Non ero mai stato alla stazione di Porta Vittoria. Lo so, vivo a Milano da più di vent’anni, ma che volete farci? Capita. Ci sono andato la prima volta alcuni giorni fa per conto della Tigre, sapendo solo che avrei dovuto recarmi nel sottopassaggio della stazione e chiedere a qualcuno uno spazio per esporre qualche copia della rivista. Appena scese le scale dell’ingresso in viale Molise sono rimasto subito disorientato: era enorme. Corridoi lunghissimi senza fine e biforcazioni ad ogni angolo. Non mi aspettavo decisamente uno spazio così imponente per un sottopassaggio che non ha nemmeno una stazione della metropolitana, e niente da fuori lo lasciava sospettare.
Dopo aver camminato alcune decine di metri senza una meta precisa, subito vedo un grande atrio luminoso con persone che entrano ed escono con aria indaffarata. “Ci siamo”, mi dico. All’interno alcune ragazze stanno sistemando dei teli colorati sul pavimento e preparando un rinfresco. Mi avvicino con aria interrogativa e una delle ragazze mi viene incontro. Come tutte le altre, è diplomata all’Accademia di Brera – mi dice – e insieme organizzano dei laboratori di arte per ragazzi che hanno problemi a relazionarsi. Autistici soprattutto. Guardo i lavori esposti, le foto alle pareti e rimango davvero colpito: sono seriamente belli.
Non hanno idea di cosa sia La Tigre di Carta e io decido di non disturbarli, chiedo di scattare un paio di foto e mi allontano. Un signore mi si avvicina incuriosito dalla rivista che ho in mano e inizia a farmi un sacco di domande. Contento dell’attenzione finalmente ricevuta, gli regalo la copia. Per ringraziarmi, mi invita a seguirlo poco distante, dove stanno per iniziare le prove del coro. Ecco, penso, quello dev’essere il luogo che mi hanno assegnato.
Giungiamo ad un altro atrio poco distante dove dozzine di persone stanno sistemando giacche ed effetti personali per andare a sedersi su degli spalti improvvisati. È così che conosco il coro Cantosospeso, anche loro purtroppo non hanno idea di chi io sia, ma sono sin da subito gentilissimi e fanno di tutto per mettermi a mio agio. Il maestro, di nome Wagner (sul serio), mi racconta che è arrivato “in missione” dal Brasile, dove canta in uno dei più famosi cori Sudamericani, il Luther King, fondato nel 1970 da Martinho Lutero (inizio a pensare che mi prendano in giro, ma ho controllato ed è proprio vero). Cantosospeso invece nasce a Milano nel 1987 dall’unione di persone interessate alla musica popolare sudamericana, ma che ora si esercita ed organizza concerti dal classico Verdi alla musica africana. A proposito, se volete iscrivervi anche voi, basta che andate lì a Porta Vittoria e chiedete come ho fatto io, anche se sono sicuro che devono avere un sito internet.
Dopo aver ascoltato le prove lascio lì le poche copie che mi sono rimaste e decido di girare tutta la stazione per vedere quali altre sorprese mi può riservare. Mi imbatto in una grande galleria di quadri di nome “El Modernista”, una sala prove di una scuola di recitazione e musica di nome “Dualband” e perfino in una sala dove si teneva una “lecture” di poesie sui pesci. Conosco anche il grande Camillo Dedori, che mi aspettava ma che non avevo ancora incontrato. È lui che gestisce tutti quegli spazi del sottopassaggio e si offre di farmi da cicerone raccontandomi tutto quello che c’era da sapere sulle moltissime associazioni che sfruttano quei fantastici spazi, tra cui soprattutto Artepassante, che conoscevo già grazie ad una mostra a Porta Venezia. Alla fine del lungo “giro” lo ringrazio e lo saluto calorosamente, passo a fare un altro saluto ai ragazzi del coro che sento distintamente già dal corridoio e mi allontano tornando in superficie.
Mentre cerco un autobus mi accorgo che in tutto questo mi sono perfino dimenticato di vendere le riviste. Ma come diavolo avrò fatto a non passare mai da Porta Vittoria?