e comunque come uno scandalo agli occhi della ragione.
L’odio verso la morte, verso le brutture del mondo e verso chi ci ferisce è una reazione spontanea e appare persino ovvia. Ribaltare questa prospettiva è un lavoro profondo e veramente rivoluzionario. Francesco arriva a questo ribaltamento in un processo di più ampia rivalutazione del mondo che, dal suo punto di vista, non può più essere la “Valle di Lacrime” che i primi mistici cristiani rifuggivano nelle solitudini di grotte e sepolcri. Egli ritenne la vita umana sulla Terra un’occasione di amare e di prodigarsi attivamente per la diffusione, non tanto del cristianesimo, quanto della misericordia e della pace. Il suo ruolo nell’ambito della Quinta crociata è poco chiaro, ma sappiamo che si recò disarmato a discutere e confrontarsi con i Saraceni, iniziativa quantomeno strana in quel contesto. Qualunque cosa sia accaduta nel campo musulmano, al frate fu permesso di tornarne con le sue gambe. Si direbbe un ottimo esempio di forza piccola che ammansisce una grande forza mediante la dolcezza. Questo personaggio incarna perfettamente l’esagramma Siau Cciù, perché alla sua fermezza interiore corrispondeva l’esteriore mitezza.
Alcune azioni di Francesco d’Assisi appaiono persino autodistruttive, secondo il senso comune. Eppure il suo atteggiamento lo allontana moltissimo dalla mortificazione con cui i suoi predecessori spesso avevano cercato la santità. La rinuncia alla ricchezza comunemente intesa è condizione necessaria all’acquisizione di una ricchezza completamente diversa e molto più rara. Francesco non cercava tanto santità e gloria, quanto la propria felicità. Pochi uomini hanno lavorato alla propria realizzazione con altrettanta forza d’animo. La differenza tra la rinuncia agli agi di Francesco e quella alla vita del pianista, di cui ci parla l’articolo di Victor, consiste nella consapevolezza del primo di stare perdendo solamente ciò che gli impediva di diventare compiutamente la persona che desiderava essere.
Il cantico sintetizza questo approccio attivo e nel contempo mite alla realtà. La risposta che propone agli aspetti negativi dell’esistenza consiste in un’accettazione che non è mai inerte. Tradizionalmente datata 1224, si tratta dell’opera più antica della letteratura italiana, a meno che non si voglia considerare tale l’Indovinello veronese, datato tra l’VIII e il IX secolo. C’è qualcosa di dolce nel fatto che la nostra storia letteraria sia iniziata con un indovinello e una poesia di alto livello, invece che con qualche noioso trattato. Ovviamente c’era già un cosmo letterario alle spalle della lingua italiana, ma una nascita tanto bella è stata presaga di ciò che ha saputo diventare autonomamente nei secoli.
Altissimu, onnipotente, bon Signore,
tue so’ le laude, la gloria e ‘honore et onne benedictione.
Ad te solo, Altissimo, se konfàno et nullu homo ène dignu te mentovare
Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le tue creature, spetialmente messor lo frate sole, lo qual è iorno, et allumini noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore, de te, Altissimo, porta significatione.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora luna e le stelle, in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale a le tue creature dai sustentamento.
Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate focu, per lo quale ennallumini la nocte, et ello è bello et iocundo et robustoso et forte.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.
Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore, et sostengo infirmitate et tribulatione.
Beati quelli ke ‘l sosterrano in pace, ka da te, Altissimo, sirano incoronati.
Laudato si’ mi’ Signore per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò skappare: guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali; beati quelli ke trovarà ne le tue santissime voluntati, ka la morte secunda no ‘l farrà male.
Laudate et benedicete mi’ Signore’ et ringratiate et serviateli cum grande humilitate.