di Federico Filippo Fagotto
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17mila componenti uguali. Eppure, 17mila pezzi unici.
Il Padiglione Giappone ad Expo 2015 – che i tanti visitatori hanno eletto, come si sa, uno dei più attrattivi – si sostiene da sé, grazie alla sua struttura lignea ad incastro ispirata alla trabeazione dei templi buddhisti e composta di tanti “mattoncini” a forma di croce. La crescente inalazione della cultura giapponese sull’importante polmone milanese sembra comportarsi in modo simile.
Un insieme di tanti tasselli, simili e diversi, che cercano di riunire il mosaico della vasta cultura nipponica, grazie alla spinta delle attività legate, più o meno direttamente, proprio al suo Padiglione. Si pensi al Salone del Giappone allestito al Palazzo delle Stelline, a conclusione di un lungo interesse che questo spazio ha rivolto alle particolarità giapponesi (come la proiezione di Anime, le sponsorizzazioni della Japan Tourism Agency, le vetrine dedicate a Hello Kitty e alla Mitsubishi Chemical Holdings Corporation, tanto per dirne alcuni), oppure al recente Obama Days dedicato alla città della prefettura di Fukui nello spazio in via Fiori Chiari, nel cuore di Brera, o infine alle iniziative appena concluse dopo essere accorse a dare risonanza a questo genere di argomenti: dalla Cascina Cuccagna che ha ospitato il Milano Sake Week, al cinema Anteo che si è ricordato della grandezza di un regista come Ozu.
Tutto ciò solo per nominare le ultimissime attività, ma a voler essere micragnosi si farebbe notte. Chi riceve le notifiche da parte del Consolato Giapponese lo sa bene. È una valanga di inviti!
Tuttavia, non ci si spaventi. Se ci si saprà destreggiare nella foresta aggrovigliata, ma non per questo meno affascinante, della cultura giapponese la luce del Sol Levante filtrerà pur sempre fra tutti questi rami, proprio come fra i mattoncini in legno del suo Padiglione.
I membri dello Staff e il gruppo che organizza gli eventi già lo sapeva. Questo il motivo per cui in mezzo a tante iniziative – di cui le più recenti sono quelle incentrate sul cioccolato, sui fiori simbolo di omotenashi (l’ospitalità nipponica), sul tonkatsu (la cotoletta di maiale impanata) e sul yoshoku (la cucina occidentale influenzata da quella estremo-orientale) – era necessario trovare un momento di raccordo.
Il Japan Day, occorso sabato 11 luglio, ha svolto questa funzione. Non solo una serie di sfilate, parate e feste con musiche e danze, e nemmeno soltanto l’occasione, azzeccatissima, di riunire le regioni e le prefetture danneggiate dal terremoto del Tohoku, rievocandone i rispettivi folklori attraverso le differenti celebrazioni delle maggiori festività. È stato un momento complessivo, in cui quel che c’è della cultura giapponese a Milano (che non è poco ma bisogna diffidare delle imitazioni), ha cercato di riunirsi per mostrare che: al di là dell’esibizione, prima ancora dell’offerta culturale, il Giappone ha tuttora il grande pregio di credere profondamente nelle proprie peculiarità e di avere un’identità forte, senza bisogno di renderla accentratrice.
La Tigre di Carta, che ha seguito e segue molti di questi incontri, era presente anche al Japan Day, armata di penna ma anche di macchina fotografica.
Ecco gli scatti | Photo Courtesy: “Cami&Cri Grafica”