La Redazione
///
Che succede?
Chi frequenta i locali del Dipartimento di Filosofia dell’Università Statale di Milano ha forse visto comparire sulle bacheche, nella giornata di martedì 15 dicembre, alcuni volantini dal tono allarmato.
Si presentiva, e in quella data è venuto improvvisamente alla luce, un precipitare dei già tesi rapporti tra due supposte scuole, o fazioni, che nella nostra università come sulla scena internazionale si contrappongono per il modo in cui intendono l’esercizio della filosofia.
Sette professori hanno chiesto di essere trasferiti al Dipartimento di Storia per dare un’espressione concreta alla loro protesta contro l’andamento che sta venendo impresso all’insegnamento della filosofia nel nostro ateneo: e, specificamente, da un lato contro l’accentuazione dell’interesse per quei settori dove si intersecano interrogativi e metodologie filosofici e interrogativi e metodologie scientifici; e contro, dall’altro lato, il relegamento in secondo piano dello studio critico della storia del pensiero.
In questo contrasto pare emergere la contrapposizione tra due orientamenti nella filosofia odierna che si riconoscono, o siamo abituati a riconoscere, sotto i nomi di “filosofia analitica” e “filosofia continentale”.
Quelli di noi redattori della Tigre di Carta che si sentono, oltreché studenti della Statale, anche studiosi di filosofia ritengono che di questa contrapposizione sia grave e preoccupante soprattutto il frequente degenerare sul piano politico o meramente ideologico, mentre quasi mai essa viene giocata sul piano dei meriti e demeriti filosofici dei due “metodi”: discutendo i quali, forse, si potrebbe scoprire che la contrapposizione stessa è meno fondata o meno insuperabile di quanto si crederebbe altrimenti.
Non vogliamo nemmeno necessariamente proporre noi stessi la questione nei termini di “analitici” contro “continentali” e viceversa. Forse non è questa la polarità di fronte alla quale ci troviamo, forse essa deve comunque trovare un’espressione concettuale meno banalizzante, forse il problema è quello, più generale e ancora più importante, della natura stessa della filosofia tra storia da una parte e scienza dall’altra.
Per questo riteniamo che la questione abbia una necessità profonda di essere dibattuta filosoficamente: le parti, che sembrano lottare senza esclusione di colpi quanto alle implicazioni accademiche, e politiche in senso accademico, del problema, sembrano d’altronde ignorarsi quanto alla rispettiva attività di ricerca e tendono a non entrare nelle questioni di merito – che sono, ovviamente, anche rilevanti questioni di metodo.
La nostra rivista di cultura, arte e scienza, La Tigre di Carta, vorrebbe mettersi a disposizione come spazio pubblico e gratuito per rendere possibile questo dibattito: permettendo a chiunque lo desideri di intervenire con un proprio contributo alla discussione sul valore e sui limiti dell’uno o dell’altro dei due orientamenti. Onde consentire loro di fare ciò che sempre le filosofie dovrebbero fare: parlare le une con le altre in nome di una ricerca onesta.
Come contribuire?
Allo scopo finale di realizzare un numero speciale della nostra rivista, che una volta completato verrà stampato e distribuito gratuitamente in università, vi invitiamo caldamente a inviarci i vostri articoli. Di seguito le indicazioni per partecipare:
- L’articolo dovrebbe avere una lunghezza non inferiore alle 3000 e non superiore alle 10000 battute (spazi inclusi); contributi più lunghi sono comunque benvenuti, ma per ragioni di spazio potrebbe risultare inevitabile pubblicarli solo online. Per il resto, chiediamo di attenersi alle norme redazionali indicate a questo link.
- Per fornire una traccia alla discussione suggeriamo le seguenti domande come spunto secondo cui, facoltativamente, si può orientare la stesura del proprio articolo – sia che esso abbia un carattere prevalentemente saggistico (nel qual caso, esortiamo a dedicare la giusta attenzione alle fonti bibliografiche), sia che invece abbia un taglio originale.
- La contrapposizione tra filosofi “analitici” e “continentali” è fondata? Se lo è, a quale dei due orientamenti sarebbe da dare più spazio in questo momento, e perché? Se non lo è, in quali termini risulterebbe più opportuno caratterizzare l’attuale frammentazione in seno al panorama filosofico, in modo anche da avvicinarsi a una sua possibile soluzione?
- Nel momento in cui la filosofia si rivolge alla scienza, quest’ultima dovrebbe essere trattata come un suo oggetto di studio oppure come un suo metodo o strumento? Come si configura il rapporto tra le due?
- Qual è il rapporto tra la filosofia e la storia della filosofia? La storia della filosofia è filosofia a sua volta? In che misura si può filosoficamente fare a meno della storia della filosofia?
- Se il numero di articoli inviati sarà tale da costringerci a operare una selezione (che sarà comunque effettuata secondo criteri il più possibile seri e imparziali) pubblicheremo comunque sul sito anche quelli non selezionati per il cartaceo.
- Il termine per inviare il materiale è il 25 gennaio 2016. Lo speciale sarà pubblicato nella seconda metà di febbraio.
- L’indirizzo a cui inviare i contributi è: collabora@latigredicarta.it.
Per ulteriori informazioni, siamo a vostra disposizione a: info@latigredicarta.it.
Gentili studenti, rispondo alla vostra lettera per quanto mi riguarda. Mi pare che la vostra proposta di dibattito sul confronto analitici-continentali, che prende a pretesto le vicende interne al corpo docente del nostro Dipartimento, sia del tutto fuorviante, e sintomo di un certo provincialismo culturale. Permettetemi di essere schematico: 1. La richiesta di trasferimento interno ad altro Dipartimento è una scelta individuale, finalizzata a garantire ad ogni docente la libera adesione a una comunità scientifica e di ricerca. Come tale non è assolutamente richiesta l’approvazione del Dipartimento di partenza, ma solo quella del Dipartimento di accoglienza (oltre che del Consiglio di amministrazione). 2. Che qualche collega (la cui identità resta a me ignota) abbia deciso di “drammatizzare” la questione, ispirando due articoli del tutto disinformati e fuorvianti al quotidiano Repubblica, inventandosi un inesistente conflitto tra “progressisti” e “tradizionalisti”, è solo frutto di malcostume accademico (della solita tendenza tutta italiana di chi si sente in difetto, di “buttare tutto in politica” ovvero in “caciara”. 3. Il problema della sopravvivenza autonoma dei quattro Dipartimenti umanistici (Storia, Filosofia, Lettere, Beni culturali) è un problema strutturale, che dovrà essere affrontato dal Rettore, ragionando coi Didettori dei vari Dipartimenti, e incoraggiando sccorpoamenti e fusioni (dato che i numeri minimi richiesti mancheranno a breve in tutti e quattro i Dipartimenti. 4. Personalmente sono sempre stato favorevole a un accorpamento con Storia, che è il più naturale per la vicinanza tra le Classi di Concorso e che favorirebbe una migliore coordinazione tra attività scientifica e didattica (gli studenti dei due corsi di laurea continuano a chiederci esami integrativi, per agevolare la partecipazione eventuale alle due classi di concorso per l’insegnamento nelle scuole superiori). 5. Auspico che i colleghi che fanno scelte diverse ricerchino analoghe soluzioni. 6. Il tema delle “due culture” (tipico tema anni ’50), ora rinverdito da alcuni come tema del contrasto tra analitici e continentali, è un tema che per nostra fortuna non riguarda la tradizione milanese, caratterizzata da sempre da grande apertura e pluralismo di metodi. Oltretutto è un tema superato nei fatti (dato che i filosofi analitici sono ipiù interessati alla filosofia continentale, e viceversa). Se mai il problema è quello della crescente subordinazione della scelta dei temi di ricerca alla logica dei finanziamenti privati, che induce molti a orientarsi verso tematiche “main stream”. Ma le persone serie e sinceramente votate alla filosofia sanno prescindere da tali considerazioni e seguire il loro “demone” (almeno me lo auguro). State perciò sereni, che sarete comunque in buone mani. Studiate, come diceva Gramsci, perché avremo bisogno della vostra intelligenza (e non solo delle vostre professionalità, affinché paghiate le nostre attuali pensioni e quelle vostre future…).
Gentile prof. Vigorelli,
sentiti ringraziamenti per la sua decisione di mettersi in contatto con noi, cosa che già avevamo pensato di fare rivolgendoci a lei personalmente, al di là della nostra lettera aperta, soprattutto dopo esserci incontrati per caso – forse ricorderà – una sera di qualche settimana fa al Conservatorio di Milano, in occasione delle Sonate per violoncello e pianoforte di Beethoven eseguite da Burnello e Lucchesini.
Bando ai preamboli, anzi: permetta anche a noi di essere schematici.
1. Che la richiesta di trasferimento sia una scelta personale e di natura accademica, senza diretti riferimenti a contrasti filosofici, siamo stati fra i primi a metterlo in chiaro agli studenti, per evitare approcci fuorvianti,
2. Che alcuni fronti, sfruttando anche canali di informazione non sufficientemente preparati, stiano “giocando” con i termini “analitici-continentali” o con l’ormai obsoleto tema del Two cultures, anche lì abbiamo avuto cura di mettere in guardia i lettori per evitare di importare facili ingenuità all’interno del nostro numero speciale dedicato alla questione.
3. Ci siamo già visti riconoscere da parte di altri docenti il fatto che il grado di disinformazione sulla faccenda cui sono stati messi a parte gli studenti – talvolta anche con il nobile intento di non coinvolgerli nelle lotte accademiche, che con il fare filosofia c’entrano ben poco – provenga dai docenti stessi.
4. Ecco quindi che, al contrario del suo incipit, proprio per schivare alcuni provincialismi culturali provenienti direttamente “dalla fonte”, e che sfruttano pretesti per fuorviare dall’orizzonte della filosofia, gli studenti – matricole, laureandi, dottorandi e assegnisti – stanno aderendo a questo nostro numero speciale, per trovare in esso un momento in cui fare soltanto filosofia, che mostri quanto questo desiderio sia capace di prendere una forma anche indipendente o parallela a quella dipartimentale pur di essere soddisfatto, cheriveli quanto in un momento in cui l’attualità cerca di piegare l’esercizio della cultura, si possa anche tentare un movimento contrario, e che veda nelle recenti lotte accademiche non già il cuore del dibattito, quanto un segnale che sia ora di riprenderlo in altra sede, pur in una forma più aggiornata, sempre seria e pacata.
5. Perciò abbiamo lasciato come ultimo punto la sua opinione sui rapporti fra dipartimento di filosofia e storia: ha poco senso, a nostro modo di vedere, che i punti di vista rimangano accennati o poco argomentati, donde l’esigenza del monografico. Poiché, per fortuna, altri docenti ci stanno inviando alcuni contributi anche per dimostrare di non essere sordi alle richieste degli studenti, forse talvolta ingenue o imprecise ci mancherebbe, avremmo sincero piacere a ricevere un suo breve contributo che spieghi la sua idea secondo la quale il gemellaggio con storia sia coerente con il lavoro didattico, soprattutto perché proverrebbe da un autentico storico della filosofia come lei.
Ci faccia sapere le sue disponibilità e buone vacanze.
Cordialmente,
Federico Filippo Fagotto
Direttore editoriale e responsabile