di Filippo Scacchi
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Le bizzarrie dei parassiti: da organismi così piccoli proviene una straordinaria forza manipolatrice, talvolta subdola, capace di assoggettare gli animali che li ospitano e di garantire loro maggiore sopravvivenza.
Uno degli aspetti più interessanti e affascinanti del mondo animale è lo studio dei parassiti. Dopo questa affermazione, sentitevi liberi di smettere di leggere, nessuno vi giudicherà. Per noi mammiferi la vita è abbastanza semplice; si nasce, si cresce e si muore. In mezzo si cerca di riprodursi e si pagano le tasse. Per rettili e uccelli è abbastanza simile: nasci da un uovo invece che da una vagina (concettualmente non cambia granché, almeno per quanto riguarda strettamente l’atto del nascere, altre considerazioni a parte), ma almeno non paghi le tasse. Per molti altri non è però così semplice e ciò che esce dall’uovo deve spesso affrontare numerose metamorfosi prima di diventare un adulto e avere, finalmente, la possibilità di far ricominciare il ciclo. Non importa quanto digiuni di zoologia, tutti ricordiamo come i girini diventino rane o i bruchi farfalle. Molti parassiti, però, hanno diversi stadi vitali, spesso all’interno di organismi ospiti diversi, e vivono in un ambiente (il corpo dell’ospite) che cerca attivamente di ucciderli. Tutti gli esseri viventi cercano di influenzare l’ambiente circostante per i propri scopi, ma se sei un parassita l’ambiente cerca a sua volta di influenzare te; non dovrebbe stupire che abbiano evoluto dei meccanismi difensivi così originali.
Alcuni parassiti sono, infatti, in grado di modificare il comportamento dell’ospite per meglio servire i propri scopi, spesso in maniera altamente deleteria (leggasi “mortale”) per l’ospite. Toxoplasma gondii è un parassita batterico diffusissimo tra molti animali diversi, uomo compreso, che tipicamente non presenta sintomi (a parte casi patologici o infezione durante la gravidanza). T. gondii può parassitare molti animali diversi, ma per potersi riprodurre deve trovarsi nel corpo di un felino, come ad esempio un gatto domestico. È stato osservato nei roditori parassitati da T. gondii un cambiamento nel comportamento che aumenta la probabilità per l’ospite intermedio (il topo) di venire predato dall’ospite definitivo (il gatto). I topi infetti diventano meno timorosi nei confronti dei felini e in generale si muovono più spesso, esplorano aree più ampie e mostrano livelli più bassi di ansia. Secondo alcuni studi la toxoplasmosi potrebbe essere in grado di modificare anche il comportamento umano, promuovendo la comparsa di diversi disturbi comportamentali generalmente indicati con il termine “sindrome da gattara pazza” (crazy cat-lady syndrome). Giuro, non me lo sto inventando! Prima di abbandonare il vostro gatto in autostrada, sappiate che questa teoria è ancora oggetto di studio e l’insorgenza della malattia molto rara. La Tigre di Carta non è responsabile per eventuali danni a persone, oggetti o gatti legati alla lettura di questo articolo.
Dicrocoelium dendriticum è un verme che trascorre la sua vita adulta all’interno del fegato di un ruminante, tipicamente una mucca, dove depone le uova che vengono escrete con le feci. Il primo ospite intermedio, una lumaca terrestre, consuma le feci e viene infettato dalle larve, dove esse si sviluppano in una fase giovanile. La lumaca, per difendersi dai parassiti, imbozzola le larve in una sorta di muco che poi espelle. Il secondo ospite intermedio, una formica, utilizza il muco come una fonte di umidità. I parassiti entrano nell’intestino della formica e vanno alla deriva attraverso il suo corpo. La maggior parte delle larve s’incistano nel corpo della formica, dove maturano; ma una di esse si muove verso il “cervello” della formica e ne prende il controllo. Quando scende la sera e l’aria si raffredda, la formica infetta si allontana dagli altri membri della colonia e si porta sulla cima di un filo d’erba, dove rimane fino all’alba. In seguito, torna alla sua normale attività presso la colonia di formiche. Se la formica infetta venisse sottoposta al calore del sole diretto, morirebbe con il parassita. Notte dopo notte, la formica risale in cima al filo d’erba fino a quando un animale di pascolo arriva e mangia il filo d’erba e con esso la formica, ricominciando così il nuovo ciclo.
Myrmeconema neotropicum è un nematode che parassita una particolare specie di formica tropicale chiamata Cephalotes atratus.
Il parassita fa sì che l’addome della formica infetta si gonfi e assuma una colorazione rosso brillante; inoltre la formica infetta si muove più lentamente, si allontana maggiormente dal nido e tiene l’addome costantemente sollevato. L’addome rosso viene spesso scambiato per una bacca da numerose specie di uccelli, che mangiano la formica infetta e successivamente ne diffondono le uova in un areale molto ampio tramite le feci.
Glyptapanteles è un genere di vespe le quali depongono le proprie uova all’interno del corpo dei bruchi. Quando le larve emergono, il bruco prende posizione nei pressi dei bozzoli delle pupe, inarca la schiena, e cessa di muoversi o di mangiare. Tuttavia, quando disturbato, reagisce violentemente. Non nutrendosi più, il bruco alla fine muore. È stato dimostrato che questo comportamento è volto a colpire e respingere eventuali predatori della pupe, migliorando così le loro probabilità di sopravvivenza. Infatti, su venti bruchi non parassitati solo uno risponde in questo modo, contro il 60% dei bruchi infetti. I tassi di mortalità per pupe non custoditi da bruchi parassitati sono significativamente più elevati. Nel corso della ricerca si è scoperto che non tutte le larve emergono dal loro ospite bruco. Uno o due rimangono dietro e attive, probabilmente rinunciando alla propria possibilità di svilupparsi per migliorare le probabilità di sopravvivenza delle altre.
Infine, Ophiocordyceps unilateralis è un fungo, noto anche come “fungo zombie”, che infetta le formiche della tribù Camponotini. Il fungo induce contrazioni improvvise del corpo dell’ospite che ne causano la caduta dalla chioma degli alberi su cui tipicamente vive. La formica quindi si arrampica sul fusto di una pianta e utilizza le sue mandibole con anormale forza su una vena della foglia. Una volta che le mandibole della formica sono fissate alla vena di foglia, l’atrofia insorge rapidamente, e la formica non è più in grado di controllare i muscoli della mandibola e rimane fissata nella posizione.
Quando il fungo è pronto a riprodursi, i corpi fruttiferi crescono dalla testa della formica, rilasciando le spore e uccidendo l’ospite. Questo processo richiede da quattro a dieci giorni. I cambiamenti nel comportamento delle formiche infettate sono molto specifici, dando origine al termine popolare “formiche zombie”. Le formiche generalmente mordono la vena di una foglia ad una altezza media di 25 cm, sul lato nord della pianta, in un ambiente con il 94-95% di umidità e temperatura tra 20 e 30° C.
In tutti i casi che abbiamo visto, un minuscolo parassita, una Forza domatrice piccola, è in grado di muovere un animale molto più grande e spingerlo a fare ciò che “vuole”. Tipicamente comporta morire in maniera orribile, ma questo è la norma nelle scienze naturali. Dobbiamo però fare attenzione a non vedere una progettualità in questi meccanismi o un’intelligenza nella complessità. In quanto umani, dotati di intelligenza e progettualità, ci è difficile guardare a meccanismi così complessi senza vederci una finalità o uno scopo. Immaginiamo, però, di poter ripercorrere all’indietro la storia di questi organismi, riavvolgendola come un film. Quello che vedremmo è il progressivo e lento recedere in forme e meccanismi via via più semplici, dove ciò che funziona viene mantenuto e ciò che non funziona viene abbandonato. La complessità è data dall’infinito sommarsi di semplicità. Come un fiume trova il modo più rapido per arrivare al mare sotto l’effetto della forza di gravità, così gli organismi si evolvono per adattarsi al meglio all’ambiente; e con lo stesso livello di progettualità.
Bibliografia
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Lagrue, Clément; Kaldonski, Nicolas; Perrot-Minnot, Marie J.; Motreuil, Sébastien; Bollache, Loïc (November 2007). “Modification of hosts’ behavior by a parasite: field evidence for adaptive manipulation”. Ecology 88 (11): 2839-2847. doi:10.1890/06-2105.1.