L’evoluzione di un Bird di quartiere

di John De Martino

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Il grande sassofonista Charlie Parker, intervistato da Paul Desmond sull’origine del suo inconsueto talento, rivela che non c’è nulla di strabiliante: è un’evoluzione graduale conquistata in ore di esercizio e di serate trascorse nei cortili sul retro dei pub ad ascoltare musica.

Non esiste nulla dove potrebbe posarsi la polvere.

Riflessioni di un acaro: non esiste nulla su cui dovrebbe posarsi la polvere.

Con un colpo di mano, se così possiamo dire, l’I King mette in difficoltà più articolisti, mostrandosi con un esagramma ancor più riflessivo, in apparenza non così lontano dal precedente. Nel caso della musica, invece, le principali differenze rispetto alla Potenza del Grande portano interessanti spunti di analisi e percezione della realtà in relazione alla materia musicale.

Ho in mente il genere di musica che conosco con più cognizione di causa (forse no, ma facciamo finta), il Jazz, e immediatamente, associando più neuroni possibile al tema in questione, mi balza alla mente una lunga serie di cose. Si tratta di un infinito ripetersi di consigli, affermazioni, frasi buttate lì al momento, lezioni, situazioni, suoni. Questi elementi in fondo sono ciò che attraversa la mente di uno studente quando bazzica per qualche anno in un’accademia di musica, oppure ciò che colpisce e fa crescere lo stesso giovane nel momento in cui si trova a suonare con persone musicalmente interessanti, e “Pensa te, non mi ero mai accorto che tendo a fare questa cosa in quella situazione”.

«Lo Spirito è uno specchio di cui pulire la polvere per restituirgli lucentezza» rimanda in qualche modo al fatto che in ogni momento della vita sia necessario nutrire noi stessi, nutrire il proprio spirito affinché questo eterno processo di Accrescimento possa ogni volta essere riproposto, ripetuto e, se me lo si concede, percosso incessantemente. «Non esiste nulla dove potrebbe posarsi la polvere» diventa ora un’affermazione ancor più interessante; forse più per un mio viaggio mentale all’interno dell’analisi grammaticale della stessa; forse perché, in effetti, il modo più definito di trovare una dimensione propria all’interno di questo mondo, un perfetto delimitare la propria persona associando il proprio spirito ad una pratica, diventa uno dei, se non il miglior modo di calmare istinti di non appartenenza al terreno che calpestiamo, al pianeta da cui siamo ospitati.

Tornando alla musica, tutti questi spunti, se tutto va bene, hanno il grande potere di incentivare l’inespresso desiderio di non lasciare mai la polvere su qualsiasi oggetto da affrontare in termini di studio e applicazione. Per questo ho deciso di portare un estratto di un’intervista che il grandissimo sassofonista americano Paul Desmond (1924-1977) fece in una radio di Boston alla leggenda Charlie Parker (1920-1955) interessandosi di vari argomenti legati a questo “nuovo modo di suonare il sassofono”, che potremmo definire come l’avvento della cultura Bebop nella tradizione jazzistica, in qualche modo ideata dalle frasi, lo stile e l’approccio allo strumento di musicisti tra cui Parker, Dizzy Gillespie (1917-1993), Bud Powell (1924-1966), Thelonious Monk (1917-1982), estremamente moderno per l’epoca. Nonostante sia tutta da leggere (o da ascoltare anche su YouTube), ho deciso di prendere in considerazione solo una piccola parte dell’intervista, nel momento in cui Desmond si interessa, tra le cose, di questa incredibile abilità tecnica dell’intervistato, assolutamente impareggiabile per l’epoca.

Paul Desmond e Charlie Parker

P.D. – Another thing that’s been a major factor in your playing is this fantastic technique, that nobody’s quite equaled. I’ve always wondered about that, too – whether there was – whether that came behind practicing or whether that was just from playing, whether it evolved gradually.

Un’altra cosa che caratterizza il tuo modo di suonare è questa fantastica tecnica, che nessuno riesce minimamente a pareggiare. Mi sono sempre chiesto se nasca dalla pratica, se nasca più semplicemente dal suonare, e se si sia sviluppata gradualmente.

C.P. – Well, you make it so hard for me to answer you, you know, I can’t see where there’s anything fantastic about it all. I put quite a bit of study into the horn, that’s true. In fact the neighbors threatened to ask my mother to move once when we were living out West. She said I was driving them crazy with the horn. I used to put in at least 11 to 15 hours a day.

Beh mi viene difficile risponderti, sai, non vedo nulla di particolarmente fantastico su questo. Ho messo un po’ di studio sullo strumento, questo è vero. I vicini di casa minacciarono mia madre di cacciarci di casa quando vivevamo ad Ovest. Mi disse che li stavo facendo impazzire col sassofono. Di solito studiavo dalle undici alle quindici ore al giorno.

P.D. – Yes, that’s what I wondered.

Esatto, era questo che mi chiedevo.

C.P. – That’s true, yes. I did that for over a period of  3 to 4 years.

È vero. Ho fatto così per un periodo di tre,   quattro anni.

P.D. – Oh – yeah. I guess that’s the answer.

Oh, ok! Beh credo questa sia la risposta.

C.P. – That’s the facts, anyway.

Questi sono I fatti.

Questa breve conversazione mostra in maniera piuttosto limpida e umana come molti personaggi del passato siano stati spesso idealizzati, portati all’estremo dell’esaltazione, allo stesso modo di un illuminato, di un personaggio che, in possesso fin dalla nascita di certe grandi abilità, non ha fatto altro che esporle per diventare il mito che tutti conosciamo. Purtroppo spesso non è così, e Parker non era affatto un illuminato, suonava il sassofono e cercava, come tutti i suoi colleghi suoi contemporanei e non, semplicemente il modo di trarre più musica possibile da far passare sotto le sue dita. Venne soprannominato Bird come evoluzione del soprannome Yardbird, poiché spesso cercava di entrare nei pub a sentire musica e la maggior parte delle volte, non avendo i soldi per entrare si ritrovava nel retro, vicino al muro, ascoltando quel che usciva dalle finestre.

Nel momento in cui Desmond sottolinea quanto sia strabiliante il livello tecnico del suo interlocutore e gli chiede da dove nasca, il buon Parker gli risponde che non vede nulla di particolarmente strabiliante in quel che suona, corroborato dal fatto che, dopo aver spiegato che per tre, quattro anni studiò il suo sassofono dalle undici alle quindici ore di fila al giorno, (con annessi problemi condominiali) rimanendo con i piedi estremamente per terra considera questo semplicemente un discorso di causa ed effetto. Ciò che voglio far emergere, con il mio pensiero, è l’estrema umanità e semplicità con cui un personaggio del genere, osannato da tanti grandi musicisti, non riesca a contenere il suo altissimo grado di normalità e umiltà, spiegando che, come se ce ne fosse bisogno, per diventare virtuosi la pratica è il segreto.

L’esagramma di sviluppo, Dopo il Compimento, rivela un ulteriore argomento di riflessione, riconducibile anch’esso a parametri musicali. Questa riflessione nasce dal fatto che lo stesso I King ci parla di una protensione verso un grande obiettivo, che al tempo stesso dà occasione di nobilitarci nel momento in cui pratichiamo, lentamente, costantemente. Questo grande obiettivo, però, sembra non avere davvero una conclusione definitiva; deve però avere un filo conduttore, una motivazione accompagnatrice. Se questa motivazione è salvare noi stessi, trovare una forma per realizzare esclusivamente l’io, sarà una strada di un certo tipo, se invece essa include non solo noi ma tutti quanti, allora la protensione verso il concreto ed il vero sarà molto più azzeccata, poiché più conciliabile con il fatto che in tali ambiti si richiede ricerca, stupore, analisi infinite. Non è dunque il traguardo che ci deve assillare, inteso come fine di tutto quanto, oltre cui non andare più: il percorso è arduo ma ha ciò che ci può salvare.

Provate a trasferire queste parole all’interno del vivere quotidiano di un Charlie Parker di quartiere: il gioco è fatto.

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Yardbird Suite Charlie Parker, 1946


Bibliografia:
Jazz, Arrigo Polillo, ediz. Oscar Mondadori.

Discografia:
The Immortal Concerts. Toronto, Massey Hall, May 15 1953 (Parker, Gillespie, Powell, Mingus, Roach).

Autore

  • Studia batteria jazz alla Civica di Milano. È un musicista nato, anche se per capirlo ha dovuto studiare per un anno filosofia. Ora vive praticamente nel suo box, dove si esercita e invita gli amici musicisti.

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